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I comunisti criticano il “salutismo” della sinistra: abolito il divieto di vendita serale di alcol

Per la Legge ticinese sugli orari di apertura dei negozi, in vigore dal gennaio 2020, per quanto accolta in votazione popolare, gli intoppi non mancano. Al di là dei ricorsi ancora pendenti al Tribunale federale (di cui uno promosso dal sindacato UNIA), la nuova legge è stata oggetto di attenzione anche da parte dei deputati Fabio Käppeli (Partito Liberale-Radicale) e Andrea Censi (Lega dei Ticinesi). I parlamentari hanno depositato infatti un’iniziativa per abrogare le disposizioni che vietano la vendita di alcolici dopo le 19 nei giorni feriali (le 21 il giovedì, le 18.30 il sabato) e dopo le 18 durante le domeniche e i giorni festivi. Una misura che riguarda i negozi delle pompe di benzina, i piccolo chioschi, quelli dei camping, oltre che le bancarelle durante le manifestazioni popolari, culturali e sportive. Un divieto “inutile” secondo Censi e Käppeli, oltre che non compreso dalla cittadinanza.

Andrea Censi (Lega) e Fabio Käppeli (PLR), promotori dell’iniziativa anti-divieto.

Un strano divieto inserito in una legge che regola altro

Questo divieto dal tenore salutista, inserito in una legge che in sé parla d’altro, non risulta affrontato nei dibattiti parlamentari dell’epoca e nemmeno dalle prese di posizione dei partiti nell’ambito della campagna precedente la votazione. Sembra quindi inserito a dispetto, quasi per far felice l’ex-procuratore pubblico Antonio Perugini, esponente del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione e noto in passato per le sue crociate contro la canapa. In effetti Perugini dirigeva nel 2008 uno speciale gruppo di lavoro chiamato “Gruppo Operativo giovani, violenza ed educazione” (composto da magistrati, ufficiali dell’esercito e qualche ragazzo di buona famiglia non eletto da nessuno) fortemente voluto dal Consigliere di Stato (naturalmente PPD) Luigi Pedrazzini dopo l’omicidio occorso ai danni di Damiano Tamagni durante il carnevale di Locarno. Inutile dire che questo gruppo operativo propose varie misure dal sapore proibizionista, fra cui questo divieto di vendita di alcolici oltre al famigerato coprifuoco per i minorenni che fece tanto discutere a suo tempo. In un documento firmato dall’allora coordinatore del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) Giulio Micheli, ci si domandava se con la scusa della lotta agli abusi “vogliamo creare dei mondi ovattati in cui far crescere i ragazzi? Come sempre – continuava il SISA 13 anni fa – “si vuole agire sugli effetti e non sulle cause, si vuole cercare di curare malattie che dovrebbero essere prevenute. Invece che dare più diritti alla gioventù, i cui eccessi andrebbero anche analizzati in modo ben più globale, se ne vuole dare di maggiori all’apparato di repressione sociale del nostro paese!”. Insomma non è così che si responsabilizzano le nuove generazioni…

Giulio Micheli, già coordinatore del SISA, aveva criticato il proibizionismo democristiano.

I cattolici con la sinistra, i comunisti con la destra

In aula la sinistra, capitanata dal presidente del Partito Socialista Fabrizio Sirica, in tutte le sue sfaccettature, da quella ecologista a quella trotzkista, ha fatto quadrato con i democristiani guidati da Fiorenzo Dadò a favore del divieto. Unica voce fuori dal coro quella di Massimiliano Ay che ha ribadito il rifiuto del Partito Comunista alle pratiche proibizioniste imperanti a sinistra: chi anni fa nel movimento socialista autonomo sosteneva una prassi libertaria, oggi è finito a difendere una linea moralista e “didascalica”. Non sono mancati momenti di tensione quando da parte cattolica si sono fatti riferimenti ai bambini: il Partito Comunista ha protestato con queste dichiarazioni volte solo a indignare il pubblico: il divieto di vendere alcolici a minorenni infatti non veniva affatto messo in discussione, il parlamento discuteva infatti solo della vendita di alcolici agli adulti.

Il proibizionismo non serve!”

Nel suo discorso il deputato comunista, prima di annunciare il voto suo e della sua collega Lea Ferrari per il rapporto di maggioranza elaborato dal presidente del PLR Alessandro Speziali, ha criticato proprio i liberali e i leghisti non solo perché “è illusorio pensare a un rilancio economico partendo da qualche birra venduta in più alla sera”, ma anche perché in realtà troppo attenti solo al dato commerciale: “fra chi oggi vota come me ci sarà anche chi si oppone a qualsiasi intervento incisivo di prevenzione primaria, secondaria e sociale sulle problematiche connesse al consumo di bevande alcoliche” ha contestato Ay, che comunque ha concluso: “il dato politico che conta è però che non condividiamo l’attuale divieto”.

In parlamento, il deputato comunista Massimiliano Ay si è espresso contro il divieto.

Il Partito Comunista, aprendo la discussione nel suo Comitato Centrale, aveva stabilito che “questo genere di divieti, alla lunga, non solo non risolve i problemi delle dipendenze che, al contrario, vanno risolti alla radice; ma rischia proprio di fare quello che nessuno vuole, e cioè banalizzare il tema: non riteniamo infatti che, sul medio-lungo termine, il divieto possa avere un effetto benefico sull’approccio dei giovani all’alcol. E illudere la popolazione che con questo divieto possa strutturalmente cambiare qualcosa, come comunisti, non ce la sentiamo di farlo”. Al contrario: “il problema del disagio giovanile e delle dipendenze non lo affrontiamo con questa politica orientata al proibizionismo, ma con un approccio totalmente diverso” ha chiosato il granconsigliere del PC che ha pure rilevato in aula: “le alternative, se qualcuno vuole abusare degli alcolici, sono tutt’altro che rare, a partire dai mix a base di sciroppo per la tosse, che consideriamo di gran lunga peggiori dei fermentati”! Alla fine il parlamento ha deciso abrogando il divieto.