Mentre in Svizzera e in larga parte dei paesi Unione Europea (UE) si sono sentite per mesi le campane “bipartisan”, con i nostrani socialisti in testa (vedi questo articolo), a favore della presunta detenuta politica Yulia Timoschenko, leader della destra neo-liberista e filo-americana dell’Ucraina, la popolazione dell’ex-paese sovietico ha optato per mantenere al potere il Partito delle Regioni guidato dal presidente Viktor Yanukovich, dipinto dalla stampa occidentale come un tiranno (e sinceramente non avevamo dubbi che questa etichetta sarebbe stata affibbiata anche a lui, come a tutti coloro che non ubbidiscono all’UE e agli USA). Quella del presidente della Repubblica è una formazione politica genericamente di centro, che riunisce i settori patriottici filo-russi della popolazione ucraina con settori della piccola borghesia nazionale e che guarda con maggiore simpatia verso Mosca che non verso Bruxelles. Yanukovich si è distinto per aver sospeso, fre le altre cose, il processo di avvicinamento del paese alla NATO.
Sconfitti gli amici degli USA (…e del PS)

I neo-liberisti dell’Unione di Tutta l’Ucraina – “Patria”, della beniamina dell’Unione Europea, degli USA e delle multinazionali, Yulia Timoschenko, incomprensibilmente amica del Partito Socialista Svizzero (PSS) e della sinistra (forse un po’ confusa) europea, attualmente in carcere per malversazione e corruzione, ha totalizzato il 25% dei suffragi, crollando dal 45% che aveva ottenuto nel 2007 alleandosi con Viktor Yuschenko, il leader della cosiddetta “rivoluzione arancione” eterodiretta da Washington in funzione anti-Putin. “Patria” si afferman però praticamente solo nelle regioni occidentali del paese. Crescono invece in modo estremamente preoccupante i fascisti: l’Unione Nazionale Ucraina – “Libertà” da gruppuscolo marginale è raggiunto infatti il 10% dei consensi, entrando in parlamento pur scandalizzando l’opinione pubblica avendo pubblicamente esaltato la figura di Stepan Bandera, un collaborazionista dei nazisti.
I “vetero-comunisti” entrano trionfatori a Kiev

In molte regioni del paese, al secondo posto, si registra con sorpresa il Partito Comunista Ucraino (PCU) guidato da Piotr Simonenko, stretto alleato del partito di governo, che ha fatto dell’anti-europeismo un punto centrale della sua linea politica. Quest’ultimo partito compie un exploit impressionante, passando da circa il 5,4% delle ultime consultazioni al 13,25% di oggi, dopo lo spoglio del 95% dei seggi. La stampa europea ha accolto malissimo questo risultato e all’unisono l’aggettivo per descrivere l’organizzazione di Simonenko è quello di “vetero-comunisti”: non è un mistero che il PCU, a differenza di molti altri partiti di ispirazione marxista occidentali, continua a rivendicare Lenin e la Rivoluzione bolscevica come proprio riferimento non solo storico, ma anche attuale. Il programma dei comunisti è inoltre di quelli che fanno accapponare la pelle agli oligarchi ucraini e ai loro partner europei (quelli che naturalmente si riempiono la bocca di “democrazia” e “diritti umani”): nazionalizzazione delle aziende strategiche, repressione totale alla corruzione e agli oligarchi, rilancio del settore primario con espropri ai latifondisti e ridistribuzione delle terre ai piccoli agricoltori, ripristino del russo come seconda lingua nazionale, rifiuto di ogni dialogo con la NATO e l’UE, e al contrario adesione dell’Ucraina all’Unione doganale fra Russia-Bielorussia-Kazakistan. Tutte proposte coerenti con un discorso di sinistra e anti-imperialista, con una sola nota dolente, almeno per noi: la volontà di ripristinare la pena di morte per i reati più gravi. Il PCU è strettamente legato al Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) e al suo segretario Gennadj Zyuganov e opera apertamente per un coordinamento fra le nazioni in precedenza parte dell’Unione Sovietica (URSS). Questo impegno si concretizza con una maggiore integrazione dell’Ucraina nei progetti di sviluppo della Comunità degli Stati Indipendenti (la CSI sorta dopo la dissoluzione dell’ex-URSS).
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