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Dopo tre anni di assenza si riorganizza il Partito Comunista di Turchia

Dopo tre anni di assenza, il Partito Comunista di Turchia (TKP) ritorna sulla scena politica turca. Una partecipata assemblea svoltasi ad Istanbul, a cui hanno preso parte migliaia di militanti sotto le effigi di Mustafa Suphi e di Fidel Castro, ha sancito lo storico incontro.

Kemal Okuyan, leader dei marxisti-leninisti turchi
Kemal Okuyan, leader dei marxisti-leninisti turchi

La crisi politica occorsa nel 2014 e di cui anche noi avevamo parlato (leggi), aveva di fatto ibernato il TKP provocando in seguito la scissione in tre diversi partiti: da un lato i marxisti-leninisti del Partito Comunista (KP), gli unici a godere di riconoscimento su scala internazionale; il movimentista Partito Comunista Popolare di Turchia (HTKP) oggi sempre più vicino al separatismo curdo e il Movimento Comunista di Turchia (TKH) critico verso il “dogmatismo”. La scissione sembra ora essersi insomma, almeno parzialmente,  ricomposta: benché HTKP e TKH non abbiano accettato di riconfluire nel TKP, come invece ha fatto il KP, la maggioranza dei militanti ha optato per la via unitaria, dando di fatto fiducia alla corrente che animava il KP, alla quale è stato affidato il Comitato Centrale del nuovo Partito fino al regolare congresso che si svolgerà entro l’anno.

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“Basta!”, il primo volantino del rinato TKP

A Istanbul c’era anche Giorgios Marinos, dirigente del Partito Comunista di Grecia (KKE), che ha salutato il ritorno in scena del TKP, sottolineando lo strettissimo legame fra i due partiti. Dopo il rappresentante greco, ha preso la parola l’ambasciatore cubano Alberto Gonzalez Casals. Kemal Okuyan, segretario dell’ex-KP e oggi uno dei massimi esponenti del rinato TKP, ha dal canto suo ribadito la totale inconciliabilità di interessi fra la classe operaia a la borghesia. Okuyan rifiuta non solo tappe intermedie nella costruzione del socialismo, ma anche che si possa distinguere settori diversi nella borghesia turca, ritenuta tutta collusa con l’imperialismo.

Il TKP ha stabilito una rapida agenda politica per il suo ritorno sul territorio, iniziando con un volantinaggio dal titolo “Basta!”, in cui si condanna oltre alla riforma in senso presidenzialista del sistema istituzionale turco, anche il sessismo del governo di Recep Erdogan, accusandolo di aver collaborato fino a poco fa con la setta eversiva di Fethullah Gülen che ora vorrebbe invece purgare dall’apparato statale. Il TKP accusa inoltre Erdogan di voler risolvere la questione curda unendosi ai “borghesi nazionalisti curdi” in un clima di terrore. La critica non risparmia neppure ai partiti dell’opposizione parlamentare: i socialdemocratici del CHP in primis sono accusati di aver rinunciato a una vera opposizione all’agenda religiosa di Erdogan e di non essersi opposto ai piani di destabilizzazione della Siria. Nessun riferimento esplicito all’altro partito di origine marxista, il VATAN, l’ex-Partito dei Lavoratori, con cui nel frattempo i rapporti si sono di fatto interrotti.