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A Lugano si è parlato di Cina e diritto romano. Relatore d’eccezione: Oliviero Diliberto.

Una settantina di persone hanno assistito venerdì sera presso la sala Carlo Cattaneo del Consolato Generale d’Italia a Lugano ad una conferenza d’eccezione. Organizzata dal Centro Culturale Cinese “Il Ponte” la serata prevedeva una relazione di Oliviero Diliberto, professore di diritto romano all’Università La Sapienza di Roma. L’evento era gestito dal presidente del sodalizio culturale, il giornalista Alfonso Tuor che dopo un passato vicino alle posizioni della sinistra extraparlamentare, aveva assunto il ruolo di vicedirettore del “Corriere del Ticino”, ed è attualmente conduttore di una trasmissione di politica economica su TeleTicino.

Il tema della conferenza verteva sul modello del diritto romano che il governo di Pechino ha deciso di importare nella Repubblica Popolare di Cina e – come si poteva leggere nella presentazione dell’evento – per “le implicazioni di natura culturale, sociale, storica ed economica che tale modello porta con sé, considerato l’importante ruolo che la Cina gioca oggi nel contesto economico mondiale e quindi anche svizzero e locale”.

La Cina popolare, che inizia l’esperienza del “socialismo di mercato” fra gli anni ’80 e ’90 necessita infatti di un vero codice civile e per questo inizia a guardare verso Roma, agli antichi codici di Giustiniano (naturalmente adattati alle nuove realtà), che regolano i commerci e le varie forme di proprietà.

Tra gli artefici di questa operazione giuridica ma anche politica fra Italia e Cina vi è proprio Oliviero Diliberto. Egli, infatti, non è solo un importante giusromanista, ma dal 1998 al 2000 è pure Ministro di Grazia e Giustizia della Repubblica Italiana durante il governo di Massimo D’Alema ed è tuttora segretario nazionale del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), in ottime relazioni con il Partito Comunista Cinese al governo dell’immenso paese asiatico.

Diliberto nel corso della serata ha tracciato una panoramica storica e politica di ampio spessore: il leader del PdCI ha citato il ruolo di Josif Stalin nell’imporre il diritto romano – in contraddizione con l’altro leader rivoluzionario Vladimir Lenin – in Unione Sovietica e sull’influenza che questo ebbe sui primi studenti che la Cina di Mao Zedong inviava a Mosca. A seguito delle riforme economiche, Pechino da qualche anno si è decisa a rinnovare le proprie leggi, osservando le fonti romanistiche nell’ambito anche della proprietà privata; un tema delicato per dei comunisti. La Cina in questo ambito, in piena sintonia con il diritto romano originario, vieta la privatizzazione della terra, principale mezzo produttivo.

Prima di iniziare la conferenza, e dopo un saluto estremamente cordiale fra omologhi, Diliberto ha conversato con Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista ticinese. Presenti fra il pubblico diversi storici e addetti ai lavori, fra cui non pochi cittadini cinesi. Era presente anche il viceditorre del Liceo Cantonale di Locarno, Vittore Nason, già attivo nei Comitati degli italiani all’estero (COMITES) e con un passato militante a sinistra. Accanto a Nason si è riconosciuto l’esponente dei comunisti ticinesi Mattia Tagliaferri, promotore dell’associazione internazionalista “Giù le mani dalla Cina”.

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