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Il Partito Comunista di Turchia si distanzia dalla sinistra europeista e condanna il PKK curdo

Nei giorni scorsi i militanti separatisti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) che da 40 anni stanno fomentando la lotta armata per balcanizzare la Repubblica di Turchia hanno assassinato alcuni soldati di leva dell’esercito turco, fra cui anche militari di etnia curda. L’ondata di indignazione non riguarda solo la destra nazionalista, come i media occidentali lasciano intendere, ma coinvolge fortemente anche la sinistra.

Il Partito Comunista di Turchia (TKP), ad esempio, che non ha mai lesinato critiche al governo di Ankara guidato da Recep Tayyip Erdogan e dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), si è pubblicamente distanziato dal resto della sinistra europea e ha rilasciato la seguente dichiarazione «Oggi il PKK deve essere condannato in termini di strategia politica, obiettivi, alleati e metodi: la prassi di governo dell’AKP e le ingiustizie subite dai curdi dal passato a oggi non possono coprire questo fatto». E ancora: «gli orientamenti filo-curdi stanno dando un contributo a un processo che porterà alla perdita di legittimità della Repubblica di Turchia».

Ovviamente non manca una critica alla gestione del potere di Erdogan che, proprio tradendo l’eredità laicista della Rivoluzione kemalista e mediante il suo approccio opportunista e tatticista caratterizzato da una politica del “tira e molla” con la NATO, crea pesanti contraddizioni interne al paese. Il TKP continua infatti spiegando come «ampi segmenti della società vengono spinti verso falsi orientamenti ideologici come il panturchismo, l’islamismo e il curdismo» e ciò ha un effetto disgregatore: «la Repubblica di Turchia viene trascinata verso la disintegrazione» lamentano i comunisti, i quali promettono: «cambieremo il sistema sociale basato sullo sfruttamento che domina la Turchia, ma non permetteremo mai che la Repubblica di Turchia venga dichiarata illegittima, che venga vista come un’unità politica da frantumare».

La linea perseguita dai comunisti anche in Turchia è quindi quella dell’unità popolare in difesa della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale: «il nostro dovere qui è quello di difendere i valori che uniscono l’intero Paese, il nostro popolo lavoratore, lasciando fuori una piccolissima minoranza di questo Paese, cioè gli sfruttatori e i parassiti».