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La polemica contro il burkini, un espediente dell’odio antislamico

È evidente che il burkini è solo un pretesto. È un espediente “armato”, verbalmente e legislativamente, della guerra condotta dal declinante e soccombente Occidente contro il futuro, da un lato rappresentato dall’alternativa globale della Cina e dei suoi alleati e nello specifico europeo contro gli europei di domani che saranno in maggioranza islamici, dato che milioni di adolescenti del Mediterraneo africano verranno di corsa in Europa per trovare quelle prese elettriche e quei rubinetti di acqua corrente che a casa loro sono negati.

incmpresione totaleNella guerra contro l’Islam camuffata dietro il burkini vi sono molti pregiudizi, il primo è che una donna con un costume integrale sarebbe meno libera di una mezza nuda. La demenzialità di tale pregiudizio dovrebbe essere lampante, ma il problema è che vi è un’isteria contro il velo, che non solo portano le suore, ma che portavano anche le nostre nonne, un odio e una guerra che sfuggono a ogni buon senso e a ogni razionalità contro ogni stile vestiario femminile che sia in contrasto con il capitalismo-consumismo. Le donne dei paesi socialisti erano bollate come contadinotte, le donne islamiche come nemiche. Il ridicolo è che spesso le cosiddette femministe occidentali vorrebbero “emancipare” le donne musulmane “svelandole” e restano sconcertate quando scoprono che le donne musulmane sono liete, felici e consapevoli dei loro veli e giudicano delle poveracce le donne occidentali, obbligate a spogliarsi e mostrarsi secondo i dettami dell’ultima moda consumistica. Il femminismo, stagione di emancipazione certo importante in Occidente, non ha alcuna credibilità nel resto del mondo perché le donne che morivano e muoiono di fame per il furto delle materie prime praticato dai governi occidentali, votati pure dalle femministe, non ha mai riconosciuto il diritto al pane per il resto delle donne del mondo, e diciamolo, pure degli uomini e dei loro figli e figlie. Le femministe hanno perso una battaglia epocale, riducendosi a fenomeno di nicchia del mondo occidentale. Infatti, senza afflato internazionale, senza giustizia ed eguaglianza, l’emancipazione delle donne ricche dell’Occidente mentre si esaspera la miseria e lo sfruttamento delle donne di Asia, Africa e America Latina, non ha, agli occhi di queste, nessuna credibilità.

Insomma come soldatini della propria paura, agitata dal declino irreversibile dell’Occidente, migliaia di intellettuali e internauti, in verità più uomini, che donne, si sono lanciati contro il costume integrale, detto burkini. La commedia, se non fosse tragica, risulterebbe cialtronesca e buffonesca. Ai paladini della nudità femminile ovviamente sfugge che il burkini è stato ed è una straordinaria conquista delle donne islamiche, condotta da loro stesse in prima persona, per acquisire a tutti gli effetti il diritto a frequentare le spiagge e le piscine. Spiegarlo, citare documenti e percorsi di questo cammino emancipativo è inutile, chi dall’odio è accecato resterà non vedente.

L’articolo di Malekah Al-Muaid in Sinistra.ch dal titolo “Non tutte le emancipazioni portano al topless” è un lampo di luce, ma il suo, come questo mio articolo, servirà a poco. È in atto una guerra mondiale che tra i vari e infiniti rivoli, direi tra i meno rilevanti, vede ridefinirsi il contesto europeo, che sarà inevitabilmente, per l’incontenibilità dei flussi migratori, incontenibili come lo sono da secoli, con buona pace de razzisti che sono pure ignoranti, prevalentemente islamico, perché, come insegnano quasi due secoli di storiografia marxista, alla fine vince sempre chi ha la forza dei numeri e i vecchi europei lasceranno per declino economico e anagrafico lo spazio ai giovani nuovi europei provenienti dal mondo islamico-mediterraneo.

Si potrebbe ancora ragionare di molti temi, a partire dal fatto che gli uomini decidano delle donne da sempre, ovunque nel mondo e sotto ogni religione e latitudine, non solo di come devono vestirsi. È un problema antropologico, sociale, culturale, enormemente complesso e che non ha ancora terminato di essere studiato.

Ho molte amiche islamiche che vanno al mare in burkini, le stimo e le apprezzo, ma soprattutto dico loro di stare tranquille, quest’estate segnata dall’idiozia tra qualche anno verrà ricordata con un sorriso. A tappare in Europa la bocca dei razzisti e dei cretini ci penserà il motore del capitalismo, ovvero il denaro, quando infatti la maggioranza di coloro che vorranno andare al mare, in piscina, al lago, su qualsiasi spiaggia, saranno donne e ragazze che vogliono indossare il burkini, ebbene, per non ritrovarsi con le spiagge vuote, anche i razzisti si piegheranno alla volontà dei commercianti e se ne staranno zitti. Già oggi in Europa da Parigi a Berlino, da Zurigo a Milano, le turiste velate superano di molto le vecchiette con la permanente, a breve sarà così pure su tutte le spiagge. Allora la polemica sul burkini se la saranno dimenticata tutti e all’arrivo dell’estate i telegiornali dedicheranno ampio spazio alle nuove collezioni estive di burkini, anzi ci spiegheranno come i burkini siano “fashion”.

Per il momento accontentiamoci di esprimere – almeno da parte mia – massima solidarietà a tutte le donne e a tutte le ragazze che liberamente vogliono indossare il loro burkini e andare al mare.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.