In occasione del voto sul credito per il finanziamento degli oneri di progettazione e l’affinamento del Polo Sportivo (PSE), avvenuto durante la seduta di Consiglio comunale del 2 giugno 2020, dopo un’attenta ponderazione del progetto avevo deciso di astenermi. In buona sostanza, questa scelta è stata una sintesi tra due opposte tendenze: da una parte, il riconoscimento dell’importanza di un investimento pubblico inteso a realizzare, oltre alle necessarie infrastrutture sportive, anche un’ambiziosa riqualifica di un comparto strategico del Comune; dall’altra, una preoccupazione di fondo rispetto ai rischi intrinseci di un partenariato pubblico-privato (PPP), ormai suscettibile di creare un rapporto squilibrato a favore dell’investitore.
Già a quel momento, di conseguenza, non avevo mancato di sollevare interrogativi circa la sostenibilità di un auspicabile finanziamento dei contenuti sportivi interamente a carico del Comune. Del resto, ancora oggi non è stata completamente chiarita la sostanziale differenza tra la soluzione del leasing (e della locazione) offerta dal privato per la durata di 27 anni, comprendente una rata di ammortamento e una di remunerazione, e un finanziamento secondo metodologie convenzionali che potrebbe essere oltretutto rimborsabile su di un arco temporale superiore. Male si comprende in definitiva quanto sia vantaggioso un aumento della spesa di gestione corrente rispetto a una maggiore esposizione debitoria, considerato inoltre che nella seconda ipotesi non sarebbero imposti alla Città dei vincoli supplementari derivanti dal PPP.
Gettate queste doverose premesse, al momento siamo chiamati a esprimerci sull’accordo con gli investitori che, essendo innestato su un progetto consolidato, merita comunque un’analisi approfondita. Nel farlo ritengo che il fronte progressista debba smarcarsi anzitutto da coloro che, palesando un’eccessiva accondiscendenza nei confronti del Municipio, sembrano essere disposti a salvaguardare la presenza dell’FC Lugano in serie A, eppure a fare retrocedere in maniera inaccettabile gli interessi comunali nel contratto di PPP. Nel contempo, si rende necessario distanziarsi anche da quanti, seppure con legittime e comprensibili motivazioni, intendono respingere senza mezzi termini il PSE, rischiando di castrare una progettualità coraggiosa e in mancanza della quale il quartiere sarebbe lasciato nel futuro a uno sviluppo viepiù disorganico.
E’ in questo contesto che si inserisce l’approccio di opposizione propositiva del Partito Comunista, il quale non intende certo fungere da stampella alle mancanze delle maggioranze di centro-destra, ma neanche da veicolo di una contestazione declamatoria e inconcludente. Nell’ottica di salvaguardare le opere di valenza pubblica e l’interesse comunale nel contratto di PPP, s’impone pertanto la delicata ricerca dei più ampi margini di agibilità politica per cercare d’incidere fattivamente sullo sviluppo del PSE, nonostante le indesiderabili chiusure iniziali del Municipio.
L’affermazione diffusa secondo la quale, nel quadro del Messaggio municipale, non vi sarebbe alcuno spazio per intervenire sui contenuti e sulle modalità realizzative del progetto, a seguito degli approfondimenti svolti in sede commissionale appare tanto fallace quanto deresponsabilizzante. Infatti, anche senza apportare delle modifiche alle disposizioni contrattuali sarebbe possibile impegnare il Municipio all’attuazione d’iniziative concrete di sua competenza volte a migliorare il progetto, come pure a una negoziazione orientata dei numerosi contratti esecutivi che andranno a seguire l’accordo generale di PPP. Per intraprendere questa strada, sarà dunque necessaria l’accorta integrazione al dispositivo di voto di specifici emendamenti, oltre che naturalmente la volontà di recepirli anche da parte delle altre forze politiche. Nel dettaglio essi potrebbero e dovrebbero avanzare, senza la pretesa di affrontare la globalità delle criticità del PSE, come minimo le seguenti richieste a mio avviso prioritarie.
In primo luogo, la creazione di un ente regionale di gestione delle infrastrutture sportive che, cercando di coinvolgere i Comuni limitrofi a partire dai contenuti sportivi del PSE, possa limitare l’onere finanziario a carico della Città di Lugano, nonché arginare la prevista deriva privatistica della gestione dell’Arena Sportiva; secondariamente, la garanzia del rispetto di doveri d’esemplarità accresciuti in materia di responsabilità sociale e ambientale da parte degli investitori durante tutta la fase di realizzazione (limitando ad es. il ricorso al subappalto), accompagnata da un rafforzamento dell’organico comunale destinato al controllo dei cantieri da svolgersi sempre di concerto con i sindacati; in terzo luogo, la ricerca di un accordo per vincolare all’edificazione di alloggi a pigione moderata o di spazi di pubblica utilità almeno il 30% dei contenuti del PSE3, formalmente di competenza dell’investitore ma nei limiti del piano regolatore al quale il Municipio dovrà proporre di apportare, in caso di mancato accordo, un’apposita variante nel senso indicato; da ultimo, la riconversione in abitazioni primarie a prezzi accessibili in Via della Posta nel caso con diritto di superficie, nella prospettiva di favorire una rivitalizzazione del centro.
Alla luce di quanto esposto, qualora il Consiglio comunale non intendesse assecondare i diversi accorgimenti esposti, sono persuaso che ben difficilmente sarebbe allora giustificabile assumersi la responsabilità di approvare, almeno da sinistra, il PSE nei termini del contratto di PPP in questione.