Con un messaggio unico il Consiglio di Stato del Canton Ticino ha risposto a due mozioni, una delle quali risalente addirittura al 2011, relative al piano di intervento in caso di arresto cardiaco. La richiesta principale era di rendere obbligatorio il corso per la rianimazione BLS/DAE durante l’ultima classe della scuola media. Una proposta lodevole a detta di tutti, tanto che già oggi viene offerta in quasi tutte le sedi di scuola media, benché non sia imposta dal Dipartimento dell’Educazione della Cultura e dello Sport (DECS). Risulta infatti che su 36 scuole medie, solo 3 di esse non hanno colto l’opportunità di offrirlo e 2 sedi lo scelgono solo talvolta.
Il Ticino è messo bene, ma perché non fare di più?
Si può quindi dire che oltre l’80% degli allievi della scuola dell’obbligo la finiscono con alle spalle questa competenza sanitaria. “L’arresto cardiaco improvviso è una situazione clinica particolarmente grave che in Ticino colpisce ogni anno circa 250-300 persone” – riconoscono i deputati Gina La Mantia (Partito Socialista) e Lorenzo Jelmini (Partito Popolare Democratico) relatori di maggioranza della Commissione Sanità e Sicurezza Sociale del Gran Consiglio. Ciononostante, fortunatamente, il Canton Ticino risulta essere – stando al rapporto della Fondazione Ticino Cuore – “la regione con il più alto tasso di sopravvivenza mondiale a seguito di arresto cardiaco improvviso”, anche perché quasi il 21% della popolazione residente è potenzialmente capace di intraprendere una rianimazione.
Lasciamo libere le singoli scuole medie di decidere…
La Fonazione Ticino Cuore continua a offrire i corsi BLS/DAE alle sedi scolastiche che intendono proporre questo tipo di formazione attingendo al proprio credito di istituto, visto che dopo una prima fase di sperimentazione il governo ticinese ha spiegato che le risorse necessarie non sarebbero più disponibili. Inoltre sempre il Consiglio di Stato ritiene poco ragionevole imporre questa attività formativa a tutte le quarte medie del Cantone, anche perché le competenze dopo il corso diminuiscono progressivamente e la disponibilità degli allievi a frequentare corsi di aggiornamento sarebbe solo tra il 25 e il 50%. La maggioranza commissionale ha voluto seguire il governo in questa valutazione e ha preferito così che il tutto restasse una libera scelte delle singole sedi scolastiche. Diversa l’opinione della minoranza della medesima commissione, cioè i deputati Maurizio Agustoni (PPD) e Tiziano Galeazzi (UDC), che ne pretendevano l’obbligatorietà, ritenendo quest’ultima percentuale piuttosto elevata e da incentivare.
Insegnamento … “à la carte”?
Il ministro Manuele Bertoli (PS), audizionato dalla Commissione prima di arrivare in aula, si è detto contrario a “interferire nell’autonomia scolastica delle sedi” e preoccupato di “creare il precedente di riconoscere che gli allievi abbiano un diritto soggettivo ad avere a disposizione un’opzione che nella loro scuola non è stata scelta nel contesto dell’uso del credito d’istituto”. La palla è quindi passata al parlamento dove se ne sono sentite di tutti i colori. Il deputato liberale-radicale Alex Gianella ha spiegato il suo voto a favore dello status quo in questi termini: “Il Partito Liberale Radicale non vuole imporre nulla dall’alto” anche perché questo corso “appesantisce la griglia scolastica”. Il democristiano Lorenzo Jelmini ha chiesto di non cambiare nulla perché è compatibile con la “sussidiarietà” (una bella parola per sottolineare in politichese il ruolo dei privati nella scuola). La socialista Gina La Mantia ha difeso “l’autonomia di sede” che solitamente la sinistra contesta nel nome della parità di trattamento degli allievi, suscitando immediatamente il plauso del rappresentante dell’UDC Paolo Pamini che tutto felice ha sottolineato come finalmente adesso che anche la sinistra – tranne il Partito Comunista – sostiene l’autonomia di istituto potremo avanzare altre riforme della stessa, ovviamente in senso neo-liberista. Per non parlare dell’ecologista Marco Noi che ha ritenuto che, prima di obbligare a insegnare a salvare una vita, bisognerebbe lavorare sulla …prevenzione (e quindi imparare a mangiare sano).
I comunisti tagliano corto: “l’autonomia di sede è neoliberismo”
Il Partito Comunista ha preso posizione per ultimo nel dibattito con una dichiarazione telegrafica del deputato Massimiliano Ay che ha spiegato come non avesse senso parlare di sovraccarico di lavoro, visto che il corso esiste già in tutte le scuole tranne in tre sedi. Ha inoltre ricordato la contrarietà dei i comunisti all’autonomia di sede: se un insegnamento è utile, esso va allora impartito a tutti senza distinzione. Una posizione che ricalca quella già assunta in passato dal Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), da tempo preoccupato per la tendenza al decentramento decisionale che rischia di alimentare la creazione di un vero e proprio “mercato dell’istruzione”, a danno delle classi popolari e del mandato educativo universale della scuola pubblica. “E’ una questione di uguaglianza e di diritto allo studio” ha chiosato Ay, preannunciando il proprio voto in sostegno al rapporto di minoranza.