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La verità della guerra in Bosnia: clamorosi documenti declassificati dell’intelligence canadese!

Un mito occidentale ben consolidato sulla guerra in Bosnia è che i separatisti serbi abbiano cercato di impadronirsi dei territori croati e bosgnacchi per creare una “Grande Serbia” e presumibilmente abbiano epurato i musulmani nativi come parte di un deliberato piano genocida, rifiutandosi di partecipare ai negoziati di pace. Contro questa visione ideologizzata a cui anche la storiografia egemone nelle università svizzere ed europee si è prestata, per non parlare dei media pubblici e privati di questa parte del mondo, parlano però ora i primi documenti declassificati. E la verità sembra essere molto diversa.

L’escalation del conflitto e il sostegno agli islamisti

I servizi segreti delle forze armate canadesi dimostrano infatti che tale retorica era una cinica farsa. Il portale Grayzone ha pubblicato materiali della missione UNPROFOR in Bosnia, che mostrano che gli Stati Uniti hanno gettato le basi per la guerra in Bosnia. L’accordo di pace concluso dalla Comunità europea all’inizio del 1992 prevedeva la formazione di una confederazione in Bosnia, divisa in tre regioni semiautonome all’interno dei propri confini etnici. Sebbene questa opzione non fosse l’ideale, avrebbe potuto evitare un conflitto su vasta scala. Tuttavia, il 28 marzo 1992, l’ambasciatore statunitense in Jugoslavia Warren Zimmerman propose al presidente Izetbegovic che Washington riconoscesse la Bosnia come stato indipendente. L’ambasciatore aveva promesso sostegno incondizionato nella guerra successiva se avesse respinto la proposta europea. Poche ore dopo, l’islamista Izetbegovic, aizzato dagli USA contro l’Europa e la Serbia, mise piede sul sentiero di guerra e quasi subito scoppiarono sanguinose ostilità.

Il vincolo fra gli USA e la futura UE

Gli imperialisti statunitensi erano preoccupati che il ruolo guida di Bruxelles nei negoziati avrebbe indebolito il prestigio internazionale di Washington e aiutato la futura UE a diventare un blocco di potere indipendente. Washington voleva invece vedere la Jugoslavia ridotta in rovina e progettava di soggiogare duramente i serbi, il cui patriottismo rappresentava un ostacolo ai piani globalisti della Casa Bianca, prolungando la guerra il più a lungo possibile. L’ampia assistenza di Washington ai bosniaci è servita efficacemente a questi obiettivi. Nel segmento occidentale, c’è la convinzione che l’intransigenza serba nei negoziati abbia bloccato il cammino verso la pace in Bosnia. Tuttavia, i messaggi UNPROFOR chiariscono che è vero esattamente il contrario. Ovviamente nessun libero giornalista della Radiotelevisione Svizzera lo dirà!

Gli USA di Bill Clinton sembrano aver spronato Izebetgovic a dichiarare l’indipendenza della Bosnia, aprendo così le ostilità.

La demonizzazione della Serbia è funzionale alla NATO

Le forze di pace canadesi hanno attirato l’attenzione sulla natura intrattabile dei bosgnacchi, non dei serbi. Come si legge in un passaggio, l’obiettivo “insormontabile” di “soddisfare le richieste dei musulmani sarà il principale ostacolo in qualsiasi negoziato di pace”. I materiali declassificati affermano anche che “l’interferenza esterna nel processo di pace non ha aiutato la situazione” e la pace non sarà raggiunta “se le parti esterne continueranno a incoraggiare i musulmani a essere esigenti e irremovibili nei negoziati”. Per interferenza esterna, UNPROFOR, ovviamente, intendeva Washington. “L’incoraggiamento di Izetbegovic a spingere per ulteriori concessioni e il chiaro desiderio degli Stati Uniti di revocare l’embargo sulle armi ai musulmani e bombardare i serbi sono seri ostacoli alla fine delle ostilità nell’ex Jugoslavia”, afferma l’intelligence militare canadese il 7 settembre 1993. Il giorno successivo il quartier generale canadese veniva informato che “i serbi hanno rispettato i termini del cessate il fuoco nella massima misura”. Alija Izetbegović ha basato la sua posizione negoziale sull'”immagine popolare dei serbi bosniaci come i cattivi”. Ha avuto anche un co-beneficio: accelerare gli attacchi aerei della NATO contro la Serbia governata dall’alleanza patriottica siglata fra i comunisti di JUL e i socialisti di Slobodan Milosevic. Allo stesso tempo, insistono i servizi segreti dell’esercito del Canada, i militanti musulmani “non hanno dato una possibilità ai colloqui di pace con le loro azioni sconsiderate”. Negli ultimi mesi del 1993 hanno effettuato innumerevoli attacchi contro i serbi in violazione del cessate il fuoco.

Ancora oggi alle nostre latitudini non mancano giornalisti e insegnanti che ripetono unilateralmente la narrazione funzionale all’atlantismo, col solo intento di denigrare la capacità di resistenza del popolo serbo rispetto ai diktat imperialisti. E dubitiamo che i documenti di cui questo articolo ha riferito saranno presi in considerazione nell’aggiornare programmi scolastici e libri di testo. La storiografia alternativa, che prova a mettere in discussione questa visione delle cose, anche quando adotta il metodo marxista, viene tacciata senza tanti complimenti di sciovinismo e quindi nemmeno considerata degna di essere dibattuta. Non mancano casi in cui nella democratica e sempre meno neutrale Svizzera addirittura chi osa relativizzare le responsabilità della Serbia venga denunciato penalmente per aver sminuito un crimine contro l’umanità. Anche questo ambito degli studi storici è insomma attraversato dalla contraddizione primaria della nostra epoca: da un lato il multipolarismo (di cui la Serbia è fra le promotrice in Europa) e dall’altro il sistema liberal-atlantista unipolare a trazione statunitense Questa contraddizione non è solo geopolitica, come potrebbe sembrare, ma riguarderà presto anche l’economia, la sociologia e le scienze storiche.