Per quanto l’esercito sionista sia di gran lunga meglio armato rispetto ad Hamas, quest’ultimo sta vincendo! Forse può non apparire così da un punto di vista tattico, viste le enormi perdite subite, ma sicuramente lo è a livello strategico. Chi non riesce a distinguere questi due piani fa semplicemente discorsi vuoti, dimostrandosi incapace di leggere il conflitto da un punto di vista politico.
Strategicamente, infatti, l’obiettivo della Resistenza palestinese è duplice: la creazione di uno Stato di Palestina e la fine del sionismo. Oggi il carattere criminale e genocida del regime israeliano è finalmente sotto gli occhi di tutti e la prospettiva di uno Stato palestinese fa breccia anche presso governi di paesi membri dell’UE. La compattezza del blocco imperialista inizia insomma a scricchiolare e questo crea sì turbolenze rischiose, ma anche prospettive di progresso.
I partigiani arabi hanno dato avvio all’offensiva militare in un contesto particolare: quello dell’alleanza russo-cinese e della transizione dall’unipolarismo al multipolarismo. L’intelligence sionista ha trascurato le informazioni che aveva sull’offensiva di Hamas affinché si creasse la “giustificazione” ideologica presso l’opinione pubblica di uno Stato profondamente malato per irregimentare la società israeliana e sferrare un attacco totalmente sproporzionato, compiendo di fatto un genocidio, violando ogni basilare regola del diritto internazionale (sempre che esista ancora!), arrivando se necessario anche a scatenare una guerra di ampie dimensioni.
La reazione dell’imperialismo e del sionismo è quindi ovviamente brutale ed è riuscita ad assassinare un grande leader della Resistenza araba, Sayyed Hassan Nasrallah, lodato persino dal Partito Comunista Libanese. Nel 2006 ha persino incontrato a Beirut il compagno Oliviero Diliberto, già ministro della giustizia in Italia e oggi nostro membro onorario. Ma tutta questa violenza altro non è che il colpo di coda di un sistema il cui declino è irreversibile, come il nostro Partito prevede da tempo.
La meticolosa preparazione del Mossad ha permesso di decapitare uno dei principali partiti politici della resistenza patriottica libanese. Ciò dimostra che il sionismo e l’imperialismo hanno ancora delle cartucce da sparare per difendersi dalle nazioni emergenti: non è permesso quindi né ingenuità né pressapochismo nella lotta finale per la costruzione del mondo multipolare!
In particolare occorre capire che Israele tenta ora la via del “dividi et impera” nel mondo arabo, e cioè di far saltare la sintonia che quest’ultimo ha sviluppato con il campo eurasiatico (Russia e Cina). Per farlo occorre indebolire la credibilità degli sciiti come forza di resistenza e, nel contempo, far riesplodere lo scontro fra sciiti e sunniti. Importanti Stati sunniti come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, grazie al lavoro della diplomazia cinese, avevano recentemente abbandonato la loro storica collocazione subalterna agli USA.
Va tuttavia ricordato che come l’imperialismo, anche il sionismo è una “tigre di carta” e nulla potrà contro le economie emergenti e le masse sterminate di popoli esausti dello sfruttamento capitalistico occidentale. “Israele si sta divorando dall’interno”: lo ammette anche Scott Ritter, ex ufficiale dei servizi segreti statunitensi ed ex-ispettore ONU in Iraq. Le sempre più forti e strutturali contraddizioni sociali interne a una società razziale già molto disgregata, le difficoltà di un’economia di guerra, il crescente autoritarismo della cricca sionista e la militarizzazione forzata della gioventù sta gettando le basi per la fine di Israele per come lo conosciamo oggi.
Ecco perché oggi, nello stato di cose presenti, i comunisti devono aggiornare la loro prassi e alzare il tiro in questi termini:
- turarsi il naso e sostenere chiunque si opponga al regime sionista: siano essi ebrei ortodossi, ayatollah e musulmani praticanti o politici della destra europea. La vittoria dei popoli è infatti a portata di mano e non bisogna dividersi!
- sabotare la cooperazione con Israele su ogni livello: non solo sul piano commerciale, ma soprattutto sul piano accademico (come giustamente rivendicato dai movimenti studenteschi prima dell’estate), sul piano militare (anche i coscritti dell’esercito svizzero inizino insomma ad alzare la voce!), ecc.
- superare ideologicamente la concezione dei “2 Stati” e riconoscere programmaticamente l’illegittimità di Israele in quanto Stato coloniale costruito artificialmente dall’imperialismo e sostenere al contrario il principio che lo Stato è uno solo, bi-nazionale, e si chiama Palestina.
- sostenere ogni istanza della Belt and Road Initiative promossa dalla Cina, difendere i processi di integrazione economica eurasiatica. Israele è infatti un ostacolo alla Nuova via della seta che a sua volta è determinante per il definitivo superamento del modello unipolare e atlantico. In quest’ottica dobbiamo agire affinché la Svizzera stia fuori dalla terza guerra mondiale: per farlo occorre ripristinare la neutralità, interrompere l’avvicinamento alla NATO e rinunciare al progressivo allineamento al blocco atlantico e all’UE, che saranno bersaglio della rabbia dei popoli oppressi che si emanciperanno.
La verità è sempre rivoluzionaria, ed è una sola: vinceremo, dal fiume al mare!