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Basta scioperi del clima… ed è scissione fra i comunisti svedesi!

Dopo la discussione interna al Partito Comunista Tedesco, risoltisi in sede di Comitato Centrale con l’intervento del presidente del Partito, gli scioperi del clima sono uno dei motivi per cui nella regione di Malmö, in Svezia, si è appena scisso il locale Partito Comunista (KP). Non si tratta certamente dell’unico dei problemi, ma è sintomatico che il movimento lanciato da Greta Thunberg venga esplicitamente citato per spiegare l’acuirsi delle contraddizioni interne alla sinistra svedese.

Quasi la metà dei membri del Partito Comunista di Malmö si è infatti dimessa nelle scorse settimane con l’intenzione di fondare un nuovo partito operaio che rifiuti “l’allarmismo climatico” e che nel contempo non ponga troppa enfasi sui temi dei diritti dei gay e del multiculturalismo. Nils Littorin, uno degli scissionisti, spiega che la sinistra e gli stessi comunisti svedesi “non capiscono perché così tanti lavoratori non pensano che il multiculturalismo, il movimento LGBT e Greta Thunberg siano qualcosa di fantastico”. Anzi la sinistra accusa di “fascismo” quella classe operaia che dovrebbe invece promuovere. 

Un conflitto simile non è nuovo in Svezia. Esso si era già consumato nella sinistra del paese nordico nel 2013 quando il Vänsterpartiet, ovvero il Partito della Sinistra (di orientamento post-comunista e oggi eco-socialista) aveva espulso dalle sue fila un gruppo di giovani militanti diretti da Markus Allard, leader giovanile a Örebro (un comune di 150mila abitanti). Quest’ultimo non usa mezzi termini per condannare la sinistra: “la sinistra ha sostituito la sua classe sociale di riferimento: la classe operaia non è più al centro della sua politica. La nuova base di classe della sinistra è costituita principalmente da strati del ceto medio che tende a dipendere dall’ente pubblico” continua il 30enne. Effettivamente nei paesi nordici, dove il ruolo dello Stato è ancora piuttosto importante, il ceto medio resta fiorente e lo si nota pure nei flussi elettorali. E tuttavia è la classe operaia svedese ad abbandonare sempre di più la sinistra classica per cercare soluzioni nella destra nazionalista considerata “sociale”. “La maggior parte delle classi parassitarie di solito odiano chi le nutre. La sinistra odia la classe operaia” denuncia Allard contestando l’impostazione elitaria di certa sinistra che si occupa unicamente di diritti civili e non di diritti sociali, che ragiona di femminismo, vegetarianismo, gaypride e piste ciclabili dimenticandosi però i problemi della produzione, della ridistribuzione della ricchezza e dei diritti dei salariati, in un periodo in cui le misure di austerità imposte dall’Unione Europea, la medicina a due velocità e la precarietà sul posto di lavoro dovrebbe porle come priorità assolute.

Da qui Allard ha concepito il suo Örebropartiet (letteramente “Partito di Örebro”, su posizioni localiste) conquistando subito due seggi in consiglio comunale: si tratterebbe di “una nuova forza politica ideologicamente mista, in cui ex nemici possono formare nuove alleanze secondo le nuove contraddizioni politiche materiali e dove la rappresentanza della maggioranza della popolazione non è vista come un peccato, ma piuttosto come uno scopo, dove nessun suggerimento viene accolto con accuse di populismo”.

Tornando invece a Nils Littorin e alla scissione più recente, notiamo che alla base di tutto vi è anche qui la preoccupazione per il distacco fra la classe operaia e il fronte progressista. I lavoratori infatti votano a destra perché la sinistra giustifica in modo esasperato i flussi migratori, senza rendersi conto – spiega Littorin – che essi portano alla “competizione verso il basso dei salari” e alla “ghettizzazione delle comunità”, uno sviluppo che “va solo a beneficio delle maggiori aziende” e alla “mentalità dei clan” che alcune etnie portano nella società svedese. Anche il movimento per il clima è una ideologia “spinta giù nella gola delle persone” e il “culto” attorno all’attivista climatica Greta Thunberg è – sempre secondo Littorin – un’arma di distrazione di massa per evitare di tematizzare i problemi sociali reali: “la dignità umana riguarda principalmente il lavoro e l’assicurazione pensionistica, il che significa che non sei costretto a vivere con le briciole quando sei vecchio”. Non solo: per Littorin anche la sicurezza è un tema che a sinistra ci si scorda troppo spesso e spiega: “dobbiamo avere una sorveglianza permanente dei nostri confini per fermare le persone e le merci illegali: se l’UE si lamenta che staremmo violando la libera circolazione, rispondiamo che le armi illegali, la droga e i criminali non sono più i benvenuti in Svezia”

Il nuovo partito si pone come primo obiettivo l’entrata in consiglio comunale entro il 2022 e benché non sia ancora noto il nome, è già sicuro che la parola “comunista” non vi figurerà più: “nei partiti comunisti esiste la convinzione che una certa avanguardia debba guidare una classe operaia che non conosce i propri interessi, invece di chiedere alle persone ciò che vogliono”. Tuttavia “i principi formulati da Marx, si possono ancora applicare” ha concluso Littorin. Non è dato a sapere per ora se fra Littorin e Allard si potranno in futuro vedere convergenze, di certo è che queste realtà di contestazione rimanendo rinchiuse nel contesto comunale risulta ben difficile che che possano emergere sul piano nazionale. 

Vi è peraltro qualcosa che non torna di tutta questa vicenda. Il fatto cioè che il KP svedese non si può certamente annoverare fra i partiti più inclini alle mode della società post-moderna. Per intenderci non siamo di fronte a un Partito riformista che si lascia dettare l’agenda dai movimenti e dai media, al contrario si tratta di un’organizzazione disciplinata di militanti marxisti-leninisti che sanno limitare l’esibizionismo di alcune frange più movimentiste e che distinguono la solidarietà internazionalista dal cosmopolitismo borghese e dal globalismo. Lo stesso ambientalismo è tutelato come forma del conflitto sociale, non certo con attitudine radical-chic: insomma il KP svedese è l’ultimo dei partiti da cui ci si poteva aspettare una tale scissione. Yngve Berlin, dirigente comunista svedese infatti accusa Littorin di essere semplicemente un individualista che si inventa scuse per giustificare il suo divorzio da un Partito, il KP appunto, che non è affetto dal parlamentarismo e dal localismo cui invece sembrerebbe permeato il dirigente scissionista. A dimostrazione di ciò Berlin adduce l’aumento dei consensi per i comunisti proprio nel comune di cui Littorin è originario.