Il sindacalismo non è mai apolitico. I ferrovieri tedeschi lo dimostrano.

EVG sta per Eisenbahn- und Verkehrsgewerkschaft ed è la sigla che identifica l’importante sindacato che riunisce i ferrovieri e il personale dei trasporti in Germania. Uno dei suoi esponenti, il ferroviere socialdemocratico Lorenz Breunig, venne assassinato dai nazisti il 15 febbraio 1945, e da allora la sua memoria caratterizza l’identità storica di questo sindacato.

Alcuni mesi fa l’EVG ha deciso – con un certo scalpore – l’incompatibilità dell’adesione contemporanea al sindacato e al partito della destra populista “Alternative für Deutschland” (AfD). Una decisione non solo forte ma anche rara nel contesto sindacale tedesco, notoriamente molto unitario e inter-partitico: di fatto il sindacato dei ferrovieri mette alla berlina un preciso partito politico che partecipa alla vita democratica del Paese e che gode, peraltro, di un certo sostegno pure fra la classe operaia tedesca.

Nel solco di questa decisione la Direzione nazionale dell’EVG ha espulso dal sindacato due esponenti dell’AfD proprio con l’accusa di aderire a un partito nemico. Il sindacato al riguardo è in sé coerente:già in passato aveva sanzionato ed allontanato dalle sue fila alcuni ferrovieri accusati di aver preso parte ad attività neo-fascista. E tuttavia non è facile certificare che AfD, per quanto nazionalista, sia propriamente un partito eversivo e addirittura fascista, tanto è vero che la scelta di EVG è stata posta sotto osservazione dalla stessa Unione Sindacale Tedesca (DGB), l’organizzazione mantello dei principali sindacati tedeschi, timorosa per le eventuali implicazioni giuridiche che ciò potrebbe determinare.

Il tema è controverso anche perché in passato questo divieto di sindacalizzazione era toccato ai comunisti per la loro attività rivoluzionaria osteggiata dai leader sindacali riformisti in accordo con il padronato, e questo non solo in Germania ma anche in Svizzera. EVG ha però giustificato questa linea intransigente, giocando non tanto sul partito in sé, quanto piuttosto sui valori sindacali espressi nel proprio statuto e nel proprio programma, che AfD non rispetterebbe. Mentre, ad esempio, il sindacato lotta per il trasporto pubblico, AfD promuove il traffico automobilistico privato; mentre EVG chiede l’età pensionabile a 63 anni, AfD vuole invece innalzarla proporzionalmente all’aspettativa media di vita, ecc.

Non siamo a conoscenza di situazioni analoghe in Svizzera, dove capita spesso che elettori di destra e di sinistra siano organizzati nei medesimi sindacati di categoria. Se l’espulsione naturalmente scatta in caso di conclamata appartenenza ad organizzazioni illegali e, in quanto tali, già punite dalla legge, come gruppi criminali o movimenti violenti e nazifascisti, è più complicato trovare lavoratori che vengono espulsi per generiche opinioni politiche o per aderire a partiti istituzionali.

Certo è che ogni sindacato dispone di un impianto ideologico e di valori cui sottostare: per fare alcuni esempi nella realtà cantonale del Ticino il sindacato OCST “si ispira all’etica ed all’insegnamento sociale cristiani” e politicamente si orienta attraverso il Partito Popolare Democratico (PPD); i Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT) – notoriamente legati al Partito Liberale Radicale (PLR) – “difendono i principi della democrazia e del federalismo” e non a caso negli statuti si fa esplicito riferimento all’interclassismo e al rifiuto del conflitto sociale, poiché i SIT “ritengono d’interesse fondamentale per il Paese favorire la collaborazione fra tutti i ceti della popolazione e la pace del lavoro“. L’esatto opposto di quanto dice invece il SISA che, seguendo i principi della lotta di classe, si dichiara statutariamente di “ispirazione anti-imperialista ed egualitarista” ponendosi “nell’ottica della trasformazione sociale”. Molto più moderato il sindacato dei servizi pubblici VPOD, legato al Partito Socialista (PS), che si limita a porsi l’obiettivo di “un mondo del lavoro senza sfruttamento”, mentre UNIA, socialista anch’esso ma attraversato da correnti più radicali (come trotzkisti e maoisti), è più esplicito affermando di aspirare “ad una società incentrata sulle esigenze delle persone e non più sul capitale”.

Il dato interessante sarebbe analizzare quanto però le opinioni politiche individuali discordanti possano emergere. In sé tutti i sindacati, per quanto concerne le sanzioni, restano vaghi, utilizzando formulazioni tipiche in tutte le associazioni svizzere, limitandosi cioè a citare l’esigenza di rispettare gli statuti. Il SISA è probabilmente il più trasparente fra tutti: infatti, oltre a chiarire l’eventualità di un’espulsione nel caso di “infrazioni contro le decisioni politico-sindacali”, spiega chiaramente anche come avviene la procedura decisionale: essendo “un sindacato unitario” che non ammette “attività di corrente” nel SISA “terminata la discussione e presa democraticamente una decisione, questa risulta vincolante per tutti gli organi e i membri”. UNIA invece spiega che difende i diritti di tutti i lavoratori “senza distinzione di sesso, posizione sociale, provenienza, lingua ed età” ma non fa alcun cenno esplicito alle idee politiche e alle convinzioni filosofiche, lasciando presumere che se esse dovessero collidere con la linea sindacale eventuali sanzioni potrebbero anche scattare.