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In Cina lavoratori agricoli protagonisti della produzione e non meri esecutori

Duecento milioni di piccole unità agricole, il 10% della superficie coltivata del pianeta che produce il 20% della produzione alimentare mondiale. Un’agricoltura di successo. Le unità base dell’agricoltura cinese sono di circa settecento metri quadrati e sono date in gestione alle famiglie dalle amministrazioni dei villaggi.

Il valore lordo di produzione per unità di terra, ovvero la capacità che una singola unità di terra ha di produrre ricchezza per la famiglia, partendo dalla coltivazione di ortaggi, frutta, frumento od erba da foraggio, porta a un diverso guadagno a parità di superficie, la scelta è libera, come in egual modo l’alternativa tra produzione intensiva e produzione estensiva, nel primo caso con un alto rendimento su unità, però con la necessità di più risorse, più lavoro per unità di terra, più meccanizzazione, più materiali e più acqua, nel secondo poco di tutto, ovviamente con rese più basse.

Esiste poi quella che si può definire una intensificazione produttiva agricola, la quale prevede investimenti in miglioramento della fertilità della terra, in sistemi di irrigazione, nella scelta delle culture giuste in funzione del microclima, ottimizzazioni delle rotazioni delle colture, tutto questo ha però alla base un investimento in lavoro della famiglia sia in quantità che in qualità e questo migliora sia le competenze dei contadini, sia le conoscenze con un conseguente miglioramento dell’autonomia relativa dell’azienda, l’esatto contrario di quanto avviene in Occidente, in cui si de-specializzano e si demansionano i contadini, riducendoli a semplici esecutori manuali della terra, chiamati ad applicare tabelle pre-compilate a seguito di controlli standardizzati ad opera di strumenti tecnologici, il risultato è che si creano soggetti legati alla terra estremamente ricattabili ed in balia del sistema, dai quali dipendono sia per la produzione, sia per la vendita.

In Cina, la vendita diretta di prodotti alimentari è ancora una realtà molto diffusa.

Caratteristiche fondanti del sistema cinese sono invece la circolarità, il carattere contadino dell’agricoltura, un buon equilibrio raggiunto negli ultimi anni nel rapporto città – campagna ed una presenza capillare di mercati diretti, ovvero dal produttore al consumatore, senza le molteplici transazioni che determinano valore aggiunto senza una ragione e a solo danno dei cittadini come avviene nei paesi capitalisti. Ovviamente l’aumento della produttività agricola e del benessere contadino ha determinato in parte alcuni problemi ambientali dettati dall’utilizzo di prodotti chimici, a cui per altro si sta cercando di porre rimedio, tuttavia occorre anche ricordare che nelle zone sud-sahariane dell’Africa con un modello di derivazione occidentale e con prodotti chimici si è ottenuto solo il degrado ambientale senza l’emancipazione dei contadini e delle loro famiglie. Ricordiamo anche che in Africa il modello fallimentare del sistema agricolo coincide anche con una forte azione di accaparramento di terre da parte delle multinazionali del settore occidentali e dei paesi arabi del Golfo Persico, nelle stesse zone, ma dove l’influenza è cinese, si assiste invece ad una terziarizzazione e a uno crescita economica e sociale. L’accaparramento di terre è una forma di colonialismo agricolo ove il colonialista arriva, decide che cosa coltivare e in che porzione di terreno, senza considerare assolutamente le esigenze alimentari della popolazione locale o le sue speranze di sviluppo e in cui le scelte sono dettate dalle richieste del  mercato globale. Spesso a tale forma di predazione corrispondono ondate migratorie dettate dalla carenza di acqua, conseguente allo sfruttamento della zona con culture non tradizionali che richiedono più acqua di quella disponibile.

La terziarizzazione è invece un metodo di investimento per coltivare fuori dai propri confini e parte con la costruzione di infrastrutture quali strade, acquedotti, elettrodotti, villaggi, scuole e quanto necessario a permettere lo sviluppo locale col fine di creare una via preferenziale per i rapporti economici con chi ha investito, le produzioni sono nelle mani dei locali, che decidono in quale misura coltivare quanto richiesto e con quali tecniche agricole, non vengono escluse le produzioni agricole tradizionali, il risultato è il rafforzamento delle comunità locali e la loro trasformazione in soggetti capaci di essere competitivi nella produzione.

La cooperazione fra Cina e Africa è molto intensa anche sul piano agricolo.

Condizione fondamentale per definire l’agricoltore cinese è che non percepisce la sua attività come prettamente commerciale e per tanto nella maggior parte dei casi non si segue un’ottica di mercato nello svilupparla, il lavoro agricolo è visto come un metodo di produzione per il mercato interno e per tanto l’ottica agricola è più da analizzare sotto l’aspetto sociologico che economico.

Il termine “nongmin”, ovvero “contadino” è più complesso dei corrispettivi occidentali, indicando un metodo di lavoro praticato da un lavoratore che agisce su terreni pubblici con volontà e determinazione.

Esiste una parte del lavoro che genera circolarità e pluriattività, ossia si esce dal villaggio per occuparsi in attività non agricole col fine di generare guadagni che poi sono reinvestiti in agricoltura, la circolarità consta infatti nel fatto che l’agricoltore non abbandona definitivamente la terra ma vi fa ritorno dopo uno spostamento più o meno lungo, la terra e il villaggio sono infatti percepiti come il luogo del ritorno dove poter passare la vecchiaia quando non è possibile più svolgere attività pesanti e performanti, inoltre è il luogo dove in gioventù si è formati e dove verranno formati i figli dei migranti temporanei, tutto questo genera un equilibrio tra città e campagne e limita l’antropizzazione delle zone limitrofe alle città, così come l’esigenza di strutturare le città con un incremento considerevole di cittadini, ma sempre gestibile, si porta quindi nei villaggi il fulcro della formazione giovanile e della cura in età avanzata.

Il sistema di sviluppo agricolo è basato sulla progressività e sulla gradualità, ossia gli investimenti sono prevalentemente fatti nel lavoro, in maniera tale che non ci sia la necessità di chiedere prestiti con i conseguenti rischi di dipendenza da capitale esterno alla realtà agricola, ci si ingrandisce dunque, ma con i propri risparmi.

Una pratica interessante da mettere in evidenza è quella delle industrie nelle zone rurali che adattano i turni di lavoro alle esigenze degli orari dell’agricoltura, in maniera tale che la manodopera locale possa coniugare lavoro industriale e lavoro agricolo, una circolarità, come diremmo noi occidentali, a chilometro zero, che permette all’agricoltura di crescere in sinergia con l’industria e il territorio.

Luca Montaldo

Luca Montaldo, già direttore di cantiere e libero professionista specializzato nella realizzazione di abitazioni a risparmio energetico e con materiali ecocompatibili, dirige oggi una piccola azienda agricola nei colli tortonesi.