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Dietro la guerra delle cifre: quanto (e a chi) costerà la nuova legge sul CO2?

Il dibattito attorno alla nuova legge sul Co2, come previsto, si sta rivelando particolarmente acceso. Favorevoli e contrari sono impegnati in una dura campagna che si giocherà fino all’ultimo voto: secondo l’ultimo sondaggio realizzato dal gruppo Tamedia, il 50% degli intervistati si è schierato per il sì, mentre il no ha raccolto il 46% (leggi qui). Un argomento in particolare sembra imporsi sugli altri come elemento decisivo per l’esito del voto: l’impatto sociale delle tasse ecologiche previste dalla nuova legge. Le stime di tale impatto sono numerose e contrastanti, al punto che pare giustificato parlare di una “guerra delle cifre”. Cerchiamo dunque di fare chiarezza in questo marasma di numeri, per capire quanto (e a chi) costerà davvero la nuova legge sul CO2.

Tasse sui consumi e redistribuzione: un quadro complesso

La nuova legge sul CO2 si basa sull’introduzione ed estensione di svariate tasse sui consumi, grazie alle quali si vogliono modificare in senso più ecologico le abitudini della popolazione. Fra queste, citiamo l’aumento della tassa sul CO2 prelevata sui combustibili fossili (e in particolare sull’olio da riscaldamento), la maggiorazione applicata ai carburanti per automobili, e infine la nuova tassa sui biglietti aerei. I favorevoli si affrettano a precisare che una parte degli introiti prelevati con queste tasse sarà redistribuita alla popolazione attraverso le casse malati, che dovranno ridurre i premi in proporzione ai contributi ricevuti sotto forma di eco-tasse. Il dibattito è dunque incentrato sulle differenti stime relative ai prelievi fiscali e agli importi redistribuiti, stime su cui favorevoli e contrari presentano pareri nettamente diversi.

Secondo il governo, per una famiglia il costo sarà di 100 fr. all’anno

Il governo federale, tramite l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), ha realizzato una valutazione dell’impatto della nuova legge sul bilancio di una famiglia media di 4 persone (vedi qui). Secondo l’UFAM, la redistribuzione supplementare dei proventi delle eco-tasse ammonterà a circa 80 CHF all’anno per persona, riducendo notevolmente l’impatto finanziario della riforma. Dunque, per una famiglia di 4 persone, l’onere aggiuntivo annuale ammonterebbe a circa 100 CHF all’anno, cifra che potrebbe venire ulteriormente ridotta se si optasse per un consumo meno inquinante (ad esempio acquistando un veicolo elettrico, rinunciando ai viaggi in aereo o rimpiazzando con un sistema alternativo il riscaldamento ad olio combustibile).

Onere supplementareCHF
Netto annuale della tassa sul CO2 (redistribuzione compresa)+164
Annuale legato alla maggiorazione dei carburanti+53
Netto annuale della tassa sui biglietti aerei (redistribuzione compresa)–120
Totale all’anno (redistribuzione compresa)+97

Secondo l’UDC, la legge provocherà costi per 1000 fr. all’anno

Una stima che non convince affatto il comitato borghese contrario alla legge. In un intervento all’assemblea dei delegati dell’UDC di fine marzo (leggi qui), il consigliere nazionale solettese Christian Imark ha dettagliato i costi aggiuntivi che ricadrebbero su una famiglia media di 4 persone: le spese supplementari supererebbero i 1000 CHF all’anno. Una valutazione che, sebbene non tenga conto della redistribuzione dei proventi delle eco-tasse, denuncia un impatto molto maggiore sulle famiglie svizzere: per Imark, il costo delle eco-tasse sarebbe almeno 10 volte più elevato rispetto alla stima dell’UFAM!

Onere supplementareCHF
Netto annuale della tassa sul CO2+600/800
Annuale legato alla maggiorazione dei carburanti+200/300
Netto annuale della tassa sui biglietti aerei+200/300
Totale all’anno+1000/1400

Da un punto di vista marxista, risulta evidente come entrambe le valutazioni rispondano a precisi interessi di classe: ai numeri si può far dire quello che si vuole. Se un lato troviamo una lobby petrolifera intenzionata a difendere le proprie rendite di posizione, dalla parte dei promotori non si può certo dire che le stime possano essere considerate attendibili. Il Consiglio federale (espressione del capitale favorevole alla riforma) vuole l’approvazione di questa legge ed è disposto a mettere in campo tutte le risorse necessarie allo scopo. Già in passato, vale la pena ricordarlo, le stime “ufficiali e incontestabili” dell’amministrazione federale si sono rilevate assolutamente infondate. Nel 2008 il popolo svizzero approvava ad esempio una riforma dell’imposizione delle imprese che secondo il governo avrebbe provocato una perdita di gettito fiscale di poche decine di milioni di franchi: solo pochi anni dopo, il governo era però costretto ad ammettere che i minori introiti ammontavano a circa un miliardo di franchi all’anno (leggi qui).

È dunque chiaro che nessuna delle due stime finora presentate può essere interamente affidabile. Se il nostro intento è quello di (ri)costruire un’autonomia di giudizio e d’azione all’interno della classe popolare, è necessario affrontare la questione proprio da un’ottica di classe, senza indugiare su cifre generiche che non distinguono i nuclei familiari né per reddito né per necessità di consumo. In questo esercizio ci viene sorprendentemente in aiuto una testata tutt’altro che progressista come la Sonntagszeitung.

La Sonntagszeitung presenta un’analisi più completa

Il settimanale svizzero-tedesco (si veda l’edizione del 2 maggio scorso) ha recentemente aggiornato le proiezioni del centro di ricerca Infras, tracciate nel 2019 su mandato dell’associazione di “imprenditori verdi” swisscleantech. Questo studio, realizzato prima dell’approvazione della revisione della LCO2, serviva al capitale “eco-friendly” per dimostrare che attraverso le eco-tasse “è possibile organizzare la protezione del clima in Svizzera in modo socialmente accettabile” (leggi qui).Malgrado le svariate lacune di questo studio (che contemplava ad esempio la redistribuzione della maggiorazione sui carburanti, in realtà non prevista dalla legge approvata dal parlamento), esso definisce un quadro d’analisi più interessante, poiché presenta delle stime differenziate in relazione al reddito e al consumo d’energia di diversi tipi di economia familiare.

Nelle cifre aggiornate dalla Sonntagszeitung, balza all’occhio il “rilevante” impatto della riforma sui ricchi con un elevato consumo d’energia. Il giornale ha voluto evidenziare quest’aspetto con un titolo eloquente: “La legge punisce soprattutto i ricchi inquinatori”. Una famiglia di 4 persone con una villa di 230 m2 e due auto, che realizza 8 voli in aereo all’anno (2 a testa), dovrebbe pagare nel 2030 circa 2200 CHF di eco-tasse supplementari. Un risultato che pare perfettamente coerente con il principio “chi più inquina, più paga”, che la stessa sinistra e il movimento per il clima hanno difeso in passato.

Ma osserviamo invece qual è l’impatto della legge sui redditi medio-bassi. Secondo la Sonntagszeitung, una famiglia con un basso tenore di vita, che abita in un appartamento riscaldato ad olio combustibile, che possiede un’automobile ed effettua 4 voli in Europa all’anno (1 a testa), potrebbe giungere a pagare quasi 500 CHF in più all’anno. Un importo per nulla indifferente, se consideriamo che nello studio di Infras il reddito “modesto” in questione ammontava a 85’000 CHF lordi all’anno, ossia poco più di 6500 CHF al mese. È palese infatti che in alcune regioni del Paese (Ticino in primis), così come in alcune categorie di lavoratori (come precari e donne), il livello dei salari sia di molto inferiore a questa cifra. Il settimanale svizzero-tedesco ha però la soluzione sotto mano: se questa famiglia rinunciasse all’automobile, all’aereo e al riscaldamento ad olio combustibile, il guadagno (dopo la redistribuzione) ammonterebbe a quasi 600 CHF all’anno.

Quanto sono davvero accessibili le alternative ecologiche?

Queste previsioni mancano di realismo sotto innumerevoli aspetti. Innanzitutto, non tengono conto né del costo né della fattibilità di certe alternative, quali ad esempio il riscaldamento tramite termopompa. Inoltre, va ricordato che non esiste alcun obbligo di conversione degli impianti di riscaldamento: gli inquilini dipendono dunque dalle scelte del proprietario dell’immobile, che – al netto dei vari incentivi previsti – potrebbe semplicemente decidere di mantenere l’attuale vettore di riscaldamento, riversando i costi supplementari sugli affitti.

In materia di trasporto non va dimenticata l’oggettiva impossibilità, per molte persone di estrazione popolare, di rinunciare all’uso dell’automobile: gli abitanti delle regioni di montagna, delle zone periferiche mal servite dal trasporto pubblico, ma anche i lavoratori di svariati settori (come le cure o le consegne a domicilio), non hanno altra scelta che fare uso di un veicolo privato. Veicolo che peraltro è solitamente di seconda mano ed a benzina, mentre l’auto elettrica si trova ancora in una categoria di prezzo difficilmente accessibile. Senza contare che i trasporti pubblici, finché continueranno ad avere tariffe proibitive, non costituiscono una reale alternativa all’automobile.

L’automobile è purtroppo ancora irrinunciabile per numerose/i lavoratrici e lavoratori.

Inoltre, si evita accuratamente di menzionare come numerosi cittadini stranieri ricorrano al trasporto aereo per ritornare nei propri paesi d’origine e far visita ai parenti. Non si tratta certo di criminali o nemici dell’ambiente, al contrario degli azionisti delle grandi multinazionali – spesso con sede in Svizzera – che deforestano l’Amazzonia o investono decine di milioni nelle energie fossili. Eppure è su di loro che graverà il peso della transizione ecologica.

La redistribuzione non fa che mascherare l’aumento dei premi

Va infine ricordato come il meccanismo di redistribuzione dei proventi delle eco-tasse (una parte dei quali viene ancora riversata alle aziende, indipendentemente dalla loro impronta ecologica) attraverso le casse malati sia di dubbia efficacia. Tale meccanismo è già in vigore da una decina d’anni (nel 2020 ogni cittadino ha “ricevuto” poco meno di 80 CHF tramite questa redistribuzione: vedi qui), eppure il potere d’acquisto delle fasce popolari non è certo aumentato. Questo perché la redistribuzione dei proventi della tassa sul CO2 non ha potuto far altro che mitigare – in minima parte – l’aumento dei premi di cassa malati, causato soprattutto dalla privatizzazione del sistema sanitario elvetico. Nonostante, a partire dal 2010, la popolazione abbia ricevuto degli importi crescenti da tale meccanismo di redistribuzione, l’aumento dei premi di cassa malati ha infatti inciso in modo negativo sul reddito disponibile (vedi qui). In definitiva, tale meccanismo non è  una vera redistribuzione di un reddito fruibile, bensì un maldestro tentativo di mascherare problemi di ben altra natura, come appunto l’aumento dei costi della medicina.

Una legge antisociale che colpirà le fasce popolari

Possiamo dunque concludere che la nuova legge sul CO2, a differenza di quanto affermano i suoi sostenitori, avrà un impatto per nulla trascurabile sul reddito delle fasce popolari. Esse saranno impossibilitate ad adottare modelli di consumo più ecologici, e non riusciranno a beneficiare in modo tangibile della redistribuzione dei proventi delle eco-tasse. Le fasce sociali più benestanti invece potranno senza dubbio permettersi di modificare il proprio impatto ecologico con soluzioni rese vantaggiose dalla nuova legge, giungendo addirittura a registrare un netto beneficio qualora adottassero dei modelli di consumo “virtuosi”. A differenza di quanto afferma la Sonntagszeitung, la nuova legge sul CO2 avvantaggia i ricchi e colpisce inequivocabilmente le fasce popolari, su cui viene addossato il peso della transizione ecologica. Una transizione il cui esito è peraltro piuttosto dubbio.