Nella seduta del 24 febbraio sono intervenuta a nome del Partito Comunista per definire la nostra posizione contro il referendum finanziario obbligatorio, sia con la soglia proposta dall’UDC sia con quella del controprogetto. Il gruppo di Sergio Morisoli non si è smentito nemmeno questa volta: il mese prima i deputati si sono astenuti sul “credito di 100’000’000 di franchi destinato a interventi di manutenzione programmata finalizzati al risanamento energetico, all’adeguamento alle normative vigenti ed alla conservazione di diversi edifici di proprietà dello Stato relativo al periodo 2020-2027”. Il loro obiettivo è chiaro: limitare qualsiasi progettualità dello Stato intralciando lo strumento strategico degli investimenti a lungo termine. Mai ho incrociato in vita mia sguardo più miope, pure le associazioni dei carnevali più piccoli fanno investimenti con una lungimiranza superiore ai 4 anni.
In questo solco s’inserisce manifestamente il referendum finanziario obbligatorio, ennesimo tentativo d’ingabbiamento del parlamento, e con esso, il controllo democratico dei cittadini e delle cittadine sulle finanze statali. Vi si possono riconoscere diverse trame dietro questa proposta diametralmente opposte all’ammirabile volontà di estensione dei diritti:
1) la venerazione del meno stato; infatti il referendum finanziario obbligatorio rallenta e ridimensiona crediti e investimenti, quindi è un bastone tra le ruote alle politiche statali;
2) l’accusa ai deputati e alle deputate di essere spendaccioni e di elargire in maniera scriteriata il denaro dei contribuenti;
3) l’ipermoralità e il discorso di colpa imperniato sul debito pubblico totalmente a scapito delle classi meno abbienti.
La strumentalizzazione del debito, che ho avuto modo di denunciare approfonditamente nel dibattito sui preventivi 2021, è sintetizzato dal leitmotiv del “non dobbiamo indebitare le generazioni future”. Dietro a queste parole c’è un preciso disegno per il futuro delle prossime generazioni fatto di tagli al sociale e quindi un futuro ingiusto. Le ricette neoliberiste sono state più e più volte sbugiardate: le soglie di Maastricht saranno archiviate a breve, i tassi d’interesse rimarranno bassi per i prossimi 10 anni, i soldi vanno spesi per una società più egualitaria in questo preciso momento in cui la pandemia sta esacerbando il divario tra ricchi e poveri.
Ricordiamoci infine che sebbene la popolazione votante sarebbe consultata regolarmente per gli investimenti di alcune decine di milioni, tra di essi non vi è una larga parte di lavoratrici e lavoratori che partecipa alla crescita del paese, paga le tasse, subisce sulla propria pelle le conseguenze delle misure di austerità, ma non ha nessuna voce in capitolo nelle votazioni. Queste voci, assieme a quelle di tutte le persone che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, sono sempre presenti negli interventi del Partito Comunista in parlamento, nella ferma convinzione che il miglioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice è possibile solo attraverso una seria pianificazione economica.