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Il crollo della diga di Novaja Kachovka: che cosa sappiamo?

Il colpevole di questa catastrofe annunciata era già deciso. I media mainstream non hanno perso tempo ad incolpare la Russia e Vladimir Putin, mentre le motivazioni di questo gesto andrebbero ricercate nella sua intrinseca malvagità. Putin è stato trasformato dal giornalismo liberal-atlantista in un cattivo da cinecomic, impegnato a perpetuare il male per il puro gusto di farlo, utilizzato ormai come un jolly utile a fornire al grande pubblico la stessa spiegazione facile ad ogni problema difficile.

Non è da escludere che il tribunale dell’Aja inizierà presto un altro procedimento per crimini di guerra, aggravato in questo caso dalla catastrofe ecologica, punto che certamente coglierà l’interesse dell’ambiente politico verde-atlantista. Greta Thunberg, ad esempio, ha già incolpato la Russia di “ecocidio” (ma stranamente non ha avuto nulla da dire sugli attacchi ai gasdotti Nord Stream).

Mentre si cerca di capire chi sia l’artefice dell’esplosione che ha distrutto la diga, provocando l’allagamento e lo sfollamento di decine di migliaia di persone, bisogna tuttavia lasciare spazio all’ipotesi che una detonazione non sia avvenuta affatto.

La diga di Novaja Kachovka era già stata gravemente danneggiata dai bombardamenti ucraini nel corso dell’ultimo anno. Essa infatti costituiva anche una via di comunicazione per le truppe russe che si spostavano da una riva all’altra dello Dnepr, e perciò venne ripetutamente bersagliata dalle forze di Kiev. Ciò è facilmente dimostrabile visto che gli ucraini se ne vantarono pubblicamente nei media. Addirittura, come riporta un articolo del Washington Post  del 29 dicembre 2022, il generale ucraino Kovalchuk ha ammesso di aver bersagliato la diga con i sistemi missilistici americani HIMARS. Non solo: il generale ammette esplicitamente di aver considerato la distruzione della diga per infrangere le comunicazioni tra le truppe russe sulle due sponde del fiume. Tuttavia il 9 novembre 2022 l’esercito russo annunciò il suo ritiro dalla riva destra e il piano divenne inattuale. Fino ad oggi.

Il villaggio di Aleshki sommerso dalle acque del Dnepr.

Per capire la dinamica dell’incidente ci viene in aiuto un articolo della testata svizzera Neue Zürcher Zeitung, il quale, a fronte della consueta faziosità del giornalismo mainstream, fornisce delle informazioni interessanti. L’ipotesi che la diga sia stata fatta saltare sarebbe da escludere, siccome non sono state osservate esplosioni nell’area. Le immagini satellitari invece indicano che la struttura aveva iniziato a collassare già nei giorni precedenti e ciò sembra dovuto al livello troppo alto del lago-serbatoio.

Di tutto ciò la Neue Zürcher Zeitung riesce ugualmente a incolpare la Russia, la quale, controllando la centrale idroelettrica, sarebbe rea di negligenza per non aver regolato il livello dell’acqua aprendo le paratie. Ma la NZZ evita di informare i suoi lettori che la diga era già stata gravemente danneggiata dagli attacchi ucraini. Come leggiamo nell’articolo del Washington Post, il generale Kovalchuk dichiara di aver bersagliato proprio le paratie, che quindi con ogni probabilità si trovavano fuori uso!

Ma se, come appare probabile, la regolazione del livello dell’acqua era al di fuori del controllo dei russi, di certo non lo era per gli ucraini. La centrale idroelettrica di Novaja Kachovka è solo l’ultima in una cascata di sei dighe costruite sullo Dnepr ancora in epoca sovietica. Insomma, Kiev controlla l’intero flusso d’acqua a monte della diga distrutta, il che vuol dire che gli ucraini  avrebbero potuto aumentare artificialmente il livello dell’acqua.

La NZZ dichiara che “gli ucraini non avevano né l’interesse né i mezzi” per distruggere la diga. Ma abbiamo appena spiegato di quali mezzi disponesse l’Ucraina, mentre ora vedremo quali possono essere i suoi motivi.

Campi minati ormai sommersi.

Innanzitutto bisogna specificare che la riva sinistra dello Dnepr, dove sono attestate le forze russe, è notevolmente più bassa di quella destra, in mano agli ucraini. Ciò significa che l’inondazione ha sommerso proprio le fortificazioni dell’esercito russo, che ha dovuto ritirarsi su nuove posizioni. I campi minati allestiti dai russi sulla riva ora si trovano sotto metri d’acqua e non costituiscono più un pericolo per un potenziale sbarco ucraino.

In secondo luogo, è proprio dal lago che alimentava la centrale idroelettrica di Novaja Kachovka che parte il Canale della Crimea settentrionale. Dopo la riunificazione della Crimea con la Russia, nel 2014, l’Ucraina aveva interrotto il flusso d’acqua condannando la penisola ad anni di siccità. La Crimea stava andando incontro alla catastrofe ecologica, finché l’intervento militare russo dello scorso anno non ha sbloccato il canale e l’acqua ha ripreso a fluire verso la penisola. Ora, con la distruzione della diga, il livello dell’acqua del lago è destinato a calare repentinamente, cosa che minaccia di prosciugare il canale e condannare nuovamente la Crimea alla siccità.

Infine, il prosciugamento del lago mette a repentaglio anche il sistema di raffreddamento della Centrale atomica di Energodar, controllata dai russi. In questo modo gli ucraini ottengono una forte leva con cui fare pressione su Mosca: sarebbe infatti Kiev a regolare il livello dell’acqua (e dunque l’approvvigionamento idrico della centrale), come si è detto prima, attraverso la cascata di dighe a monte. Una leva che indubbiamente utilizzerà, minacciando la catastrofe nucleare se Mosca non si piega alle sue richieste.

Indubbiamente la tragedia umana è di proporzioni enormi, e anche i danni all’agricoltura della regione, per gli anni a venire, saranno incalcolabili. Tuttavia il governo di Kiev si è dimostrato più volte disposto a simili sacrifici pur di ottenere un vantaggio sul campo di battaglia. Sarebbe ora di capire che il regime di Zelenskij è di fatto un’amministrazione coloniale senza alcuna sovranità e perciò considera la popolazione locale, soprattutto se russofona come nella regione di Kherson, unicamente come una risorsa da sfruttare a piacimento per ostacolare i russi e vincere la guerra. Ciò ricorda i primi mesi del conflitto, quando l’esercito ucraino prendeva in ostaggio la popolazione di intere città, impedendo l’evacuazione e giungendo a sparare sui civili in fuga (come successo a Mariupol’). 

Certamente tali considerazioni non tangono il giornalismo mercenario di casa nostra, ma c’è poco da stupirsi. Negli scorsi mesi ne abbiamo sentite di tutti i colori: non solo sarebbe la Russia a bombardare la centrale nucleare di Energodar, che essa stessa controlla, ma in qualche modo sempre la Russia avrebbe avuto interesse a sabotare i propri stessi gasdotti nel mar Baltico…

Ad ogni modo, nonostante la tesi del sabotaggio con esplosivi sembri insostanziale, abbiamo appurato che l’Ucraina aveva ugualmente sia i mezzi che i motivi per distruggere la diga. Anche il tempismo appare piuttosto sospetto, considerando che proprio in questi giorni l’Ucraina ha infine lanciato la sua a lungo attesa offensiva. E se questa guerra ci ha insegnato qualcosa, è meglio non credere alle coincidenze.

Nil Malyguine

Nil Malyguine, classe 1997, è laureato in storia all'Università di Padova. Si occupa in particolare di storia della Russia e dell'Unione Sovietica. È membro del Comitato Centrale del Partito Comunista.