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Il popolo svizzero concede una tredicesima mensilità ai pensionati. Per il PC, si tratta di una “conquista storica”!

Lo scorso 3 marzo, le votazioni popolari in Svizzera hanno avuto un esito che molti commentatori hanno a giusta ragione definito di portata storica. Oltre a respingere a larghissima maggioranza l’iniziativa dei Giovani Liberali volta ad aumentare l’età pensionabile, i cittadini elvetici hanno infatti approvato un’iniziativa promossa dai sindacati per il versamento di una tredicesima mensilità AVS ai pensionati. Una vittoria popolare in forte controtendenza con lo smantellamento dello Stato sociale cui è confrontata la Confederazione da vari decenni a questa parte.

Il Partito Comunista esulta: “è una vittoria storica!”

Oltre ai sindacati, l’intera sinistra elvetica ha potuto esultare di fronte ai risultati delle urne. Nonostante una dura campagna padronale contro l’iniziativa, essa ha infatti riscosso il 58% dei voti favorevoli, maggioritari in 15 cantoni su 26 (per l’approvazione dell’iniziativa era necessaria la doppia maggioranza di popolo e cantoni). La forte erosione del potere d’acquisto e le difficoltà finanziarie di molti pensionati hanno convinto il popolo svizzero della necessità di un rafforzamento del primo pilastro del sistema pensionistico elvetico.

I risultati della votazione popolare sulla 13esima AVS suddivisi per cantone.

A rallegrarsi dell’esito del voto popolare è stato anche il Partito Comunista (PC), secondo cui “quella odierna è una vittoria storica per il popolo svizzero: dicendo sì alla 13a AVS e no all’anti-sociale aumento dell’età pensionabile si è fatto un importante passo avanti per i nostri diritti sociali. Questo risultato indica anche il profondo distacco che vi è fra la classe dirigente e la popolazione svizzera, che si vede confrontata con delle condizioni di vita sempre più critiche (inflazione, crisi, eccetera)”. Il segretario politico del PC, Massimiliano Ay, ha inoltre formulato una riflessione di carattere più generale: “alla sinistra questa vittoria spiega quali sono le vere priorità su cui costruire una linea di massa (i diritti sociali e non le americanate). E in generale ci insegna quanto sia utile rafforzare il sindacato come luogo unitario, plurale e di massa capace di incidere nel paese!”.

Cinquant’anni dopo, i comunisti dimostrano la validità delle proprie ragioni

Per i comunisti svizzeri, quella di domenica 3 marzo è una vittoria particolarmente significativa, in quanto riesce finalmente a correggere parte delle storture del sistema pensionistico elvetico, che essi hanno denunciato fin dalla sua costituzione. Nel 1972, il popolo svizzero aveva infatti rifiutato l’iniziativa “Per vere pensioni popolari”, lanciata dal Partito del Lavoro (PdL) e volta a rafforzare l’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS): negli intenti dei comunisti svizzeri, lo Stato avrebbe dovuto garantire pensioni pari almeno al 60% del reddito annuale e una rendita minima annua di 6000 franchi. A spuntarla, con il 75% dei voti favorevoli, fu però il controprogetto del Consiglio federale, spalleggiato dal Partito socialista svizzero (PSS) e dall’Unione sindacale svizzera (USS), che puntava sull’attuale sistema dei tre pilastri (oltre all’AVS, esso prevede un’assicurazione professionale e un sistema di risparmio privato).

Una manifestazione del Partito del Lavoro per delle pensioni popolari.

Un sistema, quello dei tre pilastri, concepito e promosso dalla lobby delle assicurazioni vita, come ha recentemente ricordato lo storico Pietro Boschetti sulle pagine di Area: “Le casse pensioni erano già esistenti, ma gli assicuratori hanno visto l’ambito della provvidenza professionale come un grande mercato nel quale espandersi. Non a caso, quattro giorni dopo il voto popolare, l’associazione delle assicurazioni si ritrova in un’assemblea dove si felicitano della vittoria e si leccano di fatto i baffi. Oggi le assicurazioni vita fanno il 60% dei loro affari sul secondo pilastro. L’ammontare di quest’ultimo è oggi stimato a 1’200 miliardi. Soldi che vanno a irrigare le cifre d’affari delle stesse assicurazioni, delle banche e delle moltitudini di società che si occupano di gestione di fortuna”.

Come spiegare l’opposizione dei sindacati e della socialdemocrazia all’iniziativa dei comunisti ed il loro sostegno al progetto governativo promosso dalle lobby assicurative? Per Boschetti occorre considerare il contesto dell’epoca: “a partire dagli anni Trenta si è assistito a un processo d’integrazione della sinistra politica e sindacale in un’ottica di concordanza e di pace del lavoro”, processo che ha alimentato un anticomunismo talmente forte da condurla a tradire i suoi stessi valori nella votazione del 1972, osteggiando la citata iniziativa del PdL. Oltre cinquant’anni dopo, i comunisti svizzeri possono però dimostrare ora di aver avuto ragione e possono brandire con fierezza la vittoria dello scorso 3 marzo.