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Italia al voto: destre, amici di Draghi e alcune positive proposte per la sovranità popolare

Dunque mancano meno di due mesi al voto italiano. Lo scenario elettorale è sostanzialmente diviso in tre parti.

Da un lato vi sono gli autoproclamati continuatori del draghismo, ovvero i convinti prosecutori delle politiche che hanno rovinato l’Italia, sudditanza alla NATO e ai peggiori diktat dell’Unione Europea, tagli e distruzione dello stato sociale, alternanza scuola – lavoro con un altro ragazzo infortunatosi gravemente in questi giorni a Mantova. Quest’area va dal PD di Letta e Zingaretti a tutti i loro alleati, dai Verdi e dai vari rimasugli di Liberi e Uguali e Sinistra Italiana, che in maniera invereconda restano per amor di poltrona attaccati al PD, fino agli ultra-liberisti Calenda e Bonino, includendo nel mezzo quel microcosmo centrista che abbraccia figuri come Renzi e Casini e ora porta a casa anche forzitalioti indragatisi come Brunetta, Gelmini e Carfagna, nonché Di Maio e i suoi poltronisti. Litigano un po’, soprattutto tra loro gli ex democristiani per vecchie ruggini personali, ma poi al fischio di Washington si compatteranno, anche i sinistrati pseudo-pacifisti di LeU e Sinistra Italia, tutti accodati e supini al PD che detta la linea e starnazza già da giorni di democrazia e Occidente, come se il liberal – liberismo e l’Occidente non dovessero vergognarsi di decenni di furti delle materie prime a danno di Africa, Asia e America Latina, nonché dopo il 1992 pure dell’Europa Orientale. Sono i cantori della “democrazia liberale”, ovvero di una triste farsa fondata sulla disuguaglianza, il precariato e la distruzione dei diritti dei lavoratori e rappresentano a tutti gli effetti i più pericolosi nemici della pace, son tutti con l’elmetto ucraino in testa, e del benessere degli italiani, subordinando gli interessi nazionali a quelli imposti dall’alleato statunitense.

Quindi vi è il cosiddetto centro – destra, che, probabilmente solo a parole, oltre alle solite deplorevoli proposte contro gli immigrati che poi lascia sfruttare nei campi e nelle fabbriche come bestie in nero, mostra più attenzione ai problemi economici e sociali degli italiani, ma in realtà da anni unito non è, infatti Berlusconi rappresenta insieme al PD il partito unico europeo, il PD i socialdemocratici europei, Forza Italia i popolari europei, dunque l’alleato naturale di Berlusconi dovrebbero essere Letta e tutti gli altri ex democristiani, invece, forse per ambizioni personali, vorrebbe fare il presidente del Senato, o per mettere consapevolmente e su mandato della Von der Leyen i bastoni tra le ruote ai suoi alleati Meloni e Salvini, continua a rimanere loro incollato. Salvini si barcamena tra i due provando senza riuscirci ad essere la sintesi di questa farlocca coalizione, mentre Giorgia Meloni, aspirando alla presidenza del Consiglio, ha velocemente rinnegato le amicizie con Orban e Le Pen per mettersi in linea con Washington, promettendo fedeltà e guerra a oltranza al fianco della NATO. Più promette, tuttavia, meno le credono. Dalla stampa statunitense a quella tedesca, passando per quella inglese è un florilegio di invettive e di attacchi, anche miserevolmente personali. Piero Fassino, aedo dell’atlantismo, ha affermato: “se vince la destra sovranista e populista, l’Italia verrà isolata in Europa e nel mondo”, ovviamente solo il mondo occidentale che sulla terra non è maggioranza né di stati, né di popolazione, né di ricchezza prodotta, ma per Fassino e il PD – si sa – il globo si restringe alle nazioni della NATO. Gli attacchi alla Meloni sono il segno che comunque a Washington e Bruxelles non si fidano di questo tridente abbastanza fasullo nella presunta unità, ma composto da politici decisi a dialogare con la Russia piuttosto che lasciare gli italiani e gli industriali della Lombardia e del Triveneto senza riscaldamento e senza energia il prossimo inverno. Per drammatizzare la situazione il Corriere della Sera e Panebianco spiegano addirittura che ci troveremmo di fronte a un nuovo 18 aprile 1948, da una parte i difensori della democrazia, Pd e alleati, dall’altra, gli amici delle autocrazie, ovvero il centro-destra. Anche questa burlesca retorica dello scontro “democrazie – autocrazie” è una baggianata a cui credono solo i più sprovveduti tra gli europei, ma in ogni caso viene ripetuta fino allo sfinimento, sperando di convincere qualche elettore in più. Una certa agitazione a Washington tuttavia vi è, se pure Giuliano Ferrara da bravo atlantista è corso a dichiarare che voterà il PD, anche se capolista sarà Di Maio, che invece probabilmente lo sarà con la Carfagna con il PD in Campania per la gioia del governatore Vincenzo De Luca.

Infine vi sono coloro che rappresentano – pur in un caleidoscopio di differenze e di differenti scelte presenti e passate – più compiutamente gli interessi degli italiani, la difesa dello stato sociale, la necessità della pace e l’idea che l’Italia non debba far guerra agli ordini della NATO, ma essere neutrale e capace di dialogare con tutti, con Washington, come con Mosca e Pechino.

I primi due agglomerati, quelli di centro – destra e di centro – sinistra, anche per la loro capillare invadenza e occupazione dei sistemi mediatico – comunicativi, così come di potere reale, cercano di ridurre a loro stessi la contesa politica, invece proprio questo terzo spazio politico è il solo che possa offrire con maggiore certezza spazi di cambiamento e di miglioramento. Esso è composto da forze che corrono separatamente, ma che, pur nella differenza di programmi, manifestano una chiara inclinazione verso due richieste importanti, ovvero pace e diritti.

In quest’area si trovano il Movimento 5 Stelle, il che parrebbe strano, essendo l’unico sempre al governo nell’ultima legislatura, ma, senza addentrarci nel marasma pluriscissionistico dei grillini, il tridente elettorale Conte – Raggi – Di Battista li colloca fuori dal rigorismo bruxellese e dall’atlantismo guerrafondaio, quindi Unione Popolare che unisce insieme a Luigi De Magistris, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo; Italexit di Gianluigi Paragone e infine un soggetto interessante per composizione, Italia Sovrana e Popolare, con una bandiera rossa e una stella rossa, a cui partecipano Ancora Italia di Toscano, Azione Civile dell’ex-magistrato anti-mafia Antonio Ingroia, molti altri soggetti tra cui Patria Socialista e il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo, la formazione politica che con più linearità ha posto negli ultimi tempi il problema da un lato della ricostruzione dello stato sociale dopo decenni di tagli e smantellamenti, dall’altro a livello internazionale la necessità impellente di pace e di dialogo con le forze emergenti dello spazio eurasiatico, a partire dalla Cina e dalla Russia. L’auspicio è che questa terza area possa recuperare molti astensionisti al voto, superando gli sbarramenti elettorali e raccogliendo dunque una necessaria rappresentanza parlamentare.

Va segnalata infine la presenza per ora invero ancora abbastanza impalpabile di una quarta posizione, quella di Unità Popolare, inedito spazio politico – elettorale che si distingue dai tre precedenti, per una posizione sulla crisi ucraina più ambigua, visto il sostegno all’Ucraina del Partito Marxista Leninista Italiano, aggregatosi per l’occasione con il Partito Comunista Italiano, formazione politica quest’ultima i cui militanti sono invece pienamente e consapevolmente schierati contro la guerra e il fascismo ucraino.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.