///

Bugie Socialiste

È il gennaio 1919. Il cielo sopra Berlino è grigio e minaccioso, i tetti delle case sono spolverati di neve. Il gelo morde le mani, ma questo non scoraggia le centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che da ormai quattro giorni occupano le strade della città. Guidati dalla Lega degli Spartachisti di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, si battono per uno stato socialista che assicuri loro delle condizioni di vita dignitose. L’intera Germania è nel caos sin dall’ottobre dell’anno precedente, quando i soldati dell’esercito imperiale, stufi di fungere da carne da cannone per una guerra a loro estranea, si allearono con la classe operaia affamata e in rivolta. L’autorità dell’imperatore nel frattempo è crollata e la socialdemocrazia, voltando le spalle al malcontento popolare, guida la coalizione borghese che partorirà la Repubblica di Weimar.

In pochi, in quel freddo giorno di gennaio, immaginano di andare incontro alla morte. Di fronte alla “minaccia” di un governo del popolo per il popolo, Friedrich Ebert, presidente della SPD, decide infatti di reprimere la rivolta nel sangue. Senza esitazione, ordina l’intervento dei Freikorps, gruppi paramilitari conservatori precursori delle SA e del nazismo. Meglio equipaggiati, questi hanno rapidamente la meglio sulla popolazione in rivolta. Il bilancio della sola prima giornata è di oltre 150 morti. Il 15 gennaio, il brutale omicidio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, pestati a sangue e finiti con una pallottola a bruciapelo nella nuca, segna definitivamente la fine della rivolta. Il martirio di Rosa Luxemburg, il cui cadavere sfigurato viene volgarmente gettato in un fiume dai Freikorps comandati dalla SPD, rimane una macchia indelebile nella storia della socialdemocrazia europea.

Manifesto elettorale della SPD, 1930
Manifesto elettorale della SPD, 1930

Avanziamo di alcuni anni. Siamo nel 1932, anno di elezioni presidenziali in Germania. La Repubblica di Weimar è piegata dalla crisi economica e dal peso delle sanzioni imposte dal trattato di Versailles. I partiti della destra tradizionale stanno perdendo terreno a favore di Hitler e del suo partito nazionalsocialista, mentre la SPD è sempre più insediata alla sua sinistra dal Partito comunista tedesco (KPD), erede della Lega degli Spartachisti. Malgrado sia ancora il primo partito del paese, la SPD rinuncia a presentare un candidato per le elezioni presidenziali e decide di sostenere sin dal primo turno il presidente uscente, l’ultraconservatore Hindenburg, facendo al contempo campagna contro i comunisti, a riprova del totale spaesamento ideologico vissuto in quegli anni dalla socialdemocrazia.

Manifesto elettorale della SPD, 1932
Manifesto elettorale della SPD, 1932

Lo scopo, certo lodevole, è di sbarrare la strada a Hitler. Hindenburg stravince le elezioni ma la crisi politica non è risolta, e due elezioni legislative vengono indette dallo stesso presidente a luglio e poi ancora novembre. I partiti dello status quo, vale a dire la destra tradizionale e la SPD, cedono ulteriore terreno ai nazisti e, in parte minore, alla KPD, che nel novembre 1932 raggiunge il suo miglior risultato elettorale di sempre. Nel gennaio 1933, di fronte all’impossibilità per i partiti della destra tradizionale di formare un governo e alla minaccia di una possibile futura onda rossa, Hindenburg nomina Hitler cancelliere della repubblica. Sì, avete capito bene: la Germania viene consegnata ai nazisti da quello stesso Hindenburg che i socialisti avevano sostenuto per sbarrare la strada a Hitler.

Discussioni odierne su Facebook
Il post di un sostenitore ticinese di Macron

Malgrado basti aprire un qualsiasi libro di storia per verificare questi fatti, una nuova leggenda ha cominciato a circolare nei salotti buoni di socialdemocratici e liberal vari. Partita in Francia dagli ambienti vicini a Macron e propagata sui social network dai giovani carrieristi imbellettati che sostengono l’uomo forte della finanza internazionale alla corsa presidenziale francese, questa leggenda è arrivata anche alle nostre latitudini. Di fronte a chi, a sinistra, si rifiuta di schierarsi con l’ex-Rothschild e principale fautore della legge El Khomri in nome di un cosiddetto “fronte repubblicano”, non si esita ad evocare lo spettro dell’ascesa del nazismo.

Il post di un giovane socialista ticinese...
Il post di un giovane socialista ticinese…

La tesi sarebbe quella di un presunto tradimento dei comunisti, rei di non essersi alleati con i socialdemocratici nel 1932, permettendo ai nazisti di stravincere le elezioni e portando indirettamente Hitler al potere. Si sorvola ovviamente sulla preferenza data dalla SPD alla destra tradizionale, con conseguenze disastrose, in funzione non solamente anti-nazista ma anche apertamente anti-comunista. Persino di fronte a chi, come l’economista Emiliano Brancaccio, fornisce ottimi argomenti a sostegno di un voto in bianco al secondo turno delle presidenziali francesi (argomenti che tra l’altro riecheggiano di quanto avvenuto effettivamente in Germania negli anni 1930), non si esita a citare questa favoletta menzognera. O meglio, per usare un francesismo, queste balle colossali.

Sostenitrici e sostenitori di Mélenchon, compagne e compagni schifati tanto dallo status quo quanto dal delirio frontista, non preoccupatevi: non avete nulla di cui vergognarvi per quanto avvenuto in quegli anni in Germania. I soli a sinistra a doversi giustificare per le scelte politiche che hanno portato all’ascesa di Hitler e del nazismo sono proprio i socialdemocratici. La storia è dalla nostra parte.

Damiano Bardelli

Damiano Bardelli, storico, è assistente e ricercatore presso l’Università di Losanna. In ambito politico collabora con il Forum Alternativo.