Il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM), insieme ad altre organizzazioni contro la guerra, chiede la fine sia dell’adesione della Repubblica Ceca alla NATO, sia la partecipazione dell’Esercito ceco ad aggressioni, occupazioni e interventi dell’Alleanza Atlantica all’estero. I comunisti cechi – guidati dalla combattiva 42enne Kateřina Konečná che da dieci anni siede nel Parlamento Europeo – si oppongono anche all’aumento sistematico della spesa per gli armamenti, avvenuto in un periodo di sconsiderati tagli sociali da parte del governo di Praga, così come all’acquisto miliardario di attrezzature militari costose e inutili, come i caccia americani F-35. Il KSČM condanna infine i preparativi di guerra, come la coscrizione obbligatoria promossa dal presidente della Repubblica, l’ex-militare Petr Pavel (non a caso addestrato in Gran Bretagna), così come i tentativi di collocare le truppe americane sul territorio nazionale.
La NATO non è un’alleanza difensiva
È passato un quarto di secolo da quando la Repubblica Ceca, senza alcun voto popolare, decise di sottomettersi alla NATO. “Ciò è avvenuto apertamente contro gli interessi del nostro Paese e dei suoi cittadini” spiega il KSČM in una nota, ricordando come i comunisti cechi vi si siano sempre opposti e da anni ribadiscono la necessità di ritirarvisi. Fin dalla sua nascita 75 anni fa, la NATO è ha infatti sempre rappresentato uno strumento militare offensivo e aggressivo dell’imperialismo statunitense e dei suoi alleati europei usato, spesso contro il diritto internazionale, per punire quei governi che rivendicano la propria sovranità rispetto ai diktat di Washington. Nel medesimo comunicato i comunisti ricordano che “la NATO e i suoi Stati membri hanno bombardato criminalmente la Jugoslavia e sono responsabili della destabilizzazione, della violenza e delle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Ucraina e in molti altri paesi. In nessuno di questi casi il risultato è stato la democrazia o la pace. Al contrario: il risultato è stato sofferenza, morte e uccisione dei civili”.
La NATO è già in Ucraina per sabotare ogni ipotesi di cessate il fuoco
Anche nel conflitto in corso in Ucraina – spiega l’eurodeputata Konečná – la NATO “svolge un ruolo chiave nel feroce tentativo di inasprire il conflitto e impedire una soluzione pacifica”. Ciò è stato peraltro confermato anche dalle recenti rivelazioni del New York Times sul funzionamento di un sistema di basi di spionaggio statunitensi in Ucraina e sulla loro partecipazione al conflitto militare in corso. L’ultima dichiarazione ufficiale del presidente francese Emmanuel Macron sul possibile dispiegamento aperto di forze di terra degli Stati membri della NATO in Ucraina “rappresenta un passo estremamente pericoloso” sostegono i comunisti cechi: “una politica così mostruosa, che rappresenta una grave minaccia non solo per l’intera Europa e per tutti i suoi abitanti, deve essere respinta nel modo più deciso possibile”!
Il KSČM rilancia la sua azione su due priorità “No UE – No NATO”
I comunisti svizzeri guidati da Massimiliano Ay sono stati i primi a lanciare il sasso: questa fase storica impone ai partiti comunisti europei di rinnovarsi insistendo su due priorità, appunto “No UE – No NATO”. Uno slogan che sta facendo discutere anche altri partiti: uno di essi è proprio il KSČM. Dopo la cocente sconfitta elettorale del 2021, dove perse tutti e diciotto i suoi parlamentari a seguito di un non esaltante supporto al governo socialdemocratico precedente, i comunisti boemi e moravi hanno optato per un rilancio dinamico, giovane e coerentemente anti-atlantista: “l’obiettivo dei comunisti è un cambiamento fondamentale nella politica estera e di sicurezza ceca in modo che sia basata sulla sovranità, sulla sicurezza collettiva e, soprattutto, sulla pace!” ha insistito Konečná. Ovviamente, come spesso succede, i cosiddetti “esperti” politologi dell’Università di Praga intervistati dai media liberal-atlantisti hanno già iniziato a denigrare il nuovo corso del KSCM accusandolo di non rappresentare più il marxismo e di essersi spostato “verso l’autoritarismo e il conservatorismo sociale”: sono in realtà gli accademici intervistati nel chiuso delle loro aule a non conoscere il marxismo, quello originale, e ad essere slegati dalla vita quotidiana dei lavoratori.