Il caso di Cecilia Sala oltre il liberalismo da tastiera

So chi è Cecilia Sala da ben prima delle ultime vicende che l’hanno coinvolta e ho sempre disprezzato il suo lavoro di propagandista, il che però non vuol dire che le neghi il rispetto che si deve a ogni essere umano. Ma oltre a queste questioni secondarie ciò che è realmente interessante nel dibattito che si è sviluppato intorno al suo arresto sono le conclusioni contradditorie a cui arrivano le redazioni e gli opinionisti che oggi la santificano, fomentando la polarizzazione tipica dei social. Di seguito vorrei analizzare questa contraddittorietà, per evidenziare l’ipocrisia dei liberali da tastiera, per poi dare una lettura dei fatti che rifiuta la polarizzazione forzata dalla stampa occidentale.

Sappiamo bene che le cose non accadono nel vuoto e che le analisi dei fatti devono muovere a posteriori dei fatti stessi, ma il liberale da tastiera, e qui bisogna riconoscere che almeno in questo è un buon liberale, muove sempre e solo a priori: pone le sue categorie morali sul mondo e concepisce la realtà fuori di sé solo in termini di approvazione e condanna. Se tale modo di procedere è aberrante sotto un profilo umano oltre che metodologico, dobbiamo però assumerlo come dato di partenza per arrivare a dimostrare che il risultato di questo presupposto è in contraddizione col presupposto stesso.

Dunque, tra i capisaldi del liberalismo vi sono certamente diverse libertà negative (libertà da e non libertà di, definite invece “libertà positive”), come la libertà di stampa, di opinione, eccetera, ma allo stesso tempo esse coesistono con lo stato di diritto come l’uguaglianza di fronte alla legge. Il liberale da tastiera vede Cecilia Sala arrestata ed esclama “è inaccettabile che il regime oscurantista ed illiberale degli Ayatollah non rispetti la libertà di stampa! Cecilia Sala deve essere liberata immediatamente!”. Al liberale da tastiera non interessa quali siano le motivazioni dell’arresto: un giornalista (ancor più se compatriota del liberale da tastiera) non può mai essere arrestato. Il liberale da tastiera non si accorge che così facendo sta contravvenendo ad un principio fondante del liberalismo, ossia l’uguaglianza dinanzi alla legge. Insomma, tutti sono uguali davanti alla legge ma gli amici dei liberali da tastiera sono più uguali degli altri. Questo su un piano puramente astratto, ma se andiamo a introdurre un elemento reale, ossia l’arresto all’estero, la questione diventa più interessante, perché il liberale da tastiera arriva a chiedere limitazioni alla sovranità di un paese estero e alla sua magistratura in nome della superiorità del suo liberalismo, poco importa se le limitazioni che vorrebbe imporre sono contro lo stato di diritto, cioè uno dei principi fondanti del liberalismo. Insomma, il liberale da tastiera, ad un’analisi che applica le sue categorie a lui stesso, è liberale con sé stesso e i suoi amici ed illiberale con i suoi nemici. Non si tratta di un conflitto di principio, ma dello stravolgimento del liberalismo per giustificare i propri interessi. Nulla di nuovo in fondo, per chi sa che il mondo non si legge a priori, ma è una questione troppo articolata per il dibattito social che esige la divisione in buonisti e cattivisti.

Fuori dal mondo fantastico dei liberali da tastiera le cose sono però molto diverse. Una ricostruzione non ancora confermata ma che si delinea sempre più come verosimile è quella per cui la Sala sarebbe stata arrestata per operare uno scambio di prigionieri con Mohammad Abedini Najafabadi, un imprenditore iraniano-svizzero arrestato in Italia su mandato americano poiché avrebbe violato le leggi americane sulle sanzioni secondarie all’Iran. Federico Petroni, analista di Limes, riporta le parole di una fonte del Ministero degli Esteri italiano secondo cui “le chiavi della liberazione di Cecilia Sala sono nelle mani dell’America”, poiché “non abbiamo problemi a scambiare Abedini con la nostra giornalista, ma non possiamo prendere una decisione del genere senza l’approvazione delle autorità americane, perché abbiamo arrestato questa persona su richiesta degli Stati Uniti”. Uscendo dall’analisi a priori del liberale da tastiera si vede che la realtà è più complessa, e che il problema non è l’arbitrarietà degli arresti in Iran ma in Italia, dove per essere arrestati basta contravvenire alle leggi dei paesi “amici”. Anche qui: liberali con gli amici e illiberali con i nemici. In Florida è illegale andare in skateboard senza patente; gli skater minorenni italiani dovrebbero stare attenti. Battute a parte, la questione, come spesso accade, è la sudditanza dei paesi europei all’imperialismo americano, che applica le sue leggi arbitrariamente in ogni parte del globo. Se per l’Italia oggi questo si traduce nella giornalista arrestata a Teheran, per la Svizzera questo si riflette in un suo cittadino arrestato in Italia senza aver violato leggi italiane, il che dovrebbe far sorgere delle domande a tutti i cittadini svizzeri.

Oltre a tutto ciò si sviluppano altre riflessioni interessanti. Alcuni fanno giustamente notare che la polarizzazione del dibattito social porta inevitabilmente alla santificazione di Cecilia Sala come simbolo della libertà di stampa, ma dall’altra parte, fuori dalle sterili discussioni sui social, è anche vero che il governo italiano, applicando la richiesta americana in conflitto col suo interesse nazionale, ha generato una contraddizione interna all’occidente che non si può risolvere nei tarallucci e vino del “democrazie contro autocrazie”. Questa contraddizione sul lungo periodo è assolutamente più determinante della santificazione di Cecilia Sala. Allo stesso modo la questione si rivolta verso il governo svizzero: Il Consiglio Federale ha intenzione di proteggere i suoi cittadini detenuti all’estero perché accusati di aver violato le leggi di un paese diverso da quello di detenzione? Il che significa: il Consiglio Federale ha intenzione di tutelare l’interesse nazionale e dei cittadini svizzeri all’estero? La questione non è di poco conto, e più se ne parla in termini di buonisti contro cattivisti più si oscurano le questioni fondamentali dietro all’arresto di Cecilia Sala, che è solo l’ultima pedina di una questione molto più grande. Nessun “democrazie contro autocrazie”, ma solo paesi europei che compromettono il proprio interesse nazionale per obbedire al padrone americano. C’è da riflettere per molto tempo a venire.

Martino Marconi

Martino Marconi, classe 1999, studente universitario, è membro del Comitato Centrale del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2017 è consigliere comunale a Morbio Inferiore.