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Prima la sovranità nazionale, poi la rivoluzione: i maoisti afghani felici della disfatta USA!

Il Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan è un’organizzazione politica dell’estrema sinistra afghana che opera in clandestinità dal 2004, perché né sotto il regime dei Talebani né tantomeno sotto il regime preteso “democratico” imposto dagli USA dal 2001 ad oggi la loro attività è stata tollerata. Si tratta di un partito minuscolo, la cui analisi politica internazionale non corrisponde con quella alla base della nostra redazione e che non ha relazioni di alcun tipo né col Partito Comunista del nostro Paese né – ci risulta – con altre organizzazioni svizzere. E tuttavia ne vogliamo pubblicare degli estratti perché è una delle rarissime voci di sinistra che ci è consentito ascoltare da quel martoriato paese.

Maoisti contro comunisti, la triste storia della sinistra afghana

La bandiera dei maoisti afghani

Anche la sinistra rivoluzionaria afghana non fu risparmiata dallo scisma sino-sovietico che divise il Movimento Comunista Internazionale a partire dagli anni ’60. E così all’opposizione del governo socialista e laico del Partito Democratico del Popolo dell’Afghanistan (PDPA) che salì al potere con la rivoluzione di Saur nel 1978, troviamo non solo gli islamisti armati dagli USA, ma anche i …maoisti. Questi ultimi ritenevano infatti che il governo del PDPA fosse (riduttivamente) un’emanazione del cosiddetto “socialimperialismo” di Mosca e iniziarono una guerriglia contro i comunisti sovietici. Una scelta da cui i maoisti uscirono sconfitti e disgregati ma che contribuì anche all’indebolimento e infine alla caduta dell’unico governo laico e progressista che l’Afghanistan abbia mai conosciuto. A onor del vero, va però detto che il contributo dei maoisti in questa operazione fu irrisorio rispetto alla parte del leone giocata dai mujaheddin e dai talebani spalleggiati da Washington. Dopo vari tentativi di riorganizzazione i maoisti afghani si riunirono nell’attuale PC(M)A, la cui influenza politica è sempre stata assolutamente marginale fra le grandi masse contadine povere dell’entroterra afghano, che preferiscono affidarsi alla religione musulmana e a chi se ne fa interprete in senso patriottico.

La débâcle americana: “l’imperialismo è una tigre di carta”!

Il Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan in un comunicato stampa così descrive la débâcle statunitense: “Per il fallimento, Biden incolpa il popolo dell’Afghanistan che, secondo la sua visione del mondo imperialista e razzista, è incapace di vivere in armonia. Biden e gli imperialisti statunitensi cercano di nascondere il loro ruolo nella creazione degli ormai 40 anni di crisi e caos in Afghanistan. Anche se difficilmente hanno successo nell’oscurare questo fatto, perché la storia del ruolo imperialista degli Stati Uniti nel creare e scatenare l’attuale crisi e caos è ben nota e ben documentata. La débâcle americana in Afghanistan, più di ogni altra cosa, dimostra che gli imperialisti sono tigri di carta e che sono realmente in una fase di declino e decadenza. Questa débâcle mostra il declino della sua egemonia, l’influenza volubile della sua diplomazia e l’inefficacia della sua capacità militare criminalmente vasta e costosa”.

Le forze regolari afghane non sono state minimamente in grado di arginare l’avanzata talebana.

Un esercito di disperati che odia chi li comanda

Dopodiché i maoisti afghani analizzano come l’amministrazione dell’ex-leader americano Barack Obama abbia creato la “Afghan National Defence Security Forces” (ANDSF), quel simulacro di esercito regolare afghano che non ha nemmeno tentato di resistere ai Talebani. In effetti – spiegano i maoisti – “le ANDSF sono state reclutate tra i poveri e i disoccupati e usate come carne da cannone per un progetto borghese di costruzione dello Stato portato avanti sotto l’occupazione imperialista”. Esse erano certamente meglio armate e più numerose dei Talebani ma avevano un punto debole decisivo: “erano una forza mercenaria che mancava della volontà politica di combattere” perché il popolo e i soldati non intendevano servire né gli invasori americani né il regime fantoccio che a loro ubbidiva. Quando il supporto aereo degli Stati Uniti è stato ritirato, l’ANDSF si sono rapidamente sgretolate: “hanno ceduto le loro posizioni ai Talebani e sono scappati. Era chiaro che non erano disposti a combattere e morire per uno Stato che apparteneva alla borghesia ‘compradora’ che viveva come dei faraoni”. Appare insomma chiaro che, a differenza di quanto raccontano i nostri TG, stando al Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan a fuggire non è tanto la povera gente ma una élite urbana che viveva praticamente solo a Kabul e che per vent’anni ha goduto dei privilegi garantiti ai collaborazionisti delle truppe NATO.

Kabul non è il vero Afghanistan descritto dagli intellettuali occidentali

Questo è un dato politico importante ma perlopiù nascosto: Kabul non è l’Afganistan vero! A Kabul ci stavano i privilegiati che volevano vivere secondo i modelli di vita occidentali: il popolo afghano, i poveri, stavano fuori da Kabul e odiavano gli occupanti tanto quanto i mercenari e la borghesia “compradora” afghana. Il Partito Comunista (maoista) dell’Afghanistan così la descrive: “Questa classe dirigente che serviva gli imperialisti statunitensi negli ultimi venti anni era composta da due settori: vi era un settore di tecnocrati di formazione occidentale che erano i favoriti […] e un settore di signori della guerra locali che hanno aiutato gli imperialisti americani ad invadere l’Afghanistan”. Il presidente Ashraf Ghani è un buon esempio del primo settore: prima di venire in Afghanistan nel 2001, era professore alla John Hopkins University, un intellettuale liberale, privilegiato e del tutto slegato dai bisogni e dai costumi del proprio popolo. Continuano i maoisti: “La stravaganza della ricchezza e del potere delle classi dominanti era senza precedenti nella storia del paese. Le masse, che questi faraoni cercavano di impressionare con questo ostentato sfoggio di ricchezza e potere, erano ovviamente stupefatte, ma nel contempo cresceva in loro l’odio”. 

L’ex-presidente Ashraf Ghani in compagnia del presidente americano Joe Biden.

I Talebani sono abili politici

“Gli imperialisti statunitensi hanno condotto negoziati prolungati con i Talebani, bypassando lo stesso regime di Ghani. Ora è abbastanza chiaro che gli sforzi diplomatici degli Stati Uniti a Doha sono stati un totale fallimento; hanno solo aumentato il prestigio dei Talebani, fornito loro una piattaforma internazionale, e intensificato la crisi di legittimità del regime fantoccio di Kabul”. Gli accordi di pace siglati nella città di Doha ai tempi dell’amministrazione di Donald Trump sono stati concessi dai talebani perché avevano abilmente compreso in anticipo l’enorme difficoltà degli USA e la possibilità di porre fine all’occupazione senza ulteriori spargimenti di sangue. E tuttavia – rilevano i maoisti – “i Talebani sono ora bloccati tra i loro impegni ideologici per ristabilire l’Emirato islamico e le loro richieste di ottenere il riconoscimento internazionale. Questa tensione ha il potenziale di accendere frizioni interne al loro movimento. I Talebani sono consapevoli che il loro sistema di governo, un sistema governato da un consiglio di mullah guidato da un capo religioso supremo, è estremamente impopolare”. I Talebani – ammette il Partito Comunista (maoista) dell’Afghanistan – “stanno mostrando flessibilità politica” ma nell’analisi del partito vi sarebbe da parte loro “la volontà di accogliere gli interessi degli imperialisti e delle altre forze delle classi dominanti, eventualmente condividendo con loro il potere politico”. Da questa nuova situazione sorgerà, sempre stando ai maoisti afghani, una nuova fase della lotta: “ora che la contraddizione principale è tra il popolo dell’Afghanistan e le classi feudali borghesi compradore e i loro padroni imperialisti” i rivoluzionari dovranno adeguare la loro strategia per combattere la teocrazia, perché – ne sono convinti i maoisti – “la natura reazionaria dei Talebani sta per alienare ulteriormente le masse, spingendole a combattere e a resistere alle loro politiche anti-popolari”. Sarà curioso vedere come evolverà la situazione perché finora non si può dire che vi sia stato molta resistenza al ritorno al potere dagli “studenti coranici”, non sappiamo se per condivisione o per semplice “neutralità” visto le malefatte degli USA.