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Elezioni italiane catastrofiche. Il centro-sinistra fra miopia e irresponsabilità politica

Il Partito Democratico (PD) ha ancora una volta sbagliato. Già nel 2008 aveva escluso i due partiti comunisti e gli ecologisti dalla coalizione di centro-sinistra (rinunciando così all’8,1% di voti della sinistra radicale e al 2,1% di voti dei verdi). Il PD di Walter Veltroni credeva infatti – sbagliando – nella propria autosufficienza, strizzando l’occhio a destra. Il risultato è stato che il PD ha perso e ha regalato l’Italia a Silvio Berlusconi. Una strategia arrogante e deleteria che non solo ha portato alla sconfitta del centro-sinistra, ma ha anche spinto alla marginalità le altre culture progressiste rovinate dal ricatto del “voto utile”: l’alleanza della “Sinistra Arcobaleno” composta da Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Sinistra Democratica e Verdi non raggiunse infatti il quorum e rimase fuori dal parlamento. Così il PD aveva sancito non solo un governo di destra fra i peggiori, ma aveva anche distrutto ogni possibile appoggio alla sua sinistra.

L’irresponsabilità del PD

Quest’anno la situazione non è stata molto diversa. Da Veltroni si è passati a Pierluigi Bersani, personaggio dipinto di sinistra nonostante sia colluso con la lobby cattolico-conservatrice di “Comunione e Liberazione”, ma il PD ha anche questa volta scacciato dalla coalizione di centro-sinistra il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) di Oliviero Diliberto, disposto a costruire una strategia unitaria ma che, evidentemente, non avrebbe appoggiato altre missioni di guerra e non avrebbe tollerato i diktat dell’UE sull’austerity. A differenza del 2008, però, il PD più subdolamente – scacciando i comunisti – ha tenuto con sé un’organizzazione con un’immagine di sinistra ma in realtà completamente dipendente dal PD stesso: una copertura a sinistra per tentare di ingannare quella parte di elettorato più progressista. Ci riferiamo a Sinistra-Ecologia-Libertà (SEL), il partito personalista di Nichi Vendola che si attesta al 3,2% e che ha il compito di dare una parvenza progressista a tutte le misure di destra che il PD porterà necessariamente avanti, a partire dal fiscal compact. Organico al PD e a SEL si colloca poi anche il rinato Partito Socialista Italiano (PSI) erede del corrotto Bettino Craxi, fermo (al senato) allo 0,1% ma che, per una legge assurda (e fondamentalmente anti-democratica), avrà diritto ad alcuni deputati.

La miopia di Bersani

Il centro-sinistra italiano guidato da Bersani conferma la sua totale miopia politica: poteva vincere a mani basse un anno e mezzo fa, quando Berlusconi era finito ma ha preferito piegarsi alla Banca Centrale Europea (BCE) garantendo la fiducia al governo tecnico di Mario Monti e la sua proposta liberista che ha mandato sul lastrico tanti lavoratori. Le politiche montiane, fin troppo simili a quelle attuate sciaguratamente in Grecia,  hanno fatto non solo emergere il fenomeno populistico e neo-qualunquista di Beppe Grillo (che ha raccolto il voto di protesta anche operaio), ma hanno saputo risollevare lo stesso Berlusconi che, genialmente, ha rimesso sotto il suo comando la destra più becera, compreso il partito neo-fascista “La Destra” del mussoliniano Francesco Storace, e ottenendo un ottimo risultato. Il fatto poi che RAI e Mediaset non abbiano rispettato il pluralismo di informazione, dando uno spazio enorme non solo al Cavaliere e in seconda battuta al PD, ma anche ai comizi di Grillo (anche se lui vietava ai propri candidati di partecipare ai dibattiti) non ha certo aiutato i cittadini. Inutile dire che la lista comunista ed ecologista capeggiata da Antonio Ingroia è stata praticamente completamente oscurata. Ciò detto non possiamo però nemmeno dimenticare, in sede di bilancio, come sia stato ancora una volta il PD a voler mantenere l’attuale legge elettorale, rifiutando ogni riforma democratica in senso proporzionale. Anche così hanno favorito Berlusconi e distrutto il resto della sinistra. I vertici e la vecchia guardia della coalzione PD-SEL, a questo punto, hanno davvero dimostrato un acume politico pari a zero che non li legittima. Guai a chi però, illuso, pensa che Matteo Renzi sia il “nuovo” che avanza: egli è infatti addirittura più a destra di Bersani!

La sconfitta della Rivoluzione Civile

Amarezza, ma anche rabbia. Questi sono i sentimenti di Antonio Ingroia, ex magistrato anti-mafia che presiede “Rivoluzione Civile”, la lista unitaria che presentava insieme esponenti di spicco della società civile (movimenti pacifisti, anti-mafia, ambientalisti, ecc.) i comunisti, i verdi e l’Italia dei Valori. “Rivoluzione Civile” era l’unica esperienza possibile per la sinistra, ma non è riuscita a superare lo sbarramento, attestandosi al 2,2%. La responsabilità del PD è grave: Ingroia aveva infatti offerto una possibilità di dialogo nell’ottica di allargare la coalizione, ma Bersani non ha nemmeno risposto alla richiesta, preferendo ammiccare verso il banchiere Monti, un vero e proprio abbraccio mortale per il centro-sinistra che, ora, porta l’Italia all’ingovernabilità e al caos. La lista capeggiata dall’ex-magistrato, che aveva ricevuto nelle ultime settimane numerose minacce di morte da ambiente mafiosi, è stata senza dubbio schiacciata da un lato dal richiamo propagandista di Bersani e Vendola al “voto utile” al PD-SEL (che comunque non è servito) e dall’altro lato da quelli che Ingroia ha definito “gli spettacoli di piazza del Movimento 5 Stelle”.

Capire il fenomeno Grillo

Il movimento di Grillo, dato al 14% dai sondaggi, in realtà è finito per ricevere il 25,5% delle preferenze. La sinistra ha forse fatto l’errore di sottovalutare la capacità di penetrazione sociale delle liste civiche, arrivando a etichettarle come “fasciste” o “populiste” senza capire che lì stavano finendo ampie fette degli elettori tradizionalmente progressisti. Certamente vi sono, nel movimento di Grillo, elementi culturalmente palesemente di destra. Pensiamo alla proposta di abolire il valore legale dei titoli di studio (che aprirà la strada a una scuola d’élite e alla selezione sociale nell’istruzione pubblica) o all’integrazione Università-Aziende private; pensiamo alla tolleranza di Grillo verso i neo-fascisti di Casa Pound; pensiamo alla richiesta (non proprio comica) di abolire i sindacati; pensiamo alla volontà di togliere il finanziamento pubblico ai partiti (e quindi di dare indirettamente via libera al finanziamento privato da parte dei grossi gruppi industriali ai partiti di destra); oppure pensiamo ancora alla rivendicazione di abolire il monopolio di fatto delle Ferrovie di Stato, ecc. E, tuttavia, in Grillo molta gente si è riconosciuta perché ha rubato i temi che il centro-sinistra ha tralasciato per non dispiacere ai moderati: l’abolizione della legge Biagi sul mercato del lavoro, il divieto degli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale, l’introduzione di un tetto per gli stipendi dei manager, la garanzia del sussidio di disoccupazione, il rifiuto di ogni nuova missione di guerra, la garanzia di un accesso alle prestazioni sanitarie essenziali gratuite, il blocco immediato della TAV in Val di Susa, il potenziamento dei mezzi pubblici ed ecosostenibili, ecc. Queste ambiguità di Grillo, i suoi rapporti con l’esperto di comunicazione Gianroberto Casaleggio (con cui dal 2005 ad oggi ha preparato l’indottrinamento collettivo delle masse spoliticizzate e scontente di una casta politica riprovevole) lo rendono certamente un fenomeno preoccupante con similitudini con la “destra sociale” cioè potenzialmente fascista. Eppure questa analisi non basta: non stiamo parlando di estremisti di destra come coloro che votano Storace, stiamo parlando delle classi popolari che prima votavano a sinistra e che sono state lasciate allo sbando permettendo che ora vengano accalappiate da manipolatori specializzati come il duo Grillo-Casaleggio. Per questo il contesto italiano completamente disgregato appare come pericoloso e pronto a un’involuzione autoritaria. L’ingovernabilità, infatti, se da un lato impedisce quella “normalizzazione” auspicata dall’Unione Europea e potrebbe – teoricamente – essere vista positivamente in senso rivoluzionario (e genericamente anti-imperialista), fornisce in realtà le condizioni per una rottura politica sì profonda, ma drammaticamente orientata a destra, verso forme nuove di leaderismo, di conformismo e di autoritarismo.

I comunisti ripartano…

E’ ora importante per la sinistra coerente, quella che ha creduto in “Rivoluzione Civile”, non disperdere il patrimonio unitario di energie che è stato costruito nella campagna elettorale attraverso centinaia di assemblee popolari indubbiamente molto affollate per gli standard cui si era abituati dal 2008. La sinistra ecologista e comunista non deve, insomma, disperdere – nonostante la nuova fase sia alquanto difficile – il proprio patrimonio di militanti e di quadri marxisti che, al di là delle tattiche elettorali, devono mantenere per obiettivo strategico la ricostruzione del Partito Comunista in Italia e che sappia, partendo da esso, aggregare altre correnti progressiste in un fronte unitario. Fausto Sorini della Segreteria nazionale del PdCI ha così commentato: “Questo progetto, che abbraccia una intera fase storico-politica, per resistere, riprendersi e andare avanti nelle nuove condizioni dell’Italia di oggi, ha bisogno di darsi un nuovo gruppo dirigente collettivo e una rete di quadri all’altezza dei compiti: capaci di andare oltre i limiti seri che hanno segnato l’esperienza comunista italiana di questi ultimi decenni”. Intanto già prima del voto, il PdCI, aveva lanciato – giustamente – il tesseramento 2013 (link) al Partito, poiché – per dirla con l’ex-senatore Fosco Giannini – “la presenza organizzata e di lotta del Partito Comunista prescinde dall’avere o non avere compagni eletti. E’ del tutto evidente che un prolungamento dell’assenza del Partito dal Parlamento aumenterebbe le già grandi difficoltà di manovra dei comunisti in questa fase segnata da una vastissima e capillare egemonia della classe dominante; ma è proprio in virtù di questo profondo dominio padronale che i comunisti sono chiamati a rilanciare il loro ruolo e la loro strategia sociale e culturale, antitetica a quella capitalistica. Dunque, c’è un punto fermo: il ruolo del Partito Comunista in ogni modo dovrà proseguire e proseguirà, pur nelle inasprite difficoltà che un’eventuale assenza dal Parlamento recherebbe alla loro causa”. Insomma nonostante la sconfitta, la lotta continua…

(M.A.)

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