L’accaparramento occidentale della terra ucraina

Rispetto alla visione comune ispirata dai mezzi di comunicazione la guerra in Ucraina iniziò molto prima del 24 febbraio 2022, già con la caduta del muro di Berlino prima e con quella dell’Unione Sovietica poi molti occhi guardavano ad Est ed alle immense ricchezze che giacevano sia sotto terra che sulla terra stessa.

Nel corso degli anni 2000 il vento delle “rivoluzioni arancioni” percorse tutti i paesi che in un modo o in un altro si rifiutavano di omogeneizzare la propria identità nazionale e la propria idea di paese con quella dei paesi occidentali. In Ucraina questo vento arrivò nel 2004 e per un decennio continuò a fermentare con l’ausilio di piccoli e grandi investimenti di paesi come Canada, USA e di tutti i paesi imperialisti occidentali.

I vari potentati nazionali ucraini che si erano formati dopo il 1991 e che, come nel resto dell’ex Unione Sovietica, avevano messo le mani sui vari beni comuni faticosamente accumulati dall’intero popolo dividendoseli e generando il primo embrione delle oligarchie che oggi sono la normalità, iniziarono ad essere ingolositi dai possibili guadagni derivanti dalla collaborazione con i nemici del loro paese.

In questa situazione le prime multinazionali iniziarono a investire capitali sulle terre ucraine  ma timidamente, a causa nelle norme stringenti che impedivano l’accaparramento da parte di stranieri di beni nazionali.

Il presidente Yanukovich era uno dei principali ostacoli all’ingresso dei capitali occidentali in Ucraina, infatti conosceva molto bene la cura che sarebbe stata rivolta al suo paese se avesse ceduto agli aiuti proposti dal FMI che proponeva un prestito di 17 milioni di dollari, sarebbero state richieste liberalizzazione selvagge in ogni campo degli asset strategici del paese ed a breve giro la sovranità dello stesso sarebbe scomparsa come le sue risorse.

Questo rifiuto inaccettabile per i padroni del mondo scatenò terribili reazioni ed azioni delle intelligence occidentali che portarono a febbraio del 2014 ai terribili fatti di Piazza Maidan e poi alla strade della Casa dei Sindacati di Odessa.

A metà dicembre 2014, nel momento stesso in cui Stati Uniti, Canada e Unione europea annunciavano una serie di nuove sanzioni contro la Russia,in Ucraina arrivarono aiuti militari USA per 350 milioni di dollari, che andarono ad aggiungersi al miliardo già approvato dal Congresso degli Stati Uniti a marzo dello stesso anno.

Dopo l’allontanamento del presidente Yanukovich e l’insediamento del nuovo governo filo-occidentale, il FMI lanciò un programma di riforme, alle quali era subordinato il prestito accettato dall’Ucraina, tese ad aumentare l’investimento privato estero nel paese.

L’insieme delle misure prevedeva una riforma dei servizi pubblici quali la gestione dell’acqua e dell’energia e, cosa ancora più importante, venne affrontato ciò che la Banca mondiale identificava come la “radice strutturale” della crisi economica del paese ossia l’elevato costo degli investimenti esteri.

Il settore agricolo ucraino fu il primo obiettivo degli investimenti privati stranieri e ovviamente fu considerato dal FMI e dalla Banca mondiale come punto focale della riforma.

La ricetta era semplice, facilitare l’acquisizione di terreni agricoli per i fondi di investimento esteri, alleggerire la regolamentazione e i controlli nell’agro-alimentare e ridurre le tasse per le imprese e i dazi doganali.

Il settore agricolo ucraino era estremamente appetibile per le multinazionali e per i fondi di investimento che le controllano, un paese che si trova al terzo posto a livello mondiale per la produzione di mais, al quinto per quanto riguarda il frumento, con 32 milioni di ettari di “terre nere” tra le più fertili del continente euroasiatico e l’equivalente di un terzo dei terreni agricoli dell’Unione europea, era una preda perfetta sia per gli interessi geopolitici USA che per quelli economici.

Monsanto, Cargill e DuPont erano presenti in Ucraina già da prima del 2015 ma con forti limitazioni di movimento di cui abbiamo parlato.

Cargill è una multinazionale che si occupa di vendita di pesticidi, sementi e fertilizzanti, stoccaggio dei cereali per alimentazione animale, è riuscita ad entrare nel mercato agricolo del paese grazie all’acquisizione della gigantesca società agricola e acquisendo azioni della società agricola UkrLandFarming.

Monsanto era presente sul mercato ucraino già da tempo, nel 2014 ha investito 140 milioni di dollari nella costruzione di un nuovo impianto di produzione di sementi nel paese.

Anche DuPont era presente da anni e già dal 2013 aveva iniziato ad aumentare i propri investimenti per impianti per la produzione di sementi.

Grazie alla connivenza con i governi filo-occidentali e non accontentandosi del controllo sulla produzione agricola e sulla filiera agro-alimentare queste grandi aziende si sono spinte in investimenti anche nella logistica e nei trasporti, la Cargill si è distinta per i suoi investimenti per lo stoccaggio di cereali, impianti per la trasformazione in olio del girasole ed ha acquistato il 25% del terminal del grano di Novorossijsk sul Mar Nero, la cui capacità raggiungeva  già nel 2013 i 3,5 milioni di tonnellate/anno.

Questo era successo nel 2013 e 2014, da allora la presa di questi colossi planetari del settore agro-alimentare è aumentata a dismisura fino ad arrivare ai giorni attuali.

Se vogliamo parlare degli eventi che hanno coinvolto la filiera agricola ed agro-alimentare ucraina dall’inizio del conflitto non possiamo non citare gli accordi di Istanbul firmati il 22 febbraio 2023 che sono il caso emblematico della totale malafede degli americani nei confronti degli ucraini che mandano al massacro e del mondo intero.

Questi accordi spacciati da tutti i giornali occidentali come gli accordi per evitare la fame nei paesi più poveri si sono trasformati in un affare milionario per le multinazionali di cui sopra e per le 4 “sorelle” dei cereali ossia Archer-Daniels-Midland Company, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus (ribattezzate anche ABCD) tutte con  sede negli Usa e in Europa che controllano circa il 70-90% del commercio mondiale di grano.

Cargill, scrive il Guardian, “ha registrato un aumento del 23% dei ricavi arrivando a un record di 165 miliardi di dollari in un anno”, considerato il periodo tra giugno 2021 e maggio 2022.

 Archer-Daniels-Midland “ha realizzato i profitti più alti della sua storia durante il secondo trimestre” del 2022.

 Le vendite di Bunge sono aumentate del 17% su base annua nel secondo trimestre di quest’anno.

Louis Dreyfus “ha registrato utili per il 2021 in aumento di oltre l’80% rispetto all’anno precedente”.

Tutto questo avviene mentre le scorte di grano mondiale sono ad ottimi livelli e quindi i prezzi dovrebbero essere stabili ma invece, a causa della speculazione di questa manciata di multinazionali, abbiamo visto aumentare i prezzi al consumo in maniera esponenziale e questo perchè le scorte non sono immesse sul mercato in maniera funzionale alle esigenze dello stesso.

Inoltre altri guadagni immensi sono arrivati grazie al fatto che per tutta la durata dell’iniziativa dei trattati di Istanbul sono stati consegnati in totale 32,8 milioni di tonnellate di carichi, di cui oltre il 70% (26,3 milioni di tonnellate) sono stati forniti a paesi con livelli di reddito elevati e superiori alla media, compresa l’UE.

Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan e Somalia in particolare, hanno rappresentato meno del 3%, ovvero 922.092 tonnellate”.

Nella pratica Monsanto, DuPont e Cargill hanno prodotto cereali a basso costo in Ucraina controllandone il mercato, lo hanno venduto tramite le “4 sorelle ABCD” a multinazionali occidentali che lo hanno acquistato a pochi euro grazie agli accordi di esportazione senza dazi per favorire l’Ucraina nel conflitto e lo hanno trasformato e rivenduto come prodotto ad alto valore aggiunto moltiplicandone i guadagni, parallelamente hanno scacciato dal mercato il competitore russo tramite le sanzioni.

Le economie agricole di tutta Europa sono state indebolite da queste importazioni che rappresentano nei fatti una concorrenza sleale ed  in solido alle politiche agricole europee non esattamente lungimiranti hanno generato la tempesta perfetta che ha portato nelle piazze milioni di agricoltori.

L’accaparramento di terre e di risorse in Ucraina, la folle guerra voluta dagli USA per i suoi interessi geo-politici, in solido alle politiche della banca Centrale europea ha creato le condizioni affinchè il mercato europeo dell’energia dipendente dalla Russia, dei beni di prima necessità ed in generale di ogni bene di consumo abbia visto schizzare i prezzi verso l’alto generando una corsa all’inflazione che ha distrutto il potere di acquisto dei cittadini europei.

Un gioco al massacro che ha derubato gli ucraini, impoverito gli europei e fatto arricchire le multinazionali occidentali controllate dai soliti fondi di investimento come Black Rock, Vanguard, Fidelity Investments, State  Street Global Advisor, Morgan Stanley, JP Morgan, Goldman Sachs, Credite Agricole.

Ne possiamo concludere che il conflitto russo-ucraino non è altro che un cavallo di Troia pianificato per indebolire  l’Europa, distruggere la naturale sinergia tra l’economia europea e russa ed impadronirsi delle risorse e della posizione geografica vantaggiosa di un paese strategico come l’Ucraina.

Hanno perso tutti, gli unici che hanno prosperato in questo gioco al massacro sono come al solito gli Stati Uniti ed i suoi interessi politici ed economici.

Luca Montaldo

Luca Montaldo, già direttore di cantiere e libero professionista specializzato nella realizzazione di abitazioni a risparmio energetico e con materiali ecocompatibili, dirige oggi una piccola azienda agricola nei colli tortonesi.