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In Portogallo governa la sinistra: un bilancio di metà legislatura

È il 04 ottobre 2015. In Portogallo i cittadini sono chiamati a rinnovare l’Assemblea della Repubblica, dopo quattro anni di governo di destra, caratterizzato da forti misure di austerità e da riforme draconiane imposte dalla troika (UE, BCE, FMI). La destra, composta dai liberal-conservatori del Partito Social-Democratico (PSD) e dai democristiani del Centro Democratico Sociale (CDS-PP), si presenta unita sotto la sigla “Portogallo Avanti”, e con l’uscente Primo Ministro Pedro Passos Coelho come leader della coalizione. Nonostante l’impopolarità e una perdita di consensi elettorali, la destra “vince” le elezioni con il 38.50% dei consensi e con l’assunzione di 107 deputati. In seconda posizione troviamo il Partito Socialista (PS), guidato dal ex sindaco di Lisbona Antonio Costa, che conquista il 32.31% delle preferenze e 86 rappresentati. Seguono in terza e quarta posizione le sigle della sinistra radicale: il Blocco di Sinistra (BE) con il 10.19% dei consensi e 19 deputati, e la Coalizione Democratica Unitaria (CDU), l’unione di sinistra del Partito Comunista Portoghese (PCP) e dei Verdi (PEV), con l’8.25% e 17 seggi.

Rimane immediatamente chiaro, che nonostante il primo posto, la destra non ha i numeri in parlamento per governare da sola. Mentre la sinistra, nel suo complesso, godrebbe di una possibile e solida maggioranza. Cominciano dunque gli incontri tra i partiti, tra cui anche dei meeting puntuali col Presidente della Repubblica del momento, ovvero Anibal Cavaco Silva, per trovare e proporre all’Assemblea una soluzione governativa. Poco a poco, e con la sorpresa non solo degli addetti ai lavori, ma anche della popolazione, si matura l’idea di un governo PS appoggiato esteriormente in parlamento dal PCP, i Verdi e il BE. Si giunge infine, per la prima volta dal 1976, ad una larga intesa a sinistra. Vengono di seguito sottoscritti degli accordi tra i socialisti e la sinistra radicale. Il 24 novembre 2015, Antonio Costa diventa ufficialmente Primo Ministro, e si consacra l’intesa a sinistra.

Come già accennato, vengono firmati tra le varie sigle degli accordi programmatici, e viene presentato un programma comune di legislatura. Questi tocca quasi tutti gli aspetti economici e sociali del paese, e marca una completa inversione di marcia in confronto all’era dell’austerità in salsa UE e FMI. Citerò di seguito alcune delle più interessanti e significative proposte negoziate tra i partiti. In primo luogo, sul fronte salariale, si vuole portare il salario minimo nazionale a 530€ nel 2016, fino ai 600€ nel 2019, oltre a restituire, progressivamente, ai funzionari pubblici i tagli salariali subiti precedentemente. Inoltre, si garantiscono buone pensioni e si introducono misure sociali complementari per i più indigenti, siano essi attivi o meno. In secondo luogo, per quel che concerne l’occupazione, si propongono misure contro la precarietà, come per esempio un tetto limite dei contratti a tempo determinato, si parla di eliminare le restrizioni nelle assunzioni nell’amministrazione pubblica, di una diminuzione del tempo di lavoro da 40 a 35 ore nella stessa, di nuovo contratti collettivi nel settore pubblico. A livello fiscale, si introducono una maggiore progressività nell’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRS), delle deduzioni della stessa per le famiglie, e un blocco all’aumento annuale dell’imposta municipale (IMI). Sul fronte economico, si propongono incentivi e investimenti nelle piccole e medie imprese e nella produzione nazionale, per mezzo, anche, dei fondi comunitari europei. Per quel che concerne i servizi pubblici, si prevede uno stop alle privatizzazioni e maggiori investimenti nella salute e nell’educazione pubblica.

Come vediamo, assistiamo a una netta inversione di marcia col passato dell’austerità, dato che sono all’orizzonte degli aumenti dei redditi e dello stato sociale; maggiori garanzie e diritti per i lavoratori contro la precarietà; una maggiore giustizia fiscale; un limite alle privatizzazioni, e investimenti massicci nel settore produttivo nazionale, nei servizi pubblici e nelle PMI.

Guardando oltre all’aspetto puramente programmatico, è giusto chiedersi su quali basi politiche si poggia questa nuova esperienza. In particolare, desta interesse l’attitudine e la posizione del PCP nei confronti di questa intesa, considerate, comunque, le evidenti divergenze tra la sinistra radicale e la socialdemocrazia portoghese. I dirigenti comunisti sono consci che il PS rimane un partito di destra e marcatamente europeista. Ciò che viene però considerata come contraddizione primaria dell’attuale fase è impedire alla destra di continuare a governare il paese col pugno di ferro dell’austerità, in quanto questo significherebbe una sensibile diminuzione dei redditi, dei diritti e una mancanza di responsività verso gli interessi della popolazione portoghese. Risulta, dunque, più sensato per i comunisti “spingere” il PS a sinistra e concludere un programma comune di rottura coll’austerità ed il neoliberismo, che permetta nuove conquiste a livello sociale ed economico. Il PCP riconosce, ovviamente, le divergenze puntuali e di fondo, portandosi perciò ad analizzare con cognizione ogni singola proposta governativa. Inoltre, i compagni portoghesi hanno sempre messo in chiaro e tondo con i loro partner quale è la linea di massima di “tolleranza”. Assistiamo dunque a una presa di responsabilità e a una prassi da parte del PCP che raramente osserviamo a livello europeo ed occidentale.

Sono passati, da quel novembre, già due anni di legislatura, ed è giusto fare un primo bilancio dell’alleanza. Ebbene, tutti i principali dati macroeconomici e sociali danno ragione al programma progressista portoghese. Grazie a un aumento sensibile del consumo interno (+2.5%), dovuto all’aumento dei salari e dei redditi (addirittura pari a quelli pre-2008), e ai grossi investimenti nelle imprese e nel settore produttivo nazionale (si parla addirittura di 1 miliardo per il 2017), e una crescita dell’export, il Portogallo registra una crescita economica del 2%. Per conto, la disoccupazione è scesa dal 15% del 2014, al 9.3% del 2017, grazie alle maggiori protezioni, alla lotta verso la precarietà e agli incentivi economici. Inoltre, sorprendentemente, il deficit per il 2016 è stato del 2,1% in rapporto al PIL: il migliore risultato assoluto dal 1974, anno della Rivoluzione dei Garofani.

Grazie alla decisa sterzata anti-austerity, il Portogallo mostra sensibili segni di ripresa economica e sociale. Ciò dimostra, ulteriormente, che l’austerità è controproducente e nemica degli interessi dei lavoratori. In realtà, si dimostra ulteriormente che per una crescita virtuosa è necessario aumentare i salari ed i redditi, i diritti sociali, e la spesa pubblica. Tutto questo, oggi è realtà grazie alla responsabilità e al contributo essenziale della sinistra radicale portoghese. Sperando, che queste considerazioni e risultati siano di buon esempio per tutti.

 

Stefano Araujo

Stefano Araujo, classe 1993, ha conseguito il diploma di master in scienze politiche presso l'Università di Ginevra. Attualmente lavora come assistente presso il Global Studies Institute della stessa università. E' membro del Comitato Centrale del Partito Comunista (Svizzera).