Cina 1949 – 2024, tre quarti di secolo di successi grazie alla guida dei marxisti

Dopo un paio di giorni in cui i nembi si sono alternati a qualche goccia di pioggia, ecco che, come per incanto, la mattina del 1° ottobre 2024 su Pechino splende il sole, sospinto da un portentoso vento fresco come le sue origini mongolo – siberiane. Nei parchi, dalle prime ore dell’alba gruppi di anziani compongono con i loro corpi le meravigliose armonie della ginnastica tradizionale, altri ballano con altrettanta grazia sugli accordi di musiche popolari e alcuni intonano canzoni patriottiche, alternandosi e fondendosi tra donne e uomini. Molte e molti di tutte le età sventolano la bandiera patria, alcune ragazze la portano dipinta sulle guance a forma di cuore con tanto di stelline. Allestite per l’occasione agli angoli delle strade principali, nelle piazze e nei parchi, immense composizioni floreali dedicate ai più vari temi: dalla solidarietà verso gli anziani all’inclusione dei disabili, tuttavia i più fotografati sono quelli dedicati alle conquiste taikonautiche, ovvero spaziali, della Cina (se infatti tra gli statunitensi si chiamano astronauti e tra i russi cosmonauti, i cinesi hanno preferito “camminatori del cielo”, ovvero “taikonauti”).

In televisione la festa per i settantacinque anni della Repubblica Popolare è in corso da giorni: si susseguono interviste a quanti erano allora presenti, spesso soldati, perché quel fondamentale atto politico ha suggellato anche il termine della guerra civile contro i nazionalisti; altri servizi dedicati ai giovani che compongono l’Esercito, la Marina e l’Aviazione, altri ancora dedicati al grande impegno degli operai nella produzione materiale e dei contadini nel garantire la sovranità alimentare e l’autosufficienza di una nazione da un miliardo e quattrocento milioni di abitanti; un profluvio di film storici, tutti dedicati alla lotta per l’indipendenza, di grande qualità artistica e con attori dall’impressionante somiglianza con i dirigenti a capo della lotta e poi diventati padri della patria, da Mao Ze Dong a Deng Xiaoping, da Zhou Enlai a Zhu De, da Liu Shaoqi Song Qingling, vedova di Sun Yat Sen.

Piazza Tienanmen è gremita di pubblico per le celebrazioni.

La grande parata non è prevista, per consuetudine rispetto al suo tenersi solo in occasione dei decennali e perché è espressione sia di grande e colorata partecipazione popolare, ma anche di prestanza militare, e in tempi tanto difficili il governo cinese, pur mostrando di essere pronto rispetto a qualsiasi eventualità, preferisce ribadire e riaffermare la sua salda predisposizione verso la pace e la diplomazia.

Intanto, nelle stesse ore dei festeggiamenti, dalla tribuna delle Nazioni Unite, mentre la ferocia sionista miete vittime in Palestina, in Yemen, in Libano, uccidendo anche la guida politica di Hezbollah Hassan Nasrallah e lo stimato sceicco Nabil Al Qauq, il ministro degli esteri Wang Yi ha chiesto pace e giustizia e non bombe e morte, e ha rivendicato la necessità della creazione di uno stato di Palestina.

Domenica 29 settembre presso il palazzo dell’Assemblea del Popolo il presidente Xi Jinping ha assegnato le onorificenze ai veterani della Repubblica e agli amici internazionali che hanno dato – con le sue parole – un contributo eccezionale allo sviluppo della Cina e alla promozione dell’amicizia tra i popoli: tra essi la già presidentessa brasiliana Dilma Rousseff, oggi al lavoro a Shanghai alla guida della Nuova Banca di Sviluppo che investe in tutte le nazioni del sud globale, tra gli italiani Oliviero Diliberto, che ha contribuito alla scrittura del Codice Civile cinese. Lunedì 30 settembre il presidente Xi Jinping e con lui svariati dirigenti del Partito Comunista Cinese e del governo hanno deposto corone di fiori in onore degli eroi del popolo in piazza Tien An Men. Martedì 1° ottobre, quando ancora le stelle brillano in cielo, la piazza è gremita di donne, uomini e ragazzini della capitale, ma anche provenienti da ogni angolo di questa immensa nazione; alle sei in punto accompagnano l’alzabandiera cantando convintamente l’inno nazionale, il tutto si ripeterà al tramonto quando scenderà dal pennone.

L’amicizia sino-russa è fortunatamente sempre più monolitica, come direbbero i coreano-popolari: i media, nel rammemorare la nascita della Repubblica Popolare, non dimenticano infatti il contributo del movimento comunista internazionale e dell’uomo che all’epoca lo guidava, il compagno Iosif Stalin. Capita poi di entrare in un negozio di alimentari, sentire la radio intonare la versione cinese di “Podmoskovnye večera”, inno della gioventù mondiale al Festival di Mosca nel 1957, ritrovandosi poco dopo a cantarlo, io in russo e i presenti nella loro lingua, festosamente affratellati.

Il diffuso benessere è ovunque evidente, segno di quanto il dovere del socialismo sia appunto creare le condizioni materiali e spirituali per lo sviluppo delle forze produttive, premessa imprescindibile per la sconfitta della povertà. Le avveniristiche conquiste tecnologiche, dalla telefonia ai trasporti pubblici e privati, il primato mondiale in campo economico, scientifico e militare, tutto inorgoglisce con ragione questo popolo che in tre quarti di secolo, sotto la guida dei marxisti, ha riportato la Cina al centro del mondo, chiudendo una tragica stagione iniziata alla metà dell’Ottocento e perdurata per un secolo, la quale aveva seminato soltanto fame, miseria, divisioni e asservimento agli interessi stranieri.

Lascio Pechino mentre si diffonde un grande fervore per l’ulteriore passo verso lo sbarco di donne e uomini cinesi sulla luna: è infatti stata presentata la tuta spaziale con la quale i taikonauti, auspicabilmente entro la fine del 2029, passeggeranno sul suolo lunare. Intanto il grande orologio della stazione ferroviaria centrale continua a scandire le ore suonando le prime note de “L’Oriente è rosso”, immagino lo faccia dai tempi lontani in cui questa canzone popolare e politica è stata quasi un secondo inno per questa immensa nazione. Ho certezza che il contributo fondamentale apportato dalla Cina socialista alla costruzione di un mondo multipolare e di pace sia quanto di più politicamente rilevante per il destino di questo XXI secolo, in cui l’umanità ambisce a un costante progresso fondato sulla cooperazione e il reciproco rispetto, per creare una comunità umana dal futuro condiviso, come sempre ribadito con molte ragioni dal presidente Xi Jinping.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.