Fra le «vittime» del blocco delle attività produttive dettato dalla pandemia in corso non vi sono solamente i lavoratori licenziati dai colossi AGIE e Mikron che tanto hanno fatto discutere il Canton Ticino nei giorni scorsi, e nemmeno i soli titolari di piccole imprese: anche gli studenti non se la passano bene. Già il 2 aprile scorso il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) aveva in effetti tirato il campanello d’allarme chiedendo esplicitamente al Consiglio di Stato ticinese un intervento a loro favore.
Lanciata una petizione al governo
E’ passato un mese e la situazione è rimasta però immobile. Il coordinatore del SISA, Zeno Casella, protesta: “non è stata messa in atto ancora nessuna iniziativa di carattere economico per sostenere gli studenti e le loro famiglie”. Casella continua ricordando come lo Stato abbia giustamente già messo a disposizione di diverse categorie della popolazione degli aiuti mirati, ma denuncia: “gli studenti sono stati dimenticati”! Ecco quindi che, per “assicurarsi che nessuno studente debba rinunciare ai propri studi a causa delle ristrettezze economiche” provocate dalla crisi sanitaria, il SISA ha deciso di lanciare una petizione (rigorosamente on-line su questo sito) all’attenzione del governo cantonale.
Persi i “lavoretti” per mantenersi agli studi
La questione non è di secondaria importanza, ricorda l’altro coordinatore del SISA, Rudi Alves: “i ¾ degli studenti universitari sono costretti a lavorare à côté degli studi per riuscire a far fronte a tutte le proprie spese”. Affitto, cibo, cassa malati, abbonamenti internet (quanto mai necessari oggi per le lezioni in videoconferenza) non sono certi vizi a cui si può rinunciare. “A causa però del lockdown mentre la loro attività lavorativa cessava – continua Alves – le spese da affrontare sono rimaste le medesime, nonostante spesso, come è il caso per le rette universitarie, molti dei servizi per cui hanno pagato sono stati limitati o sospesi”. Il SISA a tal proposito aveva chiesto perlomeno il parziale rimborso della retta semestrale.
Il Partito Comunista interviene in Gran Consiglio
Se il sindacato studentesco è intervenuto con una petizione, sul piano parlamentare si sono mossi i due deputati del Partito Comunista: Massimiliano Ay e Lea Ferrari hanno infatti depositato una mozione che chiede sostanzialmente due cose. Da un lato l’introduzione di aiuti finanziari straordinari per gli studenti che possono dimostrare di aver perso la propria occupazione o un calo del reddito dei genitori o degli affidatari e in secondo luogo il condono di tutto il debito studentesco maturato a beneficio dello Stato, rinunciando a pretendere dagli studenti il rimborso dei prestiti e dei relativi interessi. Le motivazioni sono simili a quelle indicate dal sindacato: “il 75% degli studenti universitari in Svizzera – rileva il Partito Comunista – svolge una professione lavorativa a fianco del proprio percorso formativo, spesso e volentieri in settori toccati dal lockdown imposto dalle autorità (come ad esempio quello della ristorazione). Numerosi studenti hanno dunque perso una parte importante del proprio reddito, mentre ai propri genitori potrebbe essere accaduto lo stesso: inutile dire che i calcoli sul reddito realizzati mesi fa per stabilire l’accesso ad una borsa di studio non sono ormai più corrispondenti alla realtà”. Non solo chi è ancora sui banchi, ma anche numerosi neo-laureati rischiano però di trovarsi in difficoltà: “il sistema di frazionamento delle borse di studio vigente in Ticino costringe infatti gli studenti di master a restituire allo Stato un terzo della somma ricevuta al termine dei propri studi, ricorda ancora il Partito Comunista nel suo atto parlamentare. “Numerosi di loro saranno impossibilitati a restituire tale cifra e, anzi, rischiano di vedere accresciuta la propria instabilità economica poiché già gravati da un simile debito prima ancora dello scoppio della crisi!”
Anche i liceali vanno tutelati
Non è però solo il portafoglio degli studenti universitari ad essere toccato: i liceali che hanno dovuto annullare le proprie gite di maturità non hanno ancora ricevuto nessun rimborso, così come gli studenti o gli apprendisti titolari di un abbonamento per il trasporto pubblico reso inutile dalla quarantena. “Un rimborso di queste spese non solo sarebbe corretto visto che ad esse non è corrisposto un servizio, ma darebbe anche una boccata d’aria alle famiglie ticinesi toccate dalla riduzione del proprio reddito o in certi casi addirittura da un licenziamento” conclude nuovamente il SISA.