In Grecia vige ancora, come peraltro in Svizzera, la coscrizione obbligatoria: i giovani sono costretti, poco più che maggiorenni, ad arruolarsi nelle forze armate elleniche. Il carattere reazionario dell’esercito greco è noto fin dai tempi della dittatura fascista e la subalternità degli ufficiali ai diktat degli Stati Uniti e alla NATO non è da sottovalutare. I comunisti greci tentano di ostacolare queste derive organizzando cellule organizzate nelle caserme per tutelare i diritti dei soldati di leva, ma la repressione contro chi dissente è sempre più pesante. I nostri media ovviamente non ne parlano visto che un paese dell’UE deve essere democratico per definizione.
A Rodi una recluta è finita in carcere
L’ultimo caso riguarda una recluta che stava prestando servizio nel 6° Battaglione Speciale della Guardia Nazionale (EGETH) a Rodi. Il giovane non ha nascosto le sue idee di sinistra e ha espresso esplicitamente di fronte ai suoi commilitoni il proprio parere contrario al coinvolgimento della Grecia nella guerra in Ucraina, attaccando giustamente la NATO, gli USA e la UE come istigatori del conflitto attualmente in corso e chiedendo la neutralità. Il coscritto è stato per questo subito posto agli arresti e punito con la reclusione in un carcere militare per quello che di fatto è solo un reato di opinione, come se fosse in un regime dittatoriale.
Il KKE ha portato il caso in parlamento
Subito si è mobilitato il Partito Comunista Greco (KKE) che tramite i suoi deputati nel parlamento di Atene, Nikos Papanastasis e Pafilis Thanassis, si è così espresso: «i giovani arruolati hanno tutti i diritti e le ragioni per esprimere la loro opposizione a questi sviluppi negativi per se stessi ma anche per il popolo greco, poiché essi durante il servizio militare conservano tutti i loro diritti civici e politici acquisiti». Per questo motivo la deputazione del KKE ha chiesto al governo di «revocare la pena inflitta al soldato».

Ci sono militari contro la NATO anche in Svizzera?
Mentre in Grecia, ma anche in Italia, si alzano le voci di soldati e ufficiali coraggiosi che rifiutano di sottomettersi alla politica aggressiva della NATO e che rifiutano i toni russofobici sempre più pericolosi dei rispettivi comandi nel contesto della crisi ucraina, in Svizzera questi ambienti sono alquanto pavidi: persino l’UDC e la Lega che da un lato difendono a parole la neutralità svizzera, dall’altro vogliono acquistare i caccia F-35A di fatto mettendo la difesa aerea della Confederazione nelle mani della NATO. A sinistra poi, PS e Verdi, dal canto loro, sono ormai accecati dalla russofobia e si stanno buttando nelle mani dell’UE, mai come in questi mesi succube di Washington. Solamente il Partito Comunista svizzero insiste in una coerente lotta contro la NATO. In una nota firmata dal suo segretario Massimiliano Ay alcuni giorni fa non solo si accusa il Consiglio federale di «indebolire la credibilità internazionale della Svizzera» ma si lancia un appello patriottico: «occorre per questo unire le forze – da sinistra a destra – per contrastare chi intende abolire la neutralità svizzera e spingerci nell’UE e nella NATO».