Il Partito Comunista Tedesco (DKP) ha invitato due esponenti di spicco del Partito Comunista dell’India (CPI) e del Partito Comunista dell’India-Marxista (CPI-M) all’evento di inizio anno del 13 gennaio che anticipa la manifestazione per commemorare l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht a Berlino. Si tratta di uno degli eventi di massa più importanti del paese, che da anni riunisce comunisti, socialisti e antifascisti di ogni tendenza e di molti paesi. Quest’anno il DKP ha pensato di invitare due delegati appunto indiani, ma le autorità tedesche non hanno gradito.
L’India è un paese emergente i cui comunisti non sono graditi in Germania
Secondo il DKP l’India “soffre per le continue politiche neocoloniali” da parte occidentale e, d’altra parte, si tratta di “un Paese con diverse esperienze di lotta di liberazione e un forte movimento comunista. Come membro fondatore dei BRICS, l’India è di grande importanza per lo sviluppo geopolitico, mentre il suo governo nazionalista di destra si subordina ripetutamente ai piani dell’imperialismo statunitense”. Il governo tedesco è però intervenuto rifiutando ai compagni indiani l’ingresso in Germania. A Nilotpal Basu, membro dell’Ufficio politico del Comitato Centrale del CPI-M, è stato negato il visto con la motivazione che non avrebbe fornito la prova dei mezzi finanziari per il suo ritorno. In pratica a Berlino temevano che restasse in Germania come clandestino. Un’assurdità per un dirigente politico noto come lui: “questo è falso ed è ovviamente un pretesto: una lettera di protesta del DKP al Ministero degli Esteri è rimasta a tutt’oggi senza risposta” spiegano i comunisti tedeschi indignati. Da notare come pure il governo tedesco rifiuti di rispondere a un partito politico legalmente esistente e attivo da un secolo nel suo Paese. E con l’arrivo dei Verdi e della Socialdemocrazia al governo questo sentimento anti-comunista è forse addirittura aumentato. L’altro invitato indiano era nientemeno che Sandosh Kumar Puthiyaveettil, membro di vertice del CPI, il quale non aveva nemmeno bisogno di un visto in quanto membro del Parlamento indiano. Egli necessitava però di un’autorizzazione politica da parte del governo di Nuova Dehli. Questa non gli è stato però concesso: il Ministero degli Affari Esteri indiano ha motivato il rifiuto con il fatto che il governo tedesco gli avrebbe raccomandato di non concedere il nulla osta. Insomma ingerenze tedesche tipicamente imperialiste e subalternità della destra indiana abituata a obbedire all’Occidente.
Ma pensano davvero di fermare così la cooperazione internazionale?
Il DKP, rappresentato dalla sua responsabile esteri Renate Koppe, ha protestato pubblicamente contro questa forma di ostruzionismo da parte di un governo che pretende insegnare la democrazia in altri paesi. Il Partito Comunista Tedesco in una nota inviata a tutti i partiti operai del mondo afferma di difendere “i diritti democratici contro il carattere sempre più repressivo dell’imperialismo tedesco. Anche in questo caso appare evidente la riorganizzazione reazionario-militarista dello Stato per paura della progressiva perdita di egemonia dell’imperialismo”. Il punto non è infatti un “banale” anti-comunismo, ma la consapevolezza dei governanti di Berlino che il duo UE-USA è in crisi irreversibile e non bisogna promuovere fra i cittadini tedeschi la conoscenza dei paesi che avranno la meglio nella contesta geoeconomica in atto. La solidarietà e la cooperazione internazionale tra comunisti indiani e tedeschi – ne possiamo star certi – continuerà e si rafforzerà.
E in Svizzera?
Situazioni simili sono capitate anche in Svizzera. Nel 2013 – ricorda il deputato ticinese Massimiliano Ay – doveva assistere ai lavori del nostro 22° Congresso a Bellinzona un dirigente del Partito Comunista Unificato della Georgia: le autorità diplomatiche svizzere a Tblisi dirette allora dall’ambasciatore Guenther Baechler “hanno negato l’entrata nel paese nonostante come PC avessimo assunto la responsabilità per il rientro in patria del delegato”. Il motivo ufficiale era che le informazioni fornite dagli stessi comunisti svizzeri non erano affidabili e che il comunista georgiano potesse non rimpatriare. “Ovviamente sono fandonie: avevamo pure avuto un colloquio telefonico con le autorità consolari svizzere a Tblisi per chiarire la situazione ma evidentemente non ci hanno nemmeno ascoltati” ricorda Ay che aggiunge: “si tratta di misure che non vengono adottate per i delegati dei partiti di altro orientamento ideologico!”.