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Anti-fascismo occidentale o anti-fascismo universale?

L’anti-fascismo oggi in voga in Occidente (sia esso, in Italia, quello del Partito Democratico, dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Itali o di numerosi centri sociali) tende a fondarsi, nove volte su dieci, su una macroscopica rimozione: dimentica che per quanto concerne il modo di rapportarsi ai popoli del Terzo Mondo, ovvero ai popoli coloniali, i nostri sedicenti governi democratici, per gran parte della loro storia, non hanno saputo in alcun modo distinguersi dal fascismo del ventennio mussoliniano.

Gli etiopi uccisi dall’iprite, dovremmo domandarci, stavano molto peggio dei vietnamiti colpiti dal napalm, dei serbi aggrediti dall’uranio impoverito o dei palestinesi corrosi dal fosforo bianco? Di esempi da portare ve ne sarebbero a decine.

Chi non tiene conto del fatto che il fascismo odierno risiede ben più a Washington e a Tel Aviv che a CasaPound, cade, nel migliore dei casi in una forma di anti-fascismo anacronistico ed eurocentrico, nel peggiore, in una più o meno consapevole e più o meno silente complicità con il fascismo istituzionalizzato del nostro tempo.

Senza per questo dover fare alcuno sconto a CasaPound, la sinistra odierna farebbe bene a tenere a mente le dovute proporzioni, e a cercare di comprendere che l’autentico anti-fascismo non è quello di marca occidentale ma quello che ha una propensione universale.

Emiliano Alessandroni

Emiliano Alessandroni ha svolto per diversi anni indagini di tipo teorico e filosofico in Germania e Inghilterra. Collabora attualmente con le cattedre di Storia della Filosofia Politica, Storia della Filosofia Moderna e di Letterature Comparate, presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.