Siamo tornati nella guerra fredda? Così sembra osservando la campagna di disinformazione contro la Russia che vediamo su tutti i media occidentali, di destra e di “sinistra”, statali e privati che non fanno altro che copia-incollare le news senza alcuna verifica o approfondimento e anzi banalizzando tutto per mera propaganda.
L’ultima ‘fake news’ è che la tirannica Russia “depenalizza le violenze domestiche”. In pratica “si potranno liberamente picchiare mogli e figli”. E’ ovvio che così non è, ma ormai si è abituati a credere alla propaganda di guerra dell’UE e degli USA contro la Russia che ci si casca senza pensare che le informazioni non sono mai neutrali politicamente: certo in Russia vi è un problema di violenza domestica, inaccettabile è però il doppio standard usato dai media occidentali, i quali nulla dicono o quasi sulla situazione dei rapporti familiari nei paesi del blocco atlantico, mentre si indignano per quanto accade nei paesi non allineati.
Nella sua conferenza stampa del 23 dicembre scorso che potete leggere qui il presidente russo Vladimir Putin ha affermato chiaramente: “Non dobbiamo schiaffeggiare i bambini e giustificarlo sulla base di alcune vecchie tradizioni (…)”. Eppure è lui il mostro che promuoverebbe la violenza domestica. In realtà la proposta di revisione della legge che chiede maggiore lassismo circa le punizioni corporali in famiglia non arriva da Putin ma da un gruppo di genitori spalleggiati dalla Chiesa Cristiano-Ortodossa.
In pratica la Duma di Stato, cioè il parlamento russo, aveva votato una legge durissima contro le violenze domestiche, in linea peraltro con la tradizione giuridica russa e sovietica: chi in famiglia alzava le mani veniva severamente punito con l’incarcerazione fino a due anni. Il problema è che le pene previste erano superiori a quelle inflitte a chi avrebbe commesso lo stesso reato fuori casa. In alcuni casi un genitore che sgridava suo figlio con uno schiaffo veniva arrestato senza troppi complimenti. Mentre se il bambino veniva schiaffeggiato dal vicino di casa, quest’ultimo se la cavava in pratica solo con una multa.
Tale differenza di sanzioni fra reati simili è stata impugnata dalla Magistratura e i legislatori hanno così riallineato le pene a quelle previste dal codice penale per reati analoghi. E’ quindi stato approvato un emendamento che equipara le pene: il marito che picchia sua moglie o il padre che tira una sberla al figlio subirà ora la stessa condanna di chi dà un pugno per strada alla moglie di un altro. Lo stesso varrà per chi maltratta un bambino. La legge russa dice ora che chi picchia una persona per la prima volta senza provocare lesioni dovrà pagare una multa di 30mila rubli e prestare un lavoro forzato di “pubblica utilità” per sei mesi. In caso di recidiva la multa sale a 40mila rubli e oltre ai lavori forzati va preso in considerazione l’arresto per tre mesi. Qualora invece il maltrattamento comporti lesioni alla vittima, il colpevole sarà condannato penalmente.
Si può essere d’accordo o meno con questa riforma, certamente però non si tratta di legalizzare alcunché come invece vorrebbero far intendere i giornalisti dei media main-stream! Stando infatti all’avvocato italiano Rolando Dubini, conoscitore della realtà russa, “finora le percosse in famiglia erano punite con il lavoro sociale obbligatorio (fino a 360 ore), il lavoro di correzione (fino a un anno), la restrizione o la reclusione (fino a due anni), il lavoro forzato (fino a due anni) o l’arresto fino a sei mesi. In base alla nuova legge, la violenza domestica che non produce lesioni sarà considerata un illecito amministrativo solo nel caso in cui non produca lesioni e si tratti della prima volta che accade. Ai recidivi spetterà la responsabilità penale”.