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Il Partito filo-russo riesce a entrare in parlamento in Serbia. I comunisti del NKPJ esultano.

Si chiama senza troppi fronzoli «Partito Russo» (in serbo: «Ruska stranka») ed è guidato dall’ex-leader degli agrari Slobodan Nikolic. Fra le liste minori che correvano alle ultime elezioni politiche in Serbia rappresenta una piccola sorpresa: rispetto a tre anni fa, quando racimolò meno di 6’300 voti in tutto il Paese, questa volta Nikolic è infatti riuscito a quasi raddoppiare i consensi finendo per conquistare un seggio in parlamento.

Una bancarella del Partito russo.

Nessun timore a definirsi amico della Russia

La sua linea politica è chiarissima: non la pur coraggiosa neutralità propugnata dal primo ministro serbo Aleksandar Vucic, ma addirittura lo schieramento totale con la Federazione Russa. Secondo il programma elettorale, il Partito Russo sostiene infatti l’ingresso della Serbia nell’Unione economica eurasiatica e la piena adesione di Belgrado all’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva con una sempre più ampia cooperazione con il governo di Vladimir Putin nel campo dell’economia, della cultura e dell’istruzione.

Il NKPJ artefice della vittoria del Partito Russo!

L’aumento dei consensi della formazione di Nikolic va ricercato anche nel lavoro organizzato e disciplinato di una piccola ma disciplinata organizzazione avanguardista, con vari giovani al suo interno. Si tratta del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ) e della sua sezione giovanile, la Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia (SKOJ), che si sono messi a disposizione del Partito Russo. L’NKPJ – guidato dal giovane segretario esecutivo Aleksandar Denic, uno dei nomi chiave della World Anti-Imperialist Platform – è un’organizzazione marxista-leninista considerata piuttosto ortodossa, critica cioè verso le aperture dell’autogestione socialista dell’epoca titina e più vicina invece alle tesi sovietiche. Negli ultimi anni l’NKPJ ha intrapreso un processo di rinnovamento che lo portato a sostenere il multipolarismo come orizzonte verso cui tendere per costruire il socialismo. Accanto a ciò ha assunto posizioni che al tradizionale internazionalismo comunista univano una linea di massa patriottica, ad esempio guidando una campagna anti-imperialista contro il separatismo kosovaro. Candidati al parlamento in quota comunista sulla lista del Partito Russo vi erano sette nomi: oltre al segretario Denic, anche Miloš Karavezić, primo segretario della SKOJ e altri tre giovani quadri. In un comunicato stampa del NKPJ si legge che sia il Partito Russo sia quello comunista “ereditano e commemorano le tradizioni antifasciste” del popolo serbo e che entrambi “sono contrari all’adesione della Serbia alle alleanze imperialiste come la NATO e la ‘prigione dei popoli’ dell’UE e anzi sostengono una cooperazione globale con la fraterna Russia e i BRICS”.

Un manifesto del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ).

Critici verso Vucic, ma mai con l’opposizione filo-USA!

Il NKPJ non è in vena di sconti verso il governo del premier Vucic e del suo Partito del Progresso accusati di condurre una politica “antioperaia” e troppo incline ai compromessi con la NATO. Ciò non significa però sostenere i tentativi di “rivoluzione colorata” orchestrati da chi è uscito sconfitto dalle urne e ampiamente mediatizzati in Occidente. In una nota diramata ai media il partito di Denic attacca infatti i manifestanti di Belgrado: “L’opposizione borghese filo-imperialista che si raccoglie attorno alla lista ‘Serbia contro la violenza’, insoddisfatta di non essere riuscita, come si aspettava, a vincere le elezioni in questi giorni non si astiene, cosa che le è caratteristica, dall’organizzare azioni violente e manifestazioni distruttive”. L’opposizione è infatti “al servizio degli interessi dell’imperialismo occidentale e del grande capitale”. Al contrario l’NKPJ e la SKOJ “dopo il successo elettorale, continuano con ancora maggiore entusiasmo l’agitazione e la mobilitazione per l’unificazione di tutte le vere organizzazioni patriottiche e di sinistra in Serbia nella lotta contro lo sfruttamento e l’imperialismo occidentale!”.

Strategie diverse per gli altri partiti comunisti

Rispetto al NKPJ, altre sigle che si richiamano al marxismo hanno preferito seguire strategie differenti. Perde la sua rappresentanza istituzionale l’ex-Partito Comunista (KP) fondato nel 2010 dal deputato Joshka Broz, nipote di Tito, che ha nel frattempo cambiato nome in “Sinistra Serba” nominando quale suo presidente il 39enne Radoslav Milojičić. In rete si trovano patetici filmati di meno di due anni fa in cui Milojičić attaccava Vucic parlando di “regime antidemocratico, antiliberale che ricorda il regime stalinista e che sogna il mondo russo” per finire oggi, con una delle sue più opportunistiche giravolte, a candidarsi proprio all’interno della coalizione di Vucic. Broz aveva ammesso che, non avendo più soldi per mantenere il KP, lo aveva di fatto ceduto al rampante Milojičić. L’altro piccolo partito della sinistra radicale, chiamato “Comunisti di Serbia” (KS), ha rinunciato a partecipare alla competizione facendo anzi appello al boicottaggio elettorale: in una nota ha spiegato che il KS  “continua a ritenere che la rivoluzione socialista sia l’unica soluzione accettabile” accusando di “anti-comunismo” sia il governo sia l’opposizione. Lamentandone l’incoerenza, il KS dichiara: “ci troviamo in una situazione in cui dobbiamo scegliere tra due opzioni sbagliate e con tale atto dare il consenso al furto e alla rapina”.

Il deputato e presidente del Movimento dei socialisti serbi a colloquio con una delegazione svizzera.

A questa retorica massimalista e inconcludente si oppone con una traiettoria strategica ben diversa il sodalizio dei marxisti più pragmatici del “Movimento dei Socialisti” legati all’ex-ministro della difesa e poi capo dei servizi segreti Aleksandar Vulin, da sempre alleati del Partito del Progresso di Vucic, che hanno confermato i loro due seggi in parlamento e probabilmente una serie di alti funzionari nell’amministrazione e nella diplomazia. Fra gli eletti vi è anche il nuovo presidente del Partito, Bojan Torbica, che alcuni anni fa aveva aperto un canale di dialogo con il Partito Comunista della Svizzera.