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Non è in gioco solo il governo di sinistra, bensì l’intera democrazia brasiliana

Il Brasile vive una situazione estremamente tesa dal profilo politico. Tutto nasce dall’inchiesta “Lava Jato” (“Car Wash” in inglese), realizzata dalla Polizia Federale Brasiliana, con a capo il giudice Sergio Moro. L’indagine verte a scovare casi di corruzione e altri illeciti che gravitano attorno al mondo della Petrobras, l’azienda petrolifera pubblico-privata, di cui l’azionista di maggioranza è il Governo Federale. Tra gli accusati sono presenti l’ex presidente e leader sindcale Luiz Iniácio Lula da Silva e l’attuale presidentessa Dilma Vana Rousseff, entrambi membri del Partito dei Lavoratori. Il primo, in particolare, sarebbe accusato di corruzione, riciclaggio di denaro e di falsificazione di documenti. Quella che a primo avviso potrebbe sembrare una crociata per la legalità, in realtà nasconde un golpe politico in tutto e per tutto sviluppato su due piani: attraverso atti legali e la richiesta di impeachment della presidentessa Rousseff.

Manifestazione di sostegno al governo Dilma
Manifestazione di sostegno al governo Dilma

Che si tratti di una macchinazione politica lo si deduce anche per il fatto che il giudice Moro, il quale ha affermato pubblicamente di ispirarsi all’inchiesta italiana “Mani pulite”, sta agendo nell’illegalità per altri fini. Ad esempio, più testate giornalistiche, tra cui la tedesca “Der Spiegel”, hanno fatto notare che mancano prove chiare di illeciti perpetrati da parte dei due. L’ordine di prigione preventiva di alcuni accusati e l’accompagnamento coatto di Lula – prelevato dalla polizia da casa sua per deporre – non sussistono di basi legali.

Come riporta Sylvia Debossan Moretzsohn, in un articolo apparso su “Publico.pt”, tali azioni del giudice sono arbitrarie e scorrette. Dello stesso avviso è il professore di diritto penale Sérgio Salomão, il quale afferma che Moro utilizza selettivamente le prove. La pubblicazione nei media delle intercettazioni telefoniche tra Lula e Rousseff si colloca sullo stesso piano: la legge è stata violata. Inoltre, è notabile il fatto che non si parla della corruzione in seno ai partiti di destra e di opposizione. Come fa giustamente notare José Reinaldo Carvalho, esponente di spicco del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), “la corruzione è tra i mali strutturali del sistema politico”, ma in questa vicenda si parla solo del governo. Lo stesso aggiunge che il Partito dei Lavoratori (PT, fondato da Lula e di cui è esponente Rousseff) è il soggetto politico che, a capo dell’esecutivo, più di tutti ha portato avanti varie iniziative contro la corruzione.

Ma non è solo Moro a lavorare nell’illegalità, ma anche l’opposizione politica che chiede l’impeachment di Dilma Rousseff. Sempre il comunista José Reinaldo Carvalho ci ricorda che l’impeachment può essere richiesto solo in caso di crimine di responsabilità. Le prove di tale reato mancano, per cui il caso Dilma non dovrebbe neppure sussistere.

Dilma con il Partito Comunista del Brasile (PCdoB)
Dilma con il Partito Comunista del Brasile (PCdoB)

Dietro a tutto questo vi sono dei chiari obiettivi politici. La volontà della magistratura federale è quella di destabilizzare, di creare una crisi politica ad hoc. L’obiettivo è portare Lula sulla graticola, intona Jens Glüsin su “Der Spiegel”, bloccare la sua candidatura a Presidente nelle prossime elezioni generali del 2018, e dimettere Dilma attraverso il processo di impeachment. Il desiderio principale è quello di passare ad un agenda politica neo-liberale. Non a caso, riporta l’agenzia russa “Sputnik News”, vi sono connessioni evidenti tra istituzioni neo-liberiste e le manifestazioni anti-governative. Pepe Escobar, su “Russia Today”, cita quando Edward Snowden rivelò la vicinanza tra la Polizia Federale brasiliana e la CIA e l’FBI. Inoltre, il dirigente del PCdoB José Reinaldo Carvalho aggiunge: “Adesso, si tratta di un golpe istituzionale e mediatico, nei quali settori dell’apparato poliziesco e giudiziale agiscono collusi con l’opposizione neo-liberale e conservatrice”. L’obiettivo è distruggere i simboli vivi del PT e le sue politiche sociali. Guardando al quadro globale, sempre Pepe Escobar, legge il tutto come un attacco verso i BRICS.

La crisi politica nasce in primo luogo nel 2009, quando Lula ha pubblicamente proposto la nazionalizzazione della Petrobras. Secondo dei documenti rivelati da “Wikileaks”, le aziende petrolifere americane si sarebbero infiltrate in Brasile per bloccare tale proposta e per far rispettare i propri interessi. Il fatto che al centro dell’inchiesta vi sia l’azienda statale non è un caso, in quanto vi sono interessi economici in gioco molto importanti. In secondo luogo, la destra neo-liberale e conservatrice non ha digerito la sconfitta nelle elezioni presidenziali dell’ottobre 2014. La quarta sconfitta di fila dal 2002, anno in cui fu eletto per la prima volta Lula. Evidentemente la riconferma quale presidente di Dilma Rousseff non è andata giù ai suoi oppositori. José Reinaldo Carvalho ci dona un’importante chiave di lettura: “Vista da una prospettiva più estesa, l’attuale crisi politica è pure l’espressione delle contraddizioni strutturali e dei confitti di fondo della società brasiliana. È l’espressione di una lotta tra due vie, dell’incrocio storico del paese. La via che può portare il Brasile ad affermarsi come nazione democratica, indipendente e giusta, in antagonismo a quella che conduce alla manutenzione dei privilegi delle classi dominante, la dipendenza dai potentati internazionali, al sottosviluppo e alla vigenza di un potere politico antidemocratico”. In terzo luogo, tutta la macchina golpista si è attivata, quando Lula ha pubblicamente rivelato che si sarebbe candidato per la presidenza del paese nelle elezioni generali del 2018.

Quanto sta accadendo in Brasile preoccupa i progressisti del globo, in quanto in gioco non vi è solo il governo di sinistra, bensì la democrazia brasiliana. Assistiamo a un potere giudiziale politicizzato che non esegue i suoi compiti. La separazione dei poteri non è rispettata, come neppure lo stato di diritto. Ma soprattutto, in gioco ci sono le politiche sociali realizzate dai governi progressisti guidati dal PT e la sovranità nazionale del paese. Per questo motivo, ci spiega José Reinaldo Carvalho, “il PCdoB, insieme al PT e ad altre forze progressiste e movimenti sociali, difende il governo Dilma, disapprova il golpe, è impegnato nelle manifestazioni popolari in difesa della democrazia, ed è immerso in una intensa attività politica nell’ambito delle aree legislative per evitare l’impeachment. Il PCdoB considera che la battaglia politica in corso abbia un senso strategico, e eserciterà un forte impatto sulla lotta dei lavoratori e del popolo brasiliano, così come di tutta l’America Latina, per la sua emancipazione nazionale e sociale”

Stefano Araújo da Costa

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