Il nemico dei popoli d’Europa non è la Russia

Con il finire del 2024 è scaduto il contratto di transito per il gas russo tra Gazprom, l’impresa russa a controllo pubblico che si occupa di estrazione e commercializzazione del gas russo, e l’Ucraina, sul cui territorio passano i gasdotti e gli oleodotti che portano i combustibili di produzione russa fino in Europa occidentale, rifornendo tutti i paesi che attraversano.

L’accordo, di durata quinquennale, prevedeva il diritto di transito del gas russo su territori ucraini a fronte del pagamento di una tassa, che garantiva all’Ucraina un’entrata tra gli 800 milioni e il miliardo di dollari annui. Il mancato rinnovo di questo contratto ha comportato la cessazione delle forniture russe all’Europa orientale e occidentale attraverso queste infrastrutture a partire dal primo gennaio, innescando un rialzo dei prezzi e l’aumento della dipendenza delle economie europee dal gas naturale liquefatto (GNL), più costoso, e di cui gli Stati Uniti sono i maggiori esportatori a livello mondiale.

Infatti per Gazprom è impossibile mantenere la stessa quantità di forniture ai paesi europei senza utilizzare le infrastrutture esistenti in Ucraina, dal momento che il Nord Stream, sabotato dagli stessi ucraini, è fuori uso; mentre il TurkStream, che congiunge la Russia alla Turchia attraverso il Mar Nero, non ha capacità sufficiente per accogliere tutto il gas che prima transitava più a nord. Risultato: si stima che l’Europa avrà 15 miliardi di metri cubi annui di gas in meno.

Al momento molti paesi europei hanno scorte a sufficienza per sostenere la fine della stagione fredda, ma il futuro rimane incerto. Se la decisione della parte ucraina sembra un tentativo perfettamente lineare di creare fastidi ad un settore strategico russo, la situazione è invece più complessa e ha già generato diverse reazioni in Europa.

L’Ucraina negli anni non solo ha ricevuto dei pagamenti considerevoli per il diritto di transito del gas russo sul suo territorio, ma ha anche beneficiato del gas russo a prezzo conveniente, cose che hanno ben trattenuto l’esercito e i servizi segreti di Kiev dal sabotare i gasdotti russi in patria. Già queste considerazioni rendono la situazione più stratificata e rendono meno lineare la decisione ucraina: se i benefici ricadevano anche sull’Ucraina perché far saltare l’accordo con Gazprom?

Sul lato economico le principali conseguenze di questa scelta sono il rialzo dei prezzi del gas e l’aumento di importazione di GNL in Europa, cose che fanno leggere la situazione come un favore di Kiev ai padroni d’oltreoceano e il loro imperialismo, il tutto non tanto a spese russe quanto piuttosto dei paesi europei, che si troveranno costretti a pagare di più il GNL americano.

Sul lato delle relazioni internazionali invece la questione è più sfaccettata, nel senso che se per l’Ucraina si tratta di rivendicare un ruolo da protagonista e quindi fare pressione sui paesi europei, dall’altra parte si innesca una dialettica diplomatica particolarmente complessa. Il primo ministro slovacco Robert Fico ha reagito affermando che la decisione ucraina sia un sabotaggio alle finanze pubbliche slovacche e agli interessi strategici dell’UE, minacciando quindi di tagliare le forniture di elettricità all’Ucraina e revocare gli aiuti straordinari ai rifugiati ucraini.

Infine, sul lato tattico, il mancato rinnovo dell’accordo assume un particolare senso pensando al fatto che da sempre più parti si inizi a parlare di negoziato, per cui Kiev non farebbe pressione sui paesi europei solamente per continuare l’invio di armi e di aiuti finanziari ma avrebbe usato questa occasione anche come monito per continuare la guerra a oltranza. Infatti il conflitto volge sempre più in favore della Russia e i vertici ucraini avrebbero potuto valutare che i benefici derivanti dall’accordo con Gazprom varrebbero meno della continuazione della guerra, che però può proseguire solo con aiuti finanziari e invii di armamenti da parte dei paesi europei.

La questione è complessa e vi saranno sicuramente sviluppi nel futuro prossimo, ma una domanda risorge spontanea: chi è il nemico dei popoli europei? Probabilmente non tanto i russi brutti e cattivi, quanto piuttosto l’imperialismo euroatlantico e i suoi agenti, che per fare un piacere ai padroni americani continua nel massacro della guerra e mette in ginocchio le economie europee.

Martino Marconi

Martino Marconi, classe 1999, studente universitario, è membro del Comitato Centrale del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2017 è consigliere comunale a Morbio Inferiore.