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Obbligo formativo fino a 18 anni. In Ticino si vuole il 95% di diplomati.

Il Dipartimento Educazione Cultura e Sport (DECS) diretto dal Consigliere di Stato Manuele Bertoli ha presentato la scorsa settimana il progetto intitolato “Obiettivo 95%”. Si tratta di un piano d’intervento per assicurare che tutti i giovani residenti del Canton Ticino, dopo la scuola dell’obbligo e almeno fino al raggiungimento della maggiore età siano seguiti e accompagnati in un progetto individuale di formazione che possa permettere loro di conseguire un titolo post-obbligatorio. A medio-lungo termine s’intende incrementare la quota di giovani in possesso di un diploma del secondario II, passando dall’attuale 88% al 95%. In Ticino in effetti la dispersione scolastica dei ragazzi una volta terminata la quarta media raggiunge un numero pari a 350 persone.

Una proposta comunista che piace

Una situazione, quella dell’abbandono scolastico, che aveva suscitato la preoccupazione del Partito Comunista già nella scorsa legislatura tanto da spingere il deputato comunista Massimiliano Ay a formalizzare in una mozione la rivendicazione di introdurre l’obbligo scolastico fino ai 18 anni. Il tema era poi stato oggetto, proprio su questo portale, di una lettera di Simone Romeo, membro della Direzione del Partito Comunista (leggi). La proposta aveva fin da subito suscitato l’interesse del ministro socialista Manuele Bertoli ma anche del magistrato dei minorenni Reto Medici. Solo l’allora Segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione, il liberale Mauro Dell’Ambrogio, si era dimostrato scettico.

Contrastare la dispersione scolastica

Il progetto presentato nei giorni scorsi da Bertoli ha suscitato la reazione proprio degli studenti. Il Sindacato Indipendente degli Studenti e degli Apprendisti (SISA) si è dichiarato soddisfatto: “da diverso tempo il sindacato studentesco – spiegano i coordinatori Zeno Casella e Rudi Alves – denuncia la situazione critica che colpisce una fascia sempre maggiore della popolazione giovanile ticinese. Il dato allarmante è l’enorme crescita del numero di giovani in assistenza e senza un’occupazione: i casi di assistenza o disoccupazione giovanile sono infatti cresciuti del 50% negli ultimi 6 anni e il rischio di cadere in questo circolo vizioso tocca maggiormente i giovani che non hanno ottenuto un diploma di grado secondario”.

Obbligo formativo anche in strutture non scolastiche

Il DECS non propone però un obbligo “scolastico” ma un obbligo “formativo”, il quale oltre alla frequenza di una scuola post-obbligatoria a tempo pieno come auspicato dalla mozione del deputato Ay, riconosce anche altre attività formative, “che però non garantiscono l’ottenimento di un diploma di grado post-obbligatorio” spiegano preoccupati i sindacalisti studenteschi che temono che ciò possa “rendere inefficace la misura” in quanto senza un titolo formativo non si dispone infatti di un diploma “spendibile” sul mercato del lavoro. Il SISA insomma preferirebbe un’estensione dell’obbligo scolastico fino all’ottenimento di un diploma di grado secondario superiore (diploma d’apprendistato o maturità). Tutte preoccupazioni che il Partito Comunista condivide: tanto è vero che è stata depositata nei giorni scorsi una nuova interrogazione in cui i granconsiglieri comunisti hanno chiesto “quali sono o quali potrebbero essere, a mente del DECS, le altre attività formative ‘informali’ oltre alle scuole post-obbligatorie che verrebbero riconosciute nell’ambito dell’obbligo formativo fino ai 18 anni?” e poi l’affondo: “Sussiste il rischio che queste attività formative si trasformino in un escamotage per spingere i giovani verso corsi o servizi privati (coaching) che più che risolvere il problema semplicemente lo posticipano fino al compimento della maggiore età?”.