“L’eredità che ha lasciato Gorbaciov può essere paragonata a una catastrofe che nemmeno Hitler ha inflitto al nostro paese”. L’autore di questa pesantissima citazione non è un nostalgico del comunismo sovietico, ma è il deputato dell’attuale partito governativo “Russia Unita” Vitalij Milonov, che come altri esponenti politici russi, sia di destra sia di sinistra, ha insistito sui fallimenti degli anni ’90 che sono stati in qualche modo “preparati” dalle riforme liberali gorbacioviane e ha aggiunto: “È simbolico che Mikhail Gorbaciov sia morto nell’anno della decostruzione dell’ordine mondiale”. Il riferimento è qui al declino dell’unipolarismo atlantico sorto con la fine dell’Unione Sovietica e al sorgere inesorabile del multipolarismo. Un giudizio tutt’altro che lusinghiero lo riserva al defunto segretario sovietico anche l’ex-direttore del periodico francese Le Monde diplomatique Ignacio Ramonet che parla di Gorbaciov come di un “egocentrico vanitoso fiero di aver distrutto l’URSS”. Ma al di là dei politici borghesi russi e dei giornalisti indipendenti, come hanno reagito alla notizia della morte dell’ultimo segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) i dirigenti degli odierni partiti che fanno riferimento al pensiero marxista-leninista? La tendenza maggioritaria fra i partiti comunisti sembra essere apparentemente quella di non rilasciare troppe dichiarazioni: Gorbaciov pare insomma già stato consegnato alla storia da decenni e la sua dipartita diventa a questo punto quasi un normale evento fisiologico e nulla più: sono infatti pochi i partiti comunisti che gli dedicano spazio con una presa di posizione ufficiale.
Era “ingenuo” o era un “traditore”?
In Europa a prendere subito posizione è stato il Partito Comunista Italiano (PCI) di Mauro Alboresi che propone un ragionamento articolato ma che, di fatto, legittima la visione di un Gorbaciov piuttosto ingenuo: “un uomo che intuì le crescenti interdipendenze di un mondo globalizzato e necessariamente multipolare; un dirigente che nella prima parte della sua leadership si dedicò a un tentativo generoso di riforma, ma si rivelò purtroppo inadeguato all’incarico da lui ricoperto, d’altra parte, se arrivò fino a lì fu anche perché gli ‘ortodossi’ non seppero contrapporgli una figura altrettanto e magari anche più capace, che proponesse soluzioni a problemi veri e concreti”. Del tutto ostile a questa lettura è Marco Rizzo, segretario generale dell’altro Partito Comunista in Italia che sui social pubblica semplicemente – scandalizzando i giornalisti – una bottiglia di spumante e dichiara “Con Michail Gorbaciov, è morto un traditore della classe lavoratrice mondiale. Non mancherai”. Difficile insomma credere che Gorbaciov, che cresceva in un apparato come quello del PCUS, fosse un …ingenuo! Le posizioni diventano ancora più dure spostandosi fuori dall’Europa: pesantissimo è ad esempio il giudizio di José Reinaldo Carvahlo, già responsabile delle relazioni internazionali del Comitato Centrale del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) – una forza politica equilibrata con esperienza di governo ai tempi di Lula e Dilma – che in un post sulla sua bacheca facebook qualifica il “traditore” Gorbaciov nientemeno che come: “opportunista e liquidazionista, un rinnegato meritevole di omaggi solo della borghesia internazionale e dell’imperialismo”. Il PCdoB tuttavia finora non ha pubblicato nemmeno una nota sul proprio sito. Stesso atteggiamento dal Vatan Partisi turco, il cui presidente Dogu Perinçek di solito attento commentatore su ogni fatto del mondo, dopo aver liquidato nei suoi libri Gorbaciov come “revisionista”, oggi nemmeno gli dedica un post su Facebook.
Il disprezzo di Zyuganov
Sulla scomparsa dell’ultimo segretario sovietico si è espresso ovviamente anche Gennady Zyuganov, leader del Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) che del PCUS si considera in qualche modo erede. La nota inizia con una premessa: “aderisco alla regola secondo cui dei morti è necessario parlarne bene o non parlarne affatto” ma evidentemente per Gorbaciov si deve fare un’eccezione perché egli aveva in mano “i destini del mondo, il benessere delle persone e la dignità di interi Stati” e quello che ha portato è stato “sventura assoluta e dolore”. Zyuganov fa una carrellata dei successi dell’URSS in vari ambiti (industriale, tecnico, militare, sociale, educativo, ecc.) che Gorbaciov ereditò ma non seppe gestire e quindi cita le impressioni “poco lusinghiere” che avevano di lui molti quadri del PCUS, tanto da considerare “una grande tragedia che sia arrivato al vertice del potere politico”. Gorbaciov – continua il politico russo – “non ha compreso appieno che il PCUS non era solo un partito, ma un sistema di amministrazione politico-statuale, che ha preso forma in condizioni di emergenza e che come tale era giustificato”. Dopo aver sottolineato quanto il defunto segretario abbia ceduto su tutta la linea alle rivendicazioni americane, come egli abbia gettato le basi per l’insicurezza in Ucraina e di come egli – lanciando il processo di liberalizzazione economica – abbia “venduto e tradito tutti”, Zyuganov ricorda come “Gorbaciov radunò intorno a sé una squadra di veri e propri traditori: Yakovlev, Shevardnadze, Eltsin e Bakatin” e infine lancia un appello ai cittadini russi di oggi: “dobbiamo dissociarci dagli infidi anni ’90, altrimenti, non ci sarà ripresa”.
Gli elogi ricevuti da USA, UE e NATO dicono tutto…
Il Partito Comunista Portoghese (PCP) ha rilasciato un corto comunicato stampa, sobrio ma anche chiaro nel giudizio: “Gorbaciov è stato uno dei principali responsabili della distruzione dell’Unione Sovietica e del ripristino del capitalismo in Russia, quando invece era necessario perfezionare il socialismo. Il suo intervento ha contribuito a spianare la strada alla controffensiva dell’imperialismo per riconquistare le posizioni perse nel corso del XX secolo e imporre la propria egemonia sulla scena mondiale, con le gravi conseguenze che ne sono derivate per i diritti dei lavoratori, la sovranità dei popoli, la sicurezza in Europa e la pace nel mondo, come dimostrano le guerre in Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Yemen e Ucraina, tra le altre. I riconoscimenti e gli elogi che gli sono stati tributati dai leader degli Stati Uniti, dell’UE e della NATO parlano da soli”. Fa eco a questa posizione George Mavrikos, ex-deputato del Partito Comunista di Grecia e fino al maggio scorso segretario generale della Federazione Sindacale Mondiale che puntualizza: “I presidenti Biden, Macron, Scholz, Johnson, Berlusconi, Von der Leyen, la Fondazione Reagan, molte istituzioni internazionali, strumenti delle multinazionali, tutti i grandi cartelli mediatici, eccetera, cioè tutti i nemici della classe operaia mondiale, lodano l’uomo morto ieri a Mosca all’età di 91 anni: lasciamo che i lavoratori traggano le loro conclusioni”.
I più pacati sono i comunisti svizzeri
Il più equilibrato fra i dirigenti comunisti internazionali ad essersi espresso è Massimiliano Ay, segretario politico dei comunisti svizzeri che pur qualificando molto criticamente il giudizio politico su Gorbaciov, nel suo soppesare le parole, rinuncia ad esempio a usare il termine “traditore” in voga presso altri suoi omologhi. Ma non c’è comunque appello: anche per Ay il ruolo dell’ex-presidente sovietico è stato “nefasto”. Iniziando a qualificare di “illusione” la narrazione gorbacioviana sulla Perestrojka e la “casa comune europea”, il politico svizzero evidenzia che “in pochi parlano delle purghe che lui promosse per escludere dal Comitato Centrale del PCUS quei militanti che non avrebbero ceduto ad esempio alla liberalizzazione del commercio estero e in generale alle riforme liberali che portarono al collasso un paese e spinsero nella miseria milioni di cittadini russi”. In effetti dall’ascesa al potere di Gorbaciov sono stati quasi un centinaio i ministri e i membri del Comitato Centrale espulsi per permettere di procedere di snaturare il socialismo fino al suo collasso. Nel 1989 Gorbaciov andò a Pechino e incontrò Deng Xiaoping, promotore delle riforme di mercato in Cina. Al termine della riunione Deng disse ai suoi collaboratori: “Gorbaciov può sembrare intelligente, ma in realtà è molto stupido”. L’esito delle riforme filo-occidentali imposte da Gorbaciov non hanno solo restaurato il capitalismo ma – spiega Ay – “fidandosi degli USA sulla promessa di non allargare la NATO ad Est, ha gettato le basi per le sanguinose conseguenze che vediamo ancora oggi. Un bilancio politicamente insomma molto pesante”.
Dopo l’URSS bisogna distruggere la Cina
Vale la pena ricordare in conclusione di questo articolo come Mikhail Gorbaciov – dopo il fallimento della lista socialdemocratica alle elezioni russe del 1996 – si diede alle conferenze. Durante un incontro accademico svoltosi il 19 agosto 2000 in Turchia affermò forse non troppo clamorosamente delle parole chiarissime: “L’obiettivo della mia vita è stato annientare il comunismo […]. Per raggiungere tale finalità ho approfittato della mia posizione nel Partito e nel Paese. Mia moglie, in particolare, mi ha spronato a raggiungere posizioni sempre più elevate. […] Quando Eltsin ha distrutto l’URSS, ho lasciato il Cremlino, e qualche giornalista ha immaginato che piangessi per questo. Ma non ho affatto pianto, perché sono stato io a farla finita con il Comunismo in Europa. Però bisogna farla finita con il Comunismo anche in Asia, perché è l’ostacolo fondamentale lungo il cammino dell’umanità verso gli ideali di pace e concordia globale. La disintegrazione dell’URSS non ha portato alcun vantaggio agli Stati Uniti. Adesso loro non hanno più un partner di riferimento nel mondo, come sarebbe stata un’URSS democratica. Io non sono riuscito a tenere unito il mio Paese. In mancanza di un partner paritario, gli Stati Uniti hanno avuto la tentazione naturale di assumere il ruolo di unico Paese leader mondiale”. Benché queste parole siano confermate dalla redazione della Sovetskaja Rossija russa, sia quella del settimanale tedesco Unsere Zeit è legittimo chiedere quanto siano affermazioni veritiere o quelle di un uomo sconfitto che opportunisticamente vuole cavalcare, senza molta lungimiranza, l’onda del vincitore apparente. Certo è che le idee di Gorbaciov sull’altro grande paese socialista rimasto sono significative: “Il mondo senza il comunismo sarà più luminoso. Dopo il 2000 si entrerà in una fase di prosperità generalizzata. Tuttavia, esiste ancora una forza in grado di frenare il nostro movimento verso la pace e la creatività. Mi riferisco alla Cina”.
Non stupisce dunque la durezza della reazione cinese di fronte alla dipartita di Gorbaciov. Svariati osservatori citati dal tabloid “Global Times” (edito dal Quotidiano del Popolo, organo di stampa ufficiale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese) si sono così espressi: Mikhail Gorbaciov è stato una «figura tragica che ha soddisfatto i bisogni degli Stati Uniti e dell’Occidente senza morale», ha commesso «gravi errori» nel valutare la situazione internazionale, «ha provocato il caos nell’ordine economico interno» e la sua parabola politica deve servire da «promemoria» per altri Paesi nell’essere cauti verso l’Occidente.