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Il Servizio Civile e i paraocchi di un Governo militarista

Negli scorsi giorni il Consiglio Federale (CF) ha deciso di apportare delle radicali modifiche alle modalità d’accesso al Servizio Civile (SC) e nella gestione dello stesso, causando la dura reazione degli ambienti pacifisti e antimilitaristi – tra cui anche il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) – i quali hanno lanciato l’allarme nei confronti di quello che rischia di diventare il momento più nero per gli obiettori di coscienza dopo quello in cui ancora venivano messi in prigione solo perché rifiutavano di imbracciare le armi.

Visto il grande numero di domande d’ammissione al SC, generatosi con l’introduzione della prova dell’atto e l’eliminazione dell’esame di coscienza, il nostro temibile esercito si è preoccupato per la perdita di effettivi registrata, nonostante nel recente passato sia il Dipartimento federale della difesa sia i più alti graduati dell’esercito abbiano esplicitamente detto che gli effettivi attuali siano esagerati. Per capire quanto sono sproporzionati gli effettivi del nostro esercito basta fare un confronto con la Germania, la quale conta pressappoco lo stesso numero di soldati, nonostante questa sia territorialmente  e demograficamente imparagonabile alla piccola Svizzera, e nonostante la sua adesione alla NATO implichi l’impegno nei confronti di missioni all’estero. L’incoerenza tra quanto espresso da Blatmann e compagnia bella rispetto alla posizione appena assunta dal CF è palese: evidentemente la rotta intrapresa non è una scelta dettata dal pragmatismo, bensì dai paraocchi ideologici di un Governo militarista rimasto al palo del ’14-’18.
Quanto appena detto può sembrare una presa di posizione molto forte, ma analizzando attentamente la situazione – con i cinque spunti di riflessione che espongo di seguito – non è difficile capire come quello fatto sia un grosso passo indietro.

1) l’esame di coscienza, eliminato per far spazio alla cosiddetta prova dell’atto (il fatto che il SC sia stato allungano sino a diventare una volta e mezza il servizio militare, veniva fino a ieri ritenuto una prova sufficiente sulla convinzione dell’aspirante civilista) rientra di fatto dalla finestra in maniera un po’ camuffata, nonostante il CF sostenga che la prova dell’atto rimanga un punto saldo: è però evidente che con questa nuova modifica, il principio citato non viene più rispettato.

2) le informazioni sul SC vengono date malamente, quindi molte persone capiscono che la scuola reclute non è la strada giusta e vengono poi a conoscenza del SC troppo tardi; l’inserimento del colloquio per le reclute che vogliono passare al SC è quindi un modo per non far più scappare i soldati pentiti. Non mi stupirei se il colloquio avrà una mera funzione dissuasiva, sostenuta da metodi autoritari: lo stesso metterà a confronto degli ufficiali e una persona che in quel momento è ancora un loro sottoposto. Questo non va dimenticato…

3) togliere il formulario del SC da internet e fare in modo che venga consegnato solamente su richiesta – con in più il problema di dover confermare la propria volontà di fare l’obiettore di coscienza quattro settimane più tardi – è un patetico tentativo di rendere il tutto burocraticamente più complesso, al fine di disincentivare questa pratica. Ma come si fa – nel 2010 – a vietare la diffusione di un formulario simile attraverso internet? Il prossimo passo sarà quello di farlo pervenire per mezzo di un piccione viaggiatore?

4) la limitazione della possibilità d’impiego e l’obbligo di prestare il servizio di lunga durata entro tre anni, è palesemente un tentativo di creare più problemi di quanti non ce ne siano oggi. Se attualmente non è facile trovare un istituto d’impiego per il SC, con questa misura lo sarà ancora di più, perché metterà a tutti i civilisti più fretta e li costringerà a convogliare le proprie domande in un numero più ristretto di istituti, generando molte persone in attesa.

5) il fatto che verranno dimezzati i rimborsi spesa a quei civilisti che prestano servizio presso un istituto d’impiego che non può fornire prestazioni in natura (vitto e alloggio) è un vero e proprio furto. Questa misura è uno sdoganamento bello e buono di lavoro sottopagato che andrà oggettivamente a creare ulteriore dumping in molti settori – come quello sanitario – in cui ci sono già molti problemi da un punto di vista sindacale.
Nonostante ciò credo che il Servizio Civile sia un’alternativa valida per chi non vuole essere complice del militarismo svizzero: si può scegliere dove prestare servizio, per quanto tempo e in quale periodo; inoltre, anche se il Governo taglia, si viene pagati leggermente di più rispetto alle reclute. Quindi il rifiuto al servizio militare rimane un’alternativa importante, e coloro che perseguiranno questa scelta daranno la migliore delle risposte alla casta degli ufficiali e al Consiglio Federale che perseguono queste politiche da Prima Guerra Mondiale.

Mattia Tagliaferri, coordinatore Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA)

Fonte: Corriere del Ticino il 23 dicembre 2010

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