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La Groenlandia: dal colonialismo danese a quello USA?

Con l’accordo di autogoverno la Danimarca ha riconosciuto ufficialmente che la Groenlandia, secondo il diritto internazionale, è un popolo separato. Ma anche con questo passo la mentalità coloniale resta profondamente radicata in coloro che detengono il potere monarchico a Christiansborg e qualora l’indipendenza dovesse essere votata al Folketing non è detto che venga approvata dalla Corona. Il tema dell’indipendenza della Groenlandia non è certo nuovo, ma è tornato di stretta attualità a seguito delle provocatorie uscite del presidente statunitense Donald Trump. Espressamente intervistato in merito, infatti, Trump ha ammesso che conquistare la Groenlandia è un “bisogno” per gli Stati Uniti, e ha rifiutato di assicurare che non userà la forza militare. L’Artico ha in effetti un’enorme importanza geostrategica e anche la Cina e la Russia hanno indiviudato nella Groenlandia un territorio interessante per le rotte commerciali: insomma non siamo di fronte al capriccio di una persona ritenuta inaffidabile come Trump – come vorrebbe ora farci credere il giornalismo liberal e mainstream silente fino a ieri verso il non meno grave imperialismo del duo Biden/Harris – al contrario la situazione è il risultato di enormi interessi economici e di contrasto fra l’imperialismo da un lato e le nazioni, capeggiate da Cina e Russia, che dall’altro aspirano al multipolarismo.

Múte Bourup Egede, presidente della Groenlandia.

Múte P. Egede: “La Groenlandia non è in vendita!”

Il presidente dell’autogoverno groenlandese, Múte P. Egede, ha subito affermato con fermezza che la Groenlandia non è in vendita. Dopo la conferenza stampa di Trump, Egede ha ripetuto infatti ciò che aveva già detto anche nel suo discorso di Capodanno: “la Groenlandia appartiene ai groenlandesi”. Diverso l’atteggiamento della Danimarca: in questo contesto di diretta minaccia alla sovranità del suo Paese qual è stata la reazione del primo ministro danese Mette Frederiksen? Una frase che ne denota tutta l’inconsistenza politica e la subalternità ai diktat di Washington: “Gli Stati Uniti sono l’alleato più importante della Danimarca. La discussione di oggi non cambia la situazione”. In pratica il suo Paese è stato appena minacciato di guerra dal suo “alleato più importante” e il primo ministro fa spallucce, anzi si inchina al padrone a stelle e strisce senza battere ciglio.

Il governo danese accetta di farsi occupare dagli USA!

Indignita da questa risposta è Lotte Rørtoft-Madsen, presidente del Partito Comunista Danese (KP) che commenta: “davanti alle telecamere, il presidente degli Stati Uniti – non Putin – appare con evidenti minacce militari ed economiche contro la Groenlandia e il Commonwealth danese. Quello in cui è stata gettata la Groenlandia è un dramma inaudito, assurdo e assolutamente neocolonialista”. Ma il dato politico è un altro ancora e parte esattamente 13 mesi fa, quando senza un reale dibattito pubblico, il ministro degli Esteri danese Lars Løkke Rasmussen firmava, quasi passandolo sotto silenzio, un accordo con gli Stati Uniti. Esso permetteva agli Stati Uniti di installare tre basi militari sul suolo danese: una all’aeroporto di Skrydstrup, un’altra all’aeroporto di Karup e una terza all’aeroporto di Aalborg. Uno dei pochi partiti ad essersene accorto e aver tentato di opporvisi è proprio il KP guidato dalla decisa Rørtoft-Madsen. Il KP si interroga: “com’è possibile che la Danimarca ufficiale dia ad una potenza straniera che lancia apertamente minacce militari contro il Commonwealth il diritto di agire liberamente su parti del territorio danese? Com’è possibile che sia spalanchino le porte agli Stati Uniti affinché possano stazionare manodopera, personale, attrezzature militari e soldati sul suolo danese?”. Che vi sia già dietro l’angolo un accordo?

Nuuk, la capitale della Groenlandia: 18’000 abitanti.

“Il nemico marcia sempre alla tua testa”

“La Groenlandia e la popolazione groenlandese sono state in questi giorni e settimane gettate brutalmente sulla grande scena politica. Si cerca di trasformare i quasi 57’000 abitanti e la loro grande isola in oggetto di negoziazione, in una pedina da spostare a piacimento sulla grande scacchiera dell’imperialismo” spiega sempre Rørtoft-Madsen, che sottolinea il carattere neo-colonialista di quanto sta accadendo: “il secolare maltrattamento della Groenlandia da parte dello Stato danese e la sensazione di essere disprezzato e sfruttato che ne deriva, vengono ora abusati dal presidente americano e dal circolo che lo circonda per difendere l’indipendenza della Groenlandia, ovviamente con l’obiettivo di prendere il sopravvento”: sostituendo insomma al colonialismo danese, l’imperialismo americano! Ma non c’è solo il KP: benché quest’ultimo sia il meglio organizzato e il più dinamico, oltre che partner di Pechino, in Danimarca è attivo anche un secondo partito di ispirazione marxista, il Partito Comunista di Danimarca (DKP) che lo scorso 14 gennaio ha diramato un comunicato intitolato “Né Washington né Copenaghen, solo i groenlandesi devono decidere!”. Esso inizia spiegando che “la dipendenza della Groenlandia dalla Danimarca è il risultato di una sottomissione coloniale, non di una decisione volontaria. Se la Groenlandia vuole liberarsi da questa dipendenza, la decisione spetta ai groenlandesi”. Il DKP non digerisce l’atteggiamento della Monarchia: “la danza diplomatica del governo danese con gli Stati Uniti” viene giudicata “preoccupante”, poiché è la stessa Danimarca ad essere “parte del problema per la Groenlandia. Come potenza coloniale oppressiva, ma anche come seguace acritico degli Stati Uniti, lo Stato danese fa parte dell’alleanza imperialista fondata sulla NATO”. In altre parole il popolo groenlandese è ostaggio, “una pedina nel gioco dell’imperialismo” ed è la Danimarca stessa che contribuisce “alla crescente insicurezza nel mondo”. Insomma nessuna retorica patriottica per il DKP che riconosce anzi il nemico anzitutto in casa propria: il nemico marcia insomma sempre alla propria testa!