A seguito della pandemia e dell’aumento dell’inflazione, le fasce più vulnerabili della popolazione si sono viste confrontate con una situazione di crescente precarietà. Ancor più di prima, ciò si è tradotto in un aumento del numero e della complessità dei casi che i servizi sociali comunali sono stati chiamati a seguire. Questa tendenza ha interessato in particolare due figure professionali, sulle quali anche il Cantone dovrebbe cominciare a investire in modo più coraggioso: gli assistenti sociali e i curatori ufficiali.
Andando con ordine, i primi si occupano di prendere a carico le persone che presentano un particolare disagio sociale, relazionale o amministrativo. Attualmente, la presenza di assistenti sociali che si rivolgono ai maggiorenni a livello comunale risulta tuttavia fin troppo disomogenea e carente. Ciò si riflette nel fatto che vi sono Comuni che non dispongono ancora di questa importante figura professionale, ma anche in degli organici non sempre commisurati al carico di lavoro esistente. Nell’ottica di garantire una rete più capillare di questo servizio occorre dunque promuovere, come caldeggiato in parte anche dal GC con il rapporto sull’iniziativa parlamentare IG454, un intervento più deciso e proattivo da parte del Cantone.
Sul fronte dei curatori, si riscontra invece la mancanza di professionisti capaci di gestire l’incremento dei mandati soprattutto più complessi. Sulla scorta della recente riforma delle ARP, che per quanto meritoria non ha ancora direttamente affrontato il tema dei ‘‘prestatori di servizio’’, andrebbe quindi previsto un potenziamento dei curatori dell’Ufficio dell’aiuto e della protezione (UAP) nonché un rinnovato sostegno cantonale all’assunzione di quelli dei Comuni (i quali sono confrontati in prima persona con il problema). Questa soluzione, andando a puntellare l’offerta comunale in questo delicato settore, permetterebbe infatti di evitare uno scadimento della qualità della presa a carico e delle condizioni di lavoro del personale.
Al fine di assicurare una migliore parità di trattamento e prossimità dei servizi sociali sul territorio, ritengo perciò che il Cantone dovrebbe assumere delle responsabilità finanziarie e organizzative accresciute. Come visto negli esempi citati vi è infatti il rischio che, scaricando eccessive competenze ai Comuni senza il debito accompagnamento, questi non dispongano da soli delle risorse necessarie ad assolvere al meglio i compiti prefissati e a rispondere efficacemente ai bisogni della cittadinanza. L’auspicio è insomma che un impegno cantonale venga rilanciato a partire dalla figura degli assistenti sociali, dei curatori professionisti e, come potrebbe essere il caso con la nuova Legge giovani, anche degli operatori di prossimità.