Favorire l’economia privata nell’Ucraina golpista? I progetti svizzeri di cooperazione allo sviluppo fanno discutere

Si è svolta lo scorso mese di maggio, presso la fiera di Lucerna, la Conferenza dell’aiuto svizzero allo sviluppo. L’ultimo incontro del genere si era svolto a Lugano nel mese di settembre, come avevamo avuto modo di documentare: link. L’importante evento, organizzato dalla Direzione per lo Sviluppo e la Cooperazione (DEZA) della Confederazione, si concentrava questa volta sul sostegno alle economie di alcuni paesi dell’area ex-sovietica, in modo particolare il Caucaso meridionale (Armenia, Azerbaigian e Georgia) ma anche dell’Ucraina, un paese quanto mai d’attualità per la grave situazione d’instabilità politica e militare venutasi a creare con il golpe nazifascista dello scorso febbraio.

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Alessandro Lucchini

Oltre a vari manager dell’economia privata, dal Ticino era presente Alessandro Lucchini dell’Associazione Nuova Cooperazione e il segretario politico del Partito Comunista Massimiliano Ay, che si è intrattenuto con alcuni responsabili di ONG, come il coordinatore dell’Associazione Svizzera-Cuba, Samuel Wantisch.

Favorire il libero mercato in Ucraina

Preparare un evento enorme come la Conferenza della DEZA è un lavoro impegnativo, diventa quindi difficile pensare alla casualità: il governo svizzero era forse già a conoscenza in anticipo dei piani dell’Unione Europea e degli Stati Uniti di rovesciare con la forza il governo di Kiev ed ha quindi potuto preparare il suo intervento per spartirsi il nuovo mercato ucraino? Oppure bisogna ritenere veritiero lo “stupore” per i fatti in corso nel paese ex-sovietico espresso dalla direttrice del Segretariato di Stato per l’Economia (SECO), Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch?

Di certo è che nel suo discorso di apertura l’alta funzionaria del governo elvetico non ha mancato di gettare uno sguardo critico sugli elementi di “dipendenza economica dalla Russia”. Evidentemente gli elementi di dipendenza economica dall’Occidente appena annunciati dalla giunta golpista di Kiev, invece, andranno bene…

E mentre nella Crimea tornata sotto controllo di Mosca i progetti di aiuto allo sviluppo finanziati dalla Confederazione sono stati subito bloccati, Berna continua il suo impegno nel resto del paese per “una transizione armonica al libero mercato”, così è stato spiegato. A noi risulta che, in realtà, in Ucraina la transizione al capitalismo fosse già avvenuta da qualche decennio, dal crollo del socialismo, ma evidentemente per la SECO non era il caso: non si può quindi fare altro che prendere atto che il precedente governo  filo-russo di Viktor Yanukovich, democraticamente eletto dei cittadini ucraini, non piaceva proprio agli investitori occidentali.

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Alex Lissitsa

A sfatare ogni dubbio sui reali interessi economici dietro alle pericolose manovre golpiste ci ha pensato l’ospite d’onore di Berna, Alex Lissitsa, esponente dell’Agrobusiness Club di Ucraina, il quale si è dichiarato esplicitamente felice che “ora la terra potrà essere venduta” (leggi: privatizzata) e che “ora gli imprenditori non pagheranno più le tasse sul valore aggiunto”. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, infatti, in Ucraina tali prelievi fiscali furono aboliti e fu Yanukovic – prima del golpe che lo destituì – a proporne il ripristino. A dar manforte a Lissitsa è poi intervenuto Heinz-Wilhelm Strubenhuff, responsabile della International Finance Corporation, legato alla Banca Centrale Europa che finanzia la giunta di Kiev.

Insomma: la DEZA, a Lucerna, sciaguratamente, non poteva fare miglior soft-power a favore del regime fascista ucraino che sta scatenando per conto di Washington azzardate mosse guerrafondaie contro i russi.

L’agricoltura latifondista nel Caucaso

Dal canto suo, il discorso del vice-ministro per gli affari agricoli della Georgia, vittima anch’essa nel 2003 – guarda caso – di un colpo di stato (o “rivoluzione colorata” come dire si voglia), David Galegushvili, si è incentrato sull’impegno del governo di Tbilisi nel favorire il settore privato in ambito agricolo, abbassando l’imposizione fiscale in particolare ai latifondisti georgiani che producono ad alto valore aggiunto con la collaborazione di centri scientifici svizzeri, i quali operano nell’ambito dei prodotti veterinari e del foraggio.

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Massimiliano Ay

Berna favorisce poi progetti nell’ambito fruttifero in Armenia, soprattutto per le tecnologie di refrigerazione e conservazione della frutta. Naturalmente non poteva mancare un cenno al passato socialista del Paese: la dirigente dell’Associazione Agricoltori Georgiani, Nino Zambakhidze, ha stigmatizzato il numero estremamente basso di donne attive nel settore dando la responsabilità di questa ridotta parità di genere al …“comunismo”, perché nell’Unione Sovietica le donne non sarebbero state promosse. Una castroneria propagandista, se pensiamo che era proprio lo Stato sovietico a eleggere un numero elevato di donne alla testa di aziende e di ministeri, quando ancora nell’Europa occidentale non vi era il suffragio femminile universale. L’altro esponente armeno Mkritch Ayvazan, anche lui imprenditore agricolo, ha ammesso che ai tempi del socialismo nell’Armenia sovietica i contadini erano sostenuti dall’ente pubblico e non dovevano occuparsi della commercializzazione dei prodotti, mentre oggi il settore agricolo non solo deve occuparsi di tutto, ma deve far fronte a enormi difficoltà nell’accesso al credito, poiché le banche considerano l’ambito troppo rischioso. Naturalmente, però, Ayvazan ha subito messo le mani avanti: nessuna nostalgia comunista, poiché prima vi era …“assistenzialismo”. Contenti i contadini armeni che oggi non arrivano a superare la soglia di povertà…

Sarebbe però sbagliato ridurre all’ambito agricolo la cooperazione svizzera, la DEZA, infatti, fornisce anche “aiuto tecnico allo scopo di sostenere con misure concrete la transizione politica, economica e sociale nelle tre ex Repubbliche sovietiche”, ossia stabilizzare le strutture capitalistiche che da dopo la caduta del socialismo fra il 1989 e il 1991 sono gestite da gruppi mafiosi e oligarchici.

I prodotti “bio” 

Un’intera parte della Conferenza di Lucerna si è concentrata sull’agricoltura biologica, in modo particolare in Ucraina. Più che cooperazione allo sviluppo, l’impressione è che si sia trattato di appoggiare piuttosto le iniziative atte ad aprire nicchie di mercato per le aziende svizzere di questo settore (di per sé destinato a un target benestante delle popolazioni locali) sui “nuovi” mercati dell’Europa dell’Est. Insomma, un bilancio magro per una Conferenza che dovrebbe invece essere il fiore all’occhiello dell’Amministrazione federlae. Ci si augura perlomeno che, con il cambio ai vertici dell’ente, si cambi anche registro.

Ambasciator non porta pena…

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Martin Dahinden

In realtà le speranze in tal senso non sono molte: per la cronaca, infatti, il direttore uscente della DEZA Martin Dahinden è stato nominato ambasciatore della Confederazione negli Stati Uniti. A sostituirlo sarà l’ambasciatore Manuel Sager che fino a poco tempo fa rappresentava gli interessi di Berna proprio a Washington. Sembra, insomma, che la cooperazione allo sviluppo in  Svizzera sia drammaticamente legata a filo doppio con l’esperienza diplomatica nel cuore dell’Impero.

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