Supporters of Jair Bolsonaro, far-right lawmaker and presidential candidate of the Social Liberal Party (PSL), react after Bolsonaro wins the presidential race, in Brasilia, Brazil October 28, 2018. REUTERS/Adriano Machado
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Di fronte alla vittoria di Bolsonaro, il Partito Comunista del Brasile chiama alla resistenza!

Dopo l’elezione del candidato di estrema destra, il Partito Comunista del Brasile (PCdoB) ha lanciato un appello per formare un fronte ampio in difesa della democrazia. La presidente del Partito nonché deputata federale, Luciana Santos, ha scritto infatti: “L’elezione di Jair Bolsonaro, nelle elezioni presidenziali stabilisce una nuova fase politico nel paese, caratterizzata da minacce alla democrazia, al patrimonio economico nazionale, alla sovranità della nazione e ai diritti popolari”. Il presidente eletto Jair Bolsonaro ha infatti dichiarato di essere pronto a una svolta dittatoriale per mettere in pratica il suo programma che i comunisti definiscono “ultra-liberale e neo coloniale”. Insomma non siamo di fronte a un presidente nazionalista e sovranista, come si dice in Europa: Bolsonaro è un liberista che vuole rimettere il proprio Paese sotto il controllo di Washington.

Il PCdoB – che era al governo sia con Lula sia con Dilma e che esprimeva la candidata alla vice-presidenza del Paese Manuela D’Avila in corsa assieme a Fernando Haddad del Partito dei Lavoratori (PT) – rimarca come la coalizione di sinistra abbia ottenuto più di 47 milioni di voti e che questi numeri pongono le basi per una forte opposizione che inizia ora.

Luciana Santos mette in chiaro nel proprio comunicato che Bolsonaro vuole distruggere le istituzioni della Repubblica: la Corte suprema federale e il Tribunale Superiore Elettorale sono infatti stati apertamente minacciati dal neo-eletto presidente. Il PCdoB insomma si pone all’avanguardia nella difesa del senso dello Stato: un insegnamento per l’estrema sinistra svizzera che gioca invece a sparare a zero sulle istituzioni!

I comunisti brasiliani riconoscono nel golpe dell’agosto 2016 il grimaldello dell’attuale congiuntura, che ora si consolida con l’assunzione dell’estrema destra al governo della Repubblica, che essendo fra le economie emergenti avrà esiti negativi anche nel resto dell’America latina. Santos legge questa elezione come “una cesura nel processo di costruzione della democrazia riavviato nel 1985 dopo la fine della dittatura militare”. Dubbi sono emersi anche circa la correttezza della campagna elettorale, tanto da indurre la Corte elettorale ad aprire delle indagini.

“La resistenza delle forze democratiche, progressiste, popolari e patriottiche è iniziata, sostenuta dal risultato sostanziale ottenuto da Fernando Haddad e Manuela d’Avila” – ribadisce il PCdoB con l’obiettivo di “difendere la democrazia e la Costituzione”. L’opposizione non si fa però solo in piazza, spiegano i comunisti, ma anche dalle istituzioni: non mancano infatti deputati del PCdoB e del PT e 15 dei 27 Stati che compongono il Paese sono governati dalle forze di sinistra e centro-sinistra, i comunisti esprimono inoltre il presidente dello Stato di Maranhão, dove il marxista-leninista Flávio Dino è stato eletto già al primo turno con quasi il 60% dei voti.

Il PCdoB, rivolgendosi alle persone e alle forze democratiche del Brasile, chiede “di iniziare oggi a costruire una vasta unità con l’obiettivo di un nuovo  orizzonte civile, patriottico, democratico e popolare, e per la formazione di una barriera contro il ritorno di un regime di Stato di Eccezione”.