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Qatar, iniziato il primo mondiale ospitato da una nazione araba

In tutto l’Occidente e con più vivacità in Italia, visto che tanto gli azzurri son stati malamente eliminati nelle qualificazioni e quindi calciatori in campo e formazioni interessano poco, ferve la polemica critica verso quest’edizione. I morti nei cantieri per la costruzione degli stadi sono un fatto grave, ma sarebbe opportuno indignarsi per i tanti morti sul lavoro che in ogni angolo della terra rendono vergognoso e criminale il destino di chi – anche in Europa – semplicemente ambiva al pane per la sua famiglia. Opportuno sarebbe che l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e le Nazioni Unite operassero con più fermezza su questo tema, ovunque nel mondo.

Sulla questione dei lavoratori asiatici remunerati 400 euro al mese più vitto e alloggio, più che sul Qatar bisognerebbe aprire una riflessione sull’intera penisola arabica, sauditi ed emiratini, al pari dei qatarioti aprono le loro frontiere a lavoratori le cui offerte di lavoro sono molto simili e trovano persone interessate perché molti son lieti di poter così trasmettere a casa l’intero loro salario, ancorché modesto. Anche in questo caso si potrebbe aprire una vertenza internazionale del lavoro e magari arrivare a un globale miglioramento delle condizioni di remunerazione e tutela giuridico-normativa nel Golfo e non solo. Inoltre, alcuni sottolineano come gli utili delle petromonarchie contrastino con la modestia dei salari dei lavoratori immigrati, che potrebbero essere raddoppiati o triplicati, certamente, ma, verrebbe da dire, si tratta della solita contraddizione capitale/lavoro, quella che i marxisti reputano sempre attuale e qualcun altro un’anticaglia di ere storico-geologiche precedenti.

Le chiacchiere sulla corruzione son poi ridicole, da sempre si sa di come intorno al calcio girino cifre mirabolanti ed è evidente che chi può cerchi di incoraggiare certe scelte rispetto ad altre, è sempre stato così e così, possiamo certo dispiacercene, sarà ancora a lungo. Dubito che i prossimi mondiali statunitensi saranno contestati in egual misura, anche se ve ne sarebbero tutte le circostanze, dal lavoro sottopagato a molti ambigui comportamenti del governo di Washington, tuttavia è impossibile sperare che i menestrelli critichino il loro mentore. Quello che è invece decisamente irritante, è l’arroganza con cui i media occidentali, brandendo paternalismo neocolonialista e razzistica superiorità, si pongono rispetto alla cultura qatariota.

Nel Golfo sono giustamente orgogliosi di poter ospitare per la prima volta un mondiale di calcio in Medio Oriente e in una nazione arabo-islamica, tuttavia chiedono di essere rispettati nei loro valori e nella loro cultura. Ecco allora che l’intolleranza dell’Occidente, che si è autoproclamato custode del presuntamente solo modo “giusto” di convivenza umana, diventa scoppiettante, inscenando tutta la tiritera dei diritti civili, che per inciso ciascuno in Qatar può praticare a casa propria, ma non farne un manifesto esibizionistico in strada per accusare chi non li condivide. Si perpetua così il pregiudizio di chi ritenendosi perfetto, ovvero l’Occidente, rifiuta di cercare di capire e di conoscere le culture degli altri. Verrebbe da dire che c’era quasi più rispetto tra gli europei che nel XIX e XX secolo viaggiavano per il mondo arabo, rispetto a tanti giornalisti che brandiscono i diritti civili come l’arma con cui condannare l’umanità intera, dal mondo slavo a quello cinese, a quello arabo, a quello africano.

Insomma il rito mondiale e collettivo del pallone è ormai iniziato, metafora simbolica di gioco e di amicizia, in ogni landa della terra telefoni e televisori, per la prima volta i primi superiori ai secondi, rilanceranno le immagini, le azioni, le reti, la gioia e la tristezza. Solo tra Londra e Berlino, tra Parigi e Washington qualcuno con sussiegosa spocchia preferirà disinteressarsene, si occuperà dei regali natalizi e si sentirà molto democratico.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.