Dopo la morte del presidente Raisi, i partiti comunisti dei BRICS si stringono al fianco dell’Iran

Mentre la maggioranza della sinistra europea si piega al pensiero liberal e atlantista, che vede come fumo negli occhi la Repubblica Islamica dell’Iran, i comunisti che riscontrano maggiore successo, quelli attivi cioè nei paesi emergenti, hanno tutt’altra opinione del paese degli Ayatollah e la esprimono apertamente, senza timori, da veri leader del futuro. L’occasione della tragica morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi e del suo ministro degli esteri  Hossein Amir-Abdollahian ci permette di analizzare la comunicazione dei Partiti Comunisti dei cosiddetti BRICS (l’acronimo che indica Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), le economie che più di tutte stanno riscontrando crescita e progresso. In generale l’Iran è visto da tutti i comunisti del cosiddetto Sud globale come un alleato strategico e il suo governo – benché teocentrico e non marxista – viene riconosciuto come rivoluzionario, patriottico e anti-imperialista.

L’Iran è “l’epicentro della resistenza all’Occidente imperialista”

Il forte Partito Comunista Sudafricano (SACP), protagonista della lotta anti-apartheid guidata da Nelson Mandela e che oggi si avvale di ministri nel governo di Pretoria, non si limita a porgere, per bocca del suo Segretario Generale Solly Mapaila, “sincere condoglianze al popolo e alla guida suprema dell’Iran” (cioè all’Aytollah Ali Khamenei) per il lutto che ha colpito la nazione persiana, ma sottolinea la sua ammirazione anche per la stessa sua linea politica: “L’Iran è l’epicentro dell’asse di resistenza del Medio Oriente alle macchinazioni di sottomissione dell’Occidente imperialista”. I comunisti sudafricani – che si dichiarano “a favore di un ordine internazionale pacifico in cui il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti” – dell’Iran ammirano il fatto che abbia saputo sviluppare “un’economia sovrana con robuste caratteristiche di autosufficienza, inclusa una forte enfasi sulla sovranità tecnologica”. L’Iran – continua Mapaila – “è forse il principale stato indipendente del Medio Oriente e sostiene categoricamente le lotte per la libertà di Palestina, Libano, Siria e Iraq. Il suo presidente e il suo ministro degli Esteri avevano svolto un ruolo importante nella solidarietà attiva del loro paese con il popolo palestinese e con gli altri paesi”. Nell’equilibrio geopolitico attuale la Repubblica Islamica, che è uno dei principali produttori di petrolio, è diventato uno dei “principali obiettivi dell’occidente collettivo imperialista guidato dagli Stati Uniti e del loro alleato, lo stato colonizzatore israeliano dell’apartheid” sottolinea il leader del SACP, che denuncia “il regime illegale di sanzioni unilaterali ed extraterritoriali” imposte da Washington contro Teheran.

Solly Mapaila, segretario generale del Partito Comunista Sudafricano.

Raisi era un “devoto alleato della causa palestinese”

La Commissione Politica del Comitato Centrale del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), anch’esso al governo accanto al presidente Ignacio Lula Da Silva, ha emesso lunedì 20 maggio una nota di solidarietà con l’Iran. Il PCdoB, che deriva dalla tradizione maoista, esprime le sue condoglianze non solo alle famiglie, ma anche apertamente al governo islamico, definendolo “un alleato del popolo che cercava percorsi sovrani di sviluppo e un devoto alleato della causa palestinese”. In particolare i due statisti periti nell’incidente hanno “guidato con successo il processo di adesione del suo paese ai BRICS”, che i comunisti brasiliani considerano strategici per lo sviluppo di un mondo multipolare e aperto al socialismo. Luciana Santos, presidente del PCdoB spiega infine che: “il ricordo di Raisi e di tutte le vittime rappresenterà certamente un prezioso stimolo per il popolo iraniano nel suo sforzo per superare le difficoltà causate dagli ingiusti blocchi e sanzioni degli Stati Uniti e dei loro alleati, perseverando nel cammino verso l’indipendenza e il progresso sociale”.

Il desiderio comune di costruire un mondo multipolare

Anche il Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) si è espresso sull’accaduto e l’ha fatto durante una seguitissima trasmissione televisiva per bocca del vice-presidente del suo Comitato Centrale Dmitry Novikov, il quale inizia accusando l’Occidente liberale di voler “presentare la tragedia come il risultato di ‘litigi’ politici interni all’Iran, al fine di distogliere l’attenzione da una possibile traccia esterna”. “Per molti anni – ha spiegato il dirigente comunista russo – i media globali hanno creato un’immagine dell’Iran come di una società chiusa dove tutti devono pensare allo stesso modo, ma io ci sono stato e posso dire invece che c’è una ricca vita interna, partiti politici e discussioni su una varietà di questioni. Pertanto, non è necessario abbattere un elicottero per eliminare il nemico, ma ci sono opportunità per esprimere legalmente la propria opinione e competere elettoralmente”. Allo stesso tempo, ha continuato Novikov, “le principali discussioni nella politica iraniana si svolgono su questioni interne, mentre in politica estera c’è una volontà generale e condivisa di sviluppare legami con Russia e Cina, aderire ai BRICS e perseguire un percorso anti-americano”. Il parlamentare russo continua dicendosi sicuro, nonostante il duro colpo subito, della stabilità politica iraniana. Secondo le sue previsioni “la continuità della politica estera dell’Iran sarà assicurata non al 99, ma al 100%”. Una certezza importante per Mosca “perché sulle linee bilaterali – sia con la Russia sia con la nostra amica Cina – abbiamo visto notevoli progressi. C’era un desiderio comune di costruire un mondo multipolare equo, in modo che nessuno tenti più di modificare la situazione interna ad altri paesi e che tutti abbiano la stessa voce nell’ONU. Abbiamo anche attuato e, ne sono certo, continueremo ad attuare piani di cooperazione economica e le applicazioni dell’Iran relative ai formati multilaterali sono importanti: tra questi c’è l’ingresso del Paese nei BRICS”. Secondo Novikov “oggi tutti i sostenitori di giuste relazioni internazionali diventano automaticamente nemici di Washington. Se sei a favore di un mondo equo, allora stai usurpando le prerogative degli Stati Uniti”.

Anche Dimitry Novikov del Partito Comunista della Federazione Russa esprime solidarietà agli iraniani.

Incidente o terrorismo?

Il dato di novità nelle dichiarazioni del rappresentante del PCFR è che egli non esclude l’attacco terroristico, il quale non è però mai stato evocato da Teheran. Ovviamente i leader iraniani sanno di non potersi sbilanciare sull’ipotesi del complotto, che se emergesse costringerebbe il Paese di fatto alla guerra. Gli iraniani – checché se ne racconti in Occidente – spiega sempre Novikov, “sono persone equilibrate e non dei fanatici religiosi, si tratta di persone con una vasta esperienza politica e non intendono aizzare ulteriormente l’anti-americanismo già presente nella vita politica interna”. Il comunista russo ammette che fra la popolazione stia sorgendo il dubbio che possa esservi una mano esterna che unisce l’attentato al primo ministro slovacco critico verso UE e NATO, Robert Fico, con la morte di un simbolo della lotta all’imperialismo come appunto Raisi. Commentando l’eventuale coinvolgimento degli Stati Uniti in una strategia della tensione internazionale, Novikov ha ricordato che i documenti strategici di Washington identificano chiaramente le tre principali minacce per il potere americano: la Federazione Russa, il Partito Comunista Cinese e la Repubblica Islamica dell’Iran. Nella vita politica americana, ha sottolineato il vicepresidente del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa, è generalmente tipico cercare un cosiddetto ‘asse del male’: “se parliamo di documenti strategici, allora sia per i democratici che per i repubblicani, l’Iran e i leader iraniani sono nemici. Possono sedersi con loro al tavolo delle trattative solo quando sperano di ingannarli”.