Uno dei più preoccupanti fenomeni socio-economici che colpisce il Ticino è la «cosiddetta» fuga di cervelli verso oltralpe, o addirittura l’estero, dei giovani ticinesi. Sempre più ragazze e ragazzi, dopo gli studi in Romandia o nella Svizzera Tedesca, decidono di stabilirsi altrove, abbandonando definitivamente il Ticino. Questo fenomeno causa una serie di svantaggi per il nostro Cantone. In primis, le aziende locali fanno fatica a trovare i profili giusti e necessari per il loro sviluppo. In secondo luogo, proprio per la mancanza di tali profili, sempre più frontalieri vengono assunti, sfruttati egli stessi da parte del patronato con l’obiettivo di abbassare i salari, cosa purtroppo diventata già una gravosa realtà da anni. Parliamo qui del cosiddetto «dumping salariale». In generale, la fuga di cervelli limita fortemente il progresso sociale ed economico del nostro Cantone.
Cosa fare dunque per arginare il problema? In primo luogo, bisogna lottare fortemente contro il precariato giovanile. Come Gioventù Comunista abbiamo consegnato più di 1’000 firme per la nostra petizione contro il precariato giovanile la scorsa estate. La petizione chiede in sostanza una maggiore tutela dei giovani in formazione, il sostenimento dell’inserimento professionale dei giovani e l’introduzione di un salario minimo di 1’000 franchi per gli apprendisti. In secondo luogo, è imperativo aumentare i salari e migliorare le condizioni di lavoro. Spesso il motivo principale per cui i giovani diplomati non tornano in Ticino è che i salari negli altri cantoni sono nettamente superiori a quelli ticinesi. Oltre ad alzare il salario minimo verso i 4.000 franchi mensili per tutti, sono necessari una valorizzazione salariale in tutti i settori e l’introduzione di contratti collettivi di lavoro in più settori affinché si migliorino le retribuzioni e le condizioni di lavoro in generale.
Infine, per il Partito Comunista è fondamentale che si investi in Ticino nella creazione di posti di lavoro nei settori dell’alto valore aggiunto. È in questi settori strategici per lo sviluppo del territorio che potremmo occupare i nostri giovani diplomati e laureati. Per fare questo bisogna spingere sull’innovazione economica, e soprattutto che lo Stato diventi attore di primo ordine: è necessaria più che mai una programmazione economica che preveda appunto investimenti pubblici massicci e un quadro legale dove lo stato tuteli la popolazione in merito alle condizioni di lavoro. Solo attuando tali misure e con una versione strategica dello Stato che potremmo arginare l’emorragia di cervelli verso oltralpe o l’estero!