Ormai è ufficiale: i governi di Svezia e Finlandia hanno depositato la propria domanda di adesione all’Alleanza atlantica, in risposta alle presunte minacce della Russia alla propria sicurezza. Una decisione storica, che potrebbe modificare profondamente l’assetto militare del Baltico e portare ad un’ulteriore escalation del confronto tra Russia e Stati Uniti, di cui il conflitto in Ucraina è solo la più evidente e recente manifestazione. In entrambi i paesi scandinavi si sono però già levate numerose voci contrarie alla loro entrata nella NATO: i comunisti svedesi e finlandesi hanno già infatti espresso la loro netta opposizione.
Comunisti scandinavi concordi: “sicurezza a rischio nella NATO”
Già in una dichiarazione dello scorso 20 aprile, la direzione del Partito Comunista (Kommunistiska partiet, KP) svedese aveva espresso la propria ferma contrarietà all’entrata nell’Alleanza atlantica: per il KP, “l’adesione alla NATO non renderebbe la Svezia minimamente più sicura, anzi, la nostra autodeterminazione nazionale in materia di sicurezza verrebbe messa in discussione, mentre la Svezia diventerebbe un’area di scontro e un obiettivo in una guerra tra la NATO e la Russia”.

In un suo recente articolo, Tiina Sandberg, segretaria generale del Partito Comunista Finlandese (Suomen Kommunistinen Puolue, SKP) affiliato alla Sinistra Europea, si è pronunciata contro l’adesione del suo paese all’Alleanza atlantica, sottolineando come “la situazione della sicurezza della Finlandia non è cambiata da quando la Russia ha invaso l’Ucraina”. A suo avviso, “la corsa verso la NATO è nata dall’atmosfera di paura” alimentata in queste ultime settimane e non da una riflessione ragionata e condivisa all’interno del Paese.
Di parere simile anche i due partiti di tendenza marxista-leninista: in una nota congiunta diffusa a fine febbraio, il Partito Comunista Svedese (Sveriges Kommunistiska Parti, SKP) e il Partito Comunista dei Lavoratori (Kommunistinen Työväenpuolue, KTP) finlandese hanno espresso la propria opposizione ad un’integrazione dei loro paesi nella NATO. Secondo il SKP ed il KTP, “attraverso legami sempre più forti con la NATO e le strutture militari dell’UE, i governi dei paesi nordici stanno unendo le proprie politiche imperialiste a quelle degli Stati Uniti”: occorre dunque lottare “per l’immediata cessazione di ogni cooperazione tra Svezia e Finlandia, da un lato, e la NATO, dall’altro”, nonché “contro la presenza delle truppe NATO nei paesi nordici”.
La Finlandia abbandona la neutralità, la Svezia già l’aveva persa
Il posizionamento geopolitico di partenza dei due paesi scandinavi, che oggi camminano a braccetto verso la NATO, non è però lo stesso. Benché entrambi i paesi siano formalmente neutrali e membri dell’UE, la loro politica diplomatica è profondamente differente: se la Finlandia, che confina direttamente con la Russia, ha sempre rispettato la propria neutralità nei conflitti internazionali e non ha mai aderito ad alcuna alleanza militare, la Svezia ha invece da tempo assunto una posizione molto vicina agli Stati Uniti.
Come rileva un articolo apparso sul portale Riktpunkt edito dal SKP svedese, quella tra Svezia e NATO è “una storia d’amore di lunga data”, avviata già nel 1952 con la firma di un accordo di cooperazione militare segreto con gli USA e proseguita durante tutta la guerra fredda, nel corso della quale la Svezia ha ricevuto armamenti dalla NATO ed ha spiato l’Unione Sovietica per conto degli americani. Ma la cooperazione con l’imperialismo a stelle e strisce non si è interrotta con il crollo del muro, anzi: ancor oggi la Svezia partecipa regolarmente ad esercitazioni militari della NATO ed ha partecipato alle guerre da essa condotte in Afghanistan, Kosovo, Libia e Iraq.

Seppo Ruotsalainen, membro del comitato centrale del SKP finlandese, ha invece recentemente ricordato come i governi finlandesi del dopoguerra abbiano attivamente promosso una politica volta a garantire la pace, l’indipendenza e la neutralità del proprio Paese. Il presidente Urho Kekkonen (in carica tra il 1956 e il 1981) ha cercato in particolare di svolgere un ruolo di ponte tra l’Oriente sovietico e l’Occidente capitalista, ponendosi come mediatore con l’obiettivo di mitigare e prevenire i conflitti in Europa. Per Ruotsalainen, si tratta ora di affrontare una scelta di fondo: “se promuovere un’accelerazione della corsa agli armamenti o se scegliere la via della pace. Secondo il presidente Kekkonen, la Finlandia non è neutrale sulla questione della guerra e della pace: la Finlandia è dalla parte della pace contro la guerra”.
Queste distinzioni rischiano però ora di diventare musica del passato, a fronte di un allineamento di entrambi i paesi nordici alle direttive degli Stati Uniti, unici veri padroni della NATO di cui controllano le strutture, i sistemi d’arma, la catena di comando e le decisioni.
“Socialdemocratici traditori: svendono la nostra sovranità agli USA”
Va infine rilevato come la decisione di aderire alla NATO sia stata presa in entrambi i casi da governi socialdemocratici: tanto i Socialdemokraterna svedesi (S/SAP) quanto il Suomen Sosialidemokraattinen Puolue (SDP) finlandese esprimono infatti i capi di governo dei due paesi scandinavi, nelle figure di Magdalena Andersson e di Sanna Marin.
Una circostanza che non è sfuggita ai comunisti nordici, che non esitano a definire i socialdemocratici come dei veri e propri “traditori” della classe lavoratrice. Il portale Proletären edito dal KP svedese afferma che “non è un caso che sia un governo socialdemocratico a presentare la domanda della Svezia alla NATO, così come è stato un primo ministro socialdemocratico a presentare la domanda all’UE”. L’attuale segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg è d’altronde proprio membro del Partito Laburista Norvegese, per cui è stato primo ministro a più riprese. Secondo i comunisti svedesi, “i socialdemocratici non sono solo storici traditori di classe, che con accordi e restrizioni di gennaio al diritto di sciopero e tutela del lavoro continuano a vendere la classe operaia al capitale: sono anche traditori che vendono la nostra autodeterminazione e la nostra libertà di alleanza a Washington e Bruxelles”. È interessante osservare a questo proposito che l’accusa di tradimento rivolta ai socialdemocratici svedesi riguarda il loro stesso partito: come segnala Riktpunkt, è stato infatti lo stesso Congresso socialdemocratico del 2021 a dichiarare che “la Svezia non dovrebbe aderire alla NATO”.

Simili sono i toni anche in Finlandia: nel citato articolo, la segretaria generale del SKP finlandese critica infatti duramente l’Alleanza di sinistra (Vasemmistoliitto), al governo in coalizione con il SDP di Sanna Marin, per non essersi opposta all’adesione alla NATO. Secondo Tiina Sandberg, minacciando di lasciare il governo, l’Alleanza di sinistra avrebbe potuto creare una crisi di governo in cui discutere a fondo il tema: “l’adesione alla NATO è stata una delle sue linee rosse più chiare ed è stata sacrificata con molta leggerezza sull’altare dei risultati” dei sondaggi che rilevano un presunto consenso per l’entrata del paese nordico nell’Alleanza atlantica.
I governi socialdemocratici dei due paesi scandinavi neutrali svendono dunque la propria neutralità e mettono a repentaglio la propria sicurezza solo per obbedire agli ordini provenienti da Washington, trovando conforto solo negli opinabili sondaggi volti a manipolare il dibattito politico. Uno scenario più che desolante, che ricorda quello del 1914, quando i partiti socialdemocratici europei votarono i crediti di guerra e sostennero il tragico conflitto che insanguinò il continente per 5 lunghi anni: insomma, nei momenti decisivi della storia, i riformismi sembrano continuare a tradire i rivoluzionari e a schierarsi con l’imperialismo e la guerra.