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Rubadan: introiti da capogiro, ma resterà solo il mal di testa

È necessario compiere un balzo a ritroso, fino all’antica Roma, più precisamente alle celebrazioni dei saturnali, per risalire alle origini di quello che oggi chiamiamo carnevale: un periodo di festa, di rinnovamento, ma soprattutto di capovolgimento dell’ordine sociale, di rottura delle gerarchie che segnavano in maniera oppressiva la quotidianità delle masse di plebei, a cui la classe patrizia concedeva insomma un breve periodo di sfogo.
E aggiungerei, in sede introduttiva, che se Pier Pasolini, il quale affermò che «il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo», non fosse stato romano, ma ticinese, avrebbe probabilmente preso in considerazione anche il carnevale nel decretare il declino delle altre sacralità.

Ma veniamo ai fatti. A dicembre 2010, il carnevale Rabadan di Bellinzona, uno dei più prestigiosi del paese, annuncia che i prezzi d’entrata aumenteranno del 60%, costringendo così i fedeli sudditi a sborsare 40 franchi invece dei soliti 25 – risultato, anche questi, di una serie di graduali aumenti: una decisione quantomeno discutibile, in forte contraddizione con quello che vuole continuare a definirsi un evento popolare. La plebe sudalpina si ritrova quindi scossa dall’ennesimo irruente diktat della religione imperante – tanto per restare nel campo semantico del sacro: il culto di Dio Denaro, che predica la massimizzazione dei profitti e pretende in sacrificio la socialità, il benessere generale.

Facile immaginare un rapido montare della protesta nei confronti di un tale apprezzamento, inaugurata dalla provocazione anti-monarchica targata Partito Comunista e proseguita attraverso il più noto tra i social network, dove la rivendicazione di un ripensamento da parte del comitato organizzatore del Rabadan, o in alternativa l’istituzione di un’entrata singola, ha subito trovato un folto numero di sostenitori. Ancora i comunisti nella persona del consigliere comunale Massimiliano Ay, hanno cominciato a pressare il Municipio mediante un’interrogazione che ha subito raccolto i favori del sindaco Brenno Martignoni.

Dal Rabadan, intanto, continua a non trapelare assolutamente nulla: Decio Cavallini, presidente del comitato organizzatore del Rabadan, viene invitato alla trasmissione della RSI Contesto, dove ad attenderlo al varco c’è Massimilano Ay, ma il municipale del PLR tergiversa, tentenna e accumula rinvii su rinvii. Che il signor vicesindaco stesse cercando di ricordare come aveva votato in municipio sulla concessione dell’appalto all’associazione che lui stesso presiede – dicasi più sinteticamente “conflitto d’interessi”? Fatto sta che col passare dei giorni le varie scuse, giustificabili o meno, adottate da Cavallini producono una settimana di ritardo – la RSI intanto pazienta senza batter ciglio: chissà se noi avremmo goduto dello stesso trattamento? – e Massimiliano Ay, in qualità di candidato al Consiglio di Stato per i comunisti, si imbatte di conseguenza nell’embargo TV imposto ai candidati, e deve rinunciare per legge.

Ecco quindi che Ay si ritrova a dover passare la palla a noi del SISA, che in qualità di fondatori del gruppo FB eravamo stati richiesti in alternativa. Il collega Mattia Tagliaferri deve rinunciare per questioni lavorative, per cui il sottoscritto si ritrova, nel giro di poche ore, a doversi attrezzare e a presentarsi agli studi di Comano: lasciare ai signori del Rabadan il diritto di riempirsi la bocca con la nostra rinuncia sarebbe stato inaccettabile.
In studio non riesco purtroppo, nei pochi minuti a disposizione e di fronte allo sciorinare di cifre contabili del municipale PLR, a far trapelare i numerosi legittimi interrogativi a cui Cavallini avrebbe dovuto rispondere: quando ha constatato, ad esempio, il comitato organizzatore di dover fissare prezzi tanto alti? Non è che per caso la stangata, annunciata nel recente mese di dicembre, sia giunta dopo l’autorizzazione del Municipio ad ususfruire del suolo pubblico dietro compenso? È lecito che la società presieduta da Cavallini – ovvero un privato – riceva appalti per l’organizzazione di una festa popolare senza dover rispettare determinate condizioni sui prezzi dall’ente pubblico? Sarebbe lecito, in tal caso, parlare di una vera e propria “privatizzazione di suolo pubblico” e, visto il gran numero di servizi che Rabadan offre, proporre la consegna nelle mani dell’ente pubblico dell’organizzazione di questa manifestazione, in maniera tale da poter calmierare i prezzi.

Comunque, sia che quest’anno i balivi del Rabadan mantenessero un atteggiamento da veri e propri monarchi era tutto sommato prevedibile: l’eventualità di non essere ascoltati andava messa in conto, e per spostare questo gigante che ha tutti i connotati di una vera e propria società parallela alle istituzioni, coi suoi giochi di potere e i suoi interessi economici, serviranno più tempo e più lavoro. Di certo è chiaro che il malcontento nei confronti della tendenza a trasformare il divertimento in una merce su cui fare profitto è sempre più generalizzato: ce lo insegnano la vicenda Rubadan(é), il caso del Grotto Pasinetti a Gorduno, il caso del Bar Bulgary di Mendrisio, la repulsione da parte delle autorità verso i centri giovanili autogestiti e altri – troppi – esempi.

Intanto continuiamo a ricordare a chi se ne frega di vivere nel Paradiso dei Pensionati – conosciuto anche come Canton Ticino – che stiamo prendendo accuratamente nota dei disagi che questo tipo di politiche stanno provacando, e che presto presenteremo un conto molto salato. Perché se le autorità procederanno di questo passo dell’ubriacatura liberista dei bilanci da capogiro, che fanno la gioia di pochi, non si saprà che farne e resterà solo un gran mal di testa.

Janosch Schnider

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