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Il certificato COVID non convince alcuni partiti comunisti europei. In Svizzera il dibattito è ancora in corso.

Cosa ne pensano i partiti di ispirazione marxista-leninista sul cosiddetto greenpass ormai in voga in numerosi paesi europei? Sempre molto attenti alla salute pubblica e alla difesa della scienza dagli allarmismi irrazionali, per i comunisti il dibattito è in realtà meno scontato rispetto al resto della sinistra, e tocca anche questioni ideologiche dove il dato collettivo prevale su quello individuale, pur senza sottovalutare il fatto che la classe padronale, utilizzando strumentalmente il concetto della “emergenza” (che oggi è sanitaria e domani potrà essere politica), potrebbe favorire svolte securitarie osteggiate solitamente proprio dalla sinistra.

Ay: “prima di litigare sui vaccini, lottiamo per potenziare il sistema sanitario pubblico!”

Nel Partito Comunista svizzero di cui è segretario politico il granconsigliere ticinese Massimiliano Ay il dibattito è in corso: “abbiamo promosso una consultazione fra gli iscritti per capirne le sensibilità e posso già anticipare che fra i nostri militanti non c’è affatto quell’unanimismo che sembra si respiri nel resto della sinistra”. I comunisti – ricorda Ay – riconoscono il ruolo dei vaccini: “abbiamo chiesto al governo di introdurre le vaccinazioni mobili anche nei luoghi discosti e, con due altri deputati, abbiamo chiesto di diversificare i prodotti mettendo a disposizione anche ad esempio lo Sputnik russo”, ma imporre un greenpass è un altro discorso: “rischia di essere un precedente che va oltre il dato sanitario – spiega il segretario comunista – ecco perché non va preso alla leggera”.

Per il PC svizzero, i tamponi devono restare gratuiti.

Se la discussione è ancora in corso sulle ultime misure del Consiglio federale, una cosa è però già stata contestata come anti-sociale dal Partito Comunista, e cioè il fatto che i test anti-COVID non saranno più gratuiti dal 1° ottobre: “Non si tratta di una misura medica ma prettamente politica, atta a spingere surrettiziamente la popolazione, desiderosa di partecipare a vari aspetti della vita sociale, a farsi vaccinare, quando nel nostro Paese non vige per legge un obbligo vaccinale. Una misura che, inoltre, al posto di unire la popolazione, continua a dividerla fra chi potrà o meno – per ragioni esclusivamente finanziarie! – permettersi i test continuando così a non vaccinarsi” si legge in un comunicato stampa del 26 agosto scorso. “I poveri saranno costretti a vaccinarsi, mentre i ricchi potranno permettersi di fare i no-vax” taglia corto Ay, preoccupato che questo possa alimentare tesi complottiste fra la classe operaia.

Ma allora i comunisti sarebbero favorevoli a un futuro obbligo vaccinale? Massimiliano Ay non si sbilancia “per rispetto del dibattito interno al Partito tuttora in corso” ma poi aggiunge: “prima di parlare di vaccinazioni obbligatorie dovremmo unirci tutti – vaccinati e non vaccinati – per potenziare i posti letto negli ospedali e per abolire il numerus clausus in medicina: è a monte che bisogna colpire!”.

Rizzo: “aumentare i posti letto e garantire tamponi gratis”

Sulla medesima linea d’onda dei compagni svizzeri, anche se in modo più drastico, in Italia il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo attacca senza mezzi termini il certificato verde. In una “Nota ufficiale del Comitato Centrale” (leggi qui) datata 8 settembre si legge che in Italia “da oltre trent’anni, governi di centro destra e di centro sinistra, e così il governo Conte ieri e Draghi oggi, hanno ridotto e continuano a ridurre pesantemente la sanità pubblica, a partire dalla drastica riduzione dei posti letto in ospedale, della medicina territoriale, di prossimità e di quella di base (ingredienti fondamentali per battere anche il Covid su cui chiediamo la certificazione di dati e statistiche)”. Nessuna tendenza anti-vaccinista, al contrario: come marxisti crediamo nell’analisi e nel processo scientifico convalidato, siamo altresì attenti analisti della torsione che il capitalismo globalizzato compie nella sua corsa sfrenata verso il profitto: brevetti, scelta geopolitica dei vaccini etc.” spiega l’ex-eurodeputato Marco Rizzo. La risoluzione del Comitato Centrale considera necessario opporsi al greenpass “in quanto strumento non atto alla difesa della salute pubblica, ma elemento divisivo, discriminatorio e grimaldello per aprire la stagione dei licenziamenti di massa nel nostro Paese. Il paradosso è che questo strumento è assente nei luoghi della massima concentrazione di persone come le ferrovie locali, le metropolitane ed i trasporti pubblici”. E inoltre “serve un piano pubblico e gratuito per avere tamponi ed esami salivari per consentire un miglioramento della situazione economica, del lavoro e dell’istruzione”.

De Sousa: “Preoccupa la limitazione del diritto al lavoro”

Per il PCP, il certificato non deve creare un divario sociale.

In una dichiarazione del suo segretario generale Jeronimo de Sousa, il Partito Comunista Portoghese, una forza politica di quasi il 7%, ha evidenziato come “la soluzione alla lotta efficace contro il Covid-19 consiste nell’accelerare il processo di vaccinazione, porre fine alle restrizioni alla vita delle persone, rilanciare la vita economica, sociale, culturale e sportiva e non insistere su opzioni supportate da linee rosse e matrici di rischio, che sono servite solo per giustificare la reclusione”. E tuttavia – continua il leader operaio – “è chiaro che il Certificado Digital Covid-19, e in particolare le norme incongrue e contraddittorie in cui viene richiesto, sta diventando un pretesto per condizionare la vita delle persone, limitando il loro accesso a un numero significativo di attività, e creando un divario intollerabile tra i cittadini che hanno il certificato e quelli che non ce l’hanno”. E continua De Sousa: “È preoccupante che oggi, come si vede in alcuni Paesi, si stia già valutando la limitazione dei diritti fondamentali, come il diritto al lavoro, sulla base del certificato di vaccinazione”.

Köbele: “Colpiti ristoranti e piccolo commercio, mai le grandi aziende”

Il presidente del Partito Comunista Tedesco (DKP) Patrick Köbele dal canto suo ha diramato un comunicato stampa (leggi qui) in cui esprime a sua volta scetticismo sulle modalità di gestione della crisi pandemica da parte delle autorità di Berlino. Le misure adottate – così si legge sul settimanale del Partito – “comprendono il ricatto di vaccinarsi”. Inoltre – come già visto in Svizzera e Italia – anche la DKP contesta “l’obbligo previsto di pagare i test” perché questa scelta ridurrà il numero di test e dunque “chi è povero potrà essere infettato e trasmettere la malattia ma non potrà più partecipare alla vita culturale”: questo renderà il COVID-19 ancora di più “una malattia dei poveri”. Per contenere la malattia – insistono i vertici del DKP criticando la scelta governativa di scaricare l’onere della responsabilità sanitaria sul popolo – “è necessaria una combinazione di vaccinazione volontaria e test di massa gratuiti”. L’obbligo vaccinale tuttavia è escluso poiché “far rientrare la vaccinazione obbligatoria dalla porta di servizio fa parte del progressivo smantellamento della democrazia”. Il greenpass alla tedesca rientra in misure che, oltre a limitare la libertà di riunione, “colpiranno di nuovo la ristorazione, il settore culturale e i piccoli commercianti, ma non le grandi imprese!” conclude la nota del DKP.

Gastaud: “Finiamola coi vergognosi brevetti di Pfizer”

Accanto alla bandiera rossa sventola il tricolore della rivoluzione francese: è la bandiera del Polo di Rinascita Comunista in Francia (PRCF) guidato da Georges Gastaud, che se da un lato rifiuta di unirsi agli “antivaccinisti di principio che, in molti luoghi, cercano di dirigere le manifestazioni o di minimizzare la gravità dell’epidemia in quanto tale”, d’altra parte, però, quando è possibile, invita gli attivisti del suo Partito a scendere in piazza contro il governo del presidente Emmanuel Macron rivendicando “la revoca del ‘lasciapassare sanitario’ e di tutte le misure liberticide e fasciste prese da anni in tutti i settori, in particolare l’inserimento nella legge dello stato di emergenza”. Il PRCF ci tiene a precisare che “la discussione argomentata, senza minacce o pressioni, è l’unico metodo possibile, democratico ed efficace” per convincere i lavoratori a vaccinarsi, ma è fondamentale nel contempo “esigere l’accesso dei cittadini francesi a tutti i vaccini globalmente disponibili, compresi quelli russi, cinesi e cubani” oltre che “la fine dei vergognosi brevetti di Pfizer & Co sui vaccini”. In Francia – continua il comunicato apparso sul giornale “Initiative Communiste” – “invece di criminalizzare coloro che rifiutano la vaccinazione” – comunque una netta minoranza – il governo dovrebbe rendere possibile “a coloro che desiderano essere vaccinati di farlo facilmente e rapidamente, soprattutto nei quartieri popolari” e lamentano un dibattito pubblico troppo debole sul trattamento vaccinale, senza il quale tesi cospirazioniste possono facilmente prendere il sopravvento.

Il PRCF critica la gestione governativa della pandemia.

Il dirigente del PRCF ha poi aggiunto, in un altro suo intervento pubblico (leggi qui) , come sia “vergognoso che il paese di Pasteur e Calmette si sia dimostrato incapace di sviluppare rapidamente un proprio vaccino e che Macron si sia piegato alla decisione dell’UE di definire, su basi geopolitiche e non sanitarie, la lista dei vaccini accettabili (escludendo, per puro pregiudizio politico, i vaccini cubani, cinesi e russi, anche se Putin aveva offerto gratuitamente a Macron il brevetto russo!)”. Questa diversificazione dei vaccini permetterebbe alle “persone che sospettano (a ragione o a torto) dei prodotti mRNA di ripiegare su vaccini più tradizionali: l’importante è che la massa delle persone protegga se stessa e gli altri contro un virus globalizzato che non smette di mutare”.

Insomma per i comunisti francesi il governo vuole dividere i lavoratori imponendo di schierarsi fra due vicoli ciechi: il primo vicolo è “quello dell’autoritarismo di Macron (tessera sanitaria e vaccinazioni obbligatorie mascherate da un’insopportabile discriminazione dei cittadini) che accompagna tutta una serie di misure liberticide che vanno ben oltre le questioni sanitarie (santuarizzazione dello stato di emergenza, sottomissione della giustizia alla polizia, censura di internet, ecc.); e il secondo vicolo cieco è quello dell’ideologia libertaria di destra “che consiste nel rifiutare per principio ogni intervento statale nella salute, nel rifiutare come ‘dittatoriale’ il principio della vaccinazione obbligatoria, nell’ignorare la dimensione centralmente collettiva della salute pubblica e nel concepire la libertà in modo individualistico tagliandola fuori dalle scoperte scientifiche presenti e future e dal ruolo di pianificazione e di prescrizione di norme definite collettivamente che spetta a ogni Stato degno di questo nome”.

In Svezia i comunisti in prima fila: “vaccinatevi assolutamente”!

Non affronta il tema del “certificato COVID” per contro, il Partito Comunista svedese (KP) che si sta impegnando a difendere a spada tratta la campagna vaccinale pur non mancando di attaccare il governo svedese a cui spetterebbe “informare scientificamente sui rischi e sui benefici del vaccino”. Rischi che però verrebbero, secondo i comunisti svedesi, ingigantiti dagli scettici, che è difficile tranquillizzare anche perché la produzione dei vaccini non è posta sotto responsabilità pubblica. Ciononostante il KP non ha dubbi: bisogna vaccinarsi e tramite un articolo (leggi qui) apparso sul suo organo di stampa “Proletären” ricorda come “le vaccinazioni in Svezia sono sempre state basate sulla volontarietà retta da informazioni rigorose e trasparenti. Questa volontarietà viene ora abusata dagli scettici della vaccinazione che hanno sequestrato lo slogan del movimento per i diritti delle donne ‘il mio corpo, la mia scelta’ conferendogli un significato diverso. […] La pandemia di coronavirus deve essere gestita collettivamente e la scelta ovvia dovrebbe essere quella di vaccinarsi”. Per il KP il governo svedese “non è riuscito a mettere al centro la scienza e il bene della società, anzi sono i media a controllare il dibattito facendo del giornalismo sensazionalistico che fomenta i sospetti sui vaccini”.

Ma i comunisti svedesi riconoscono anche che è in corso “un grande gioco di potere tra le multinazionali farmaceutiche” e accusano la Svezia di unirsi alla campagna euro-atlantica volta a demonizzare la Russia e la Cina impedendo così ai loro Sputnik e Coronavac, entrambi vaccini che non usano la nuova tecnologia mRNA, di essere inoculati ai cittadini svedesi che lo desiderano. “Non possiamo giudicare quale vaccino sia il migliore, ma è chiaro che la competizione delle aziende farmaceutiche per guadagnare quote di mercato va a scapito della popolazione: le vaccinazioni sono ritardate, mancano i vaccini e le persone sono intimidite. Invece di competere le aziende farmaceutiche dovrebbero collaborare e condividere le loro ricerche”, continuando ricordando l’importanza di rinunciare ai diritti sui brevetti per importare o produrre medicinali più economici al fine di fermare la pandemia, ma l’UE e gli USA si sono opposti.