“Da quando ha preso il potere nella nostra patria, la Siria, l’8 dicembre 2024, a seguito di un attacco militare pienamente sostenuto dalle potenze coloniali della NATO, la cricca oscurantista ha iniziato a limitare i diritti sociali del popolo. Decine di migliaia di dipendenti statali e del settore pubblico sono stati licenziati e molte di queste aziende sono state liquidate, peggiorando ulteriormente la situazione economica e sociale. Inoltre, è in aumento la discriminazione tra i cittadini in base alle loro convinzioni e affiliazioni. Sono avvenuti e continuano a verificarsi rapimenti e omicidi, oltre a furti, saccheggi ed estorsioni”. Inizia così il comunicato diramato da Ammar Bagdache, segretario generale del Partito Comunista Siriano (PCS) ed ex-deputato al Parlamento della Repubblica Araba di Siria scacciato dal suo posto (benché eletto democraticamente) con il colpo di stato dei terroristi islamisti che, spalleggiati da USA e Israele, in dicembre hanno rovesciato il governo del socialista Bashar al-Assad. Il PCS disponeva di due ministri in quest’ultimo governo che, a differenza di quanto inventavano i giornalisti svizzeri mainstream, non era un regime dittatoriale ma era una coalizione plurale e laica di forze progressiste. Ora i ministri sono stati destituiti con la violenza, ma i nostri media non lo dicono perché il nuovo regime è amico di UE, USA, Israele e NATO.

Non era Assad il dittatore
“Il 29 gennaio 2025 – spiega sempre Bagdache – i tratti della tirannia politica degli oscurantisti si sono delineati più chiaramente. Quel giorno si è tenuta una riunione allargata dei leader dei gruppi armati che, per una coincidenza storica, avevano conquistato la maggior parte del Paese, senza avere altri requisiti se non quello di possedere le armi. In questo incontro si concordò di instaurare nel Paese uno stile di governo autoritario. A una sola persona sono stati conferiti pieni poteri esecutivi e legislativi per amministrare lo Stato”. La Siria è nel frattempo “diventata un paese senza Costituzione, controllato dai capricci degli oscurantisti e dagli interessi dei poteri forti che li sostengono”. Vale la pena notare che la Costituzione votata democraticamente nel 2012 voluta dal precedente leader al-Assad, e che conteneva ampi diritti sociali è stata nel frattempo abrogata dal nuovo regime islamista perché stabiliva il socialismo come sistema economico della Repubblica Araba.

Il Partito Comunista Siriano continuerà a lottare in clandestinità
La fatidica riunione del 29 gennaio ha portato anche alla decisione di sciogliere diversi partiti nazionali di sinistra, tra cui il Partito Comunista Siriano (di ispirazione marxista-leninista), il Partito Comunista Unificato Siriano (di orientamento più moderato), il Partito Socialista del Risorgimento Arabo (di ideologia baathista e pan-araba), ecc. Insomma tutti coloro che avevano difeso la laicità, la difesa delle minoranze religiose, che si riconoscevano nel socialismo e si erano opposti ai sionisti, ai separatisti curdi e alla NATO. Eppure Bagdache chiarisce che il PCS “che ha più di cento anni di storia e ha combattuto in diverse circostanze, non si sottometterà a questa ingiusta decisione di scioglierlo. Continuerà la sua lotta per difendere i diritti delle masse e per ripristinare l’indipendenza e la sovranità della patria. Noi comunisti siriani non abbiamo paura dell’oppressione e della persecuzione, e la nostra storia ne è testimone. Il popolo siriano ci conosce per la nostra fermezza nei principi e per la nostra integrità”. Da qui l’appello per unificare tutte le forze partigiane, di sinistra e di destra, che vogliono contrastare la tirannia del barbuto amico dei governi dell’UE. Insomma contro la NATO inizierà una nuova resistenza che sarà probabilmente anche armata: la destabilizzazione dell’area promette quindi di continuare esattamente come volevano gli USA.

La priorità: abolire il socialismo!
La decisione di Ahmad Al-Shara, il dittatore siriano sostenuto dagli ecologisti e dai socialdemocratici europei, di reprimere tutti i partiti di sinistra arabi è coerente in realtà con un’altra priorità che il nuovo regime ha espresso subito dopo aver scacciato dal potere Assad: abolire il socialismo e restaurare il capitalismo. A confermarlo al “Financial Times” è stato il nuovo ministro degli esteri del regime Asaad al-Shaibani che ha chiarito che “La Siria smantellerà il socialismo dell’era Assad”. Damasco vuole infatti privatizzare le aziende statali e i porti così da garantire l’allentamento delle sanzioni da parte degli USA e dell’UE, che potranno in questo modo conquistare il nuovo mercato siriano con le proprie multinazionali, saccheggiando le risorse di un popolo costretto alla fame dalle sanzioni americane durate un decennio. L’ex-terrorista Shaibani ora ha indossato il doppio petto e ha condannato il precedente governo “che gestiva un’economia socialista chiusa” e ha criticato la mancanza di esposizione in valuta estera della Banca Centrale Siriana e l’aumento degli stipendi dei lavoratori pubblici. Shaibani ha riconosciuto tuttavia che le sfide future sono enormi e che ci vorranno anni per affrontarle: per farlo ha deciso di adottare il modello neoliberalista di UE e USA concentrandosi “sugli sforzi di privatizzazione, compresi quelli di fabbriche di petrolio, cotone e mobili”. Ovviamente per poter distruggere il socialismo di Assad occorre reprimere i socialisti e i comunisti e mettere la museruola ai sindacati operai.