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I lavoratori della Posta arrabbiati per i tagli firmano una petizione per chiedere una svolta da parte dell’azienda pubblica!

Alla fine di ottobre 2016 la Posta ha dato il via ad un nuovo smantellamento radicale degli uffici postali. È previsto che degli attuali 1300 uffici postali ne vengano chiusi 500-600 entro il 2020. In tutta la Svizzera sono state raccolte migliaia di firme nei comuni colpiti. Anche i lavoratori iniziano a protestare: quasi tremila impiegati degli uffici postali hanno infatti firmato la petizione del sindacato da categoria Syndicom che chiede un’interruzione di marcia e che al posto dei continui tagli rivendica un dialogo sullo sviluppo di Rete postale e vendita.

Il segretario centrale di Syndicom Roland Lamprecht commenta: «La resistenza è enorme sia nella popolazione che nello stesso personale. Le alternative presentate dalla Posta sono inadatte ed è evidente che servono soltanto per mascherare lo smantellamento del servizio e il dumping salariale.» Carlo Mächler, direttore di un ufficio postale e militante del Syndicom, avanza delle richieste: «La Posta usa sistematicamente dei trucchi contabili per peggiorare i risultati delle sue attività di punta. Ed è un vero affronto che la Posta cerchi di affidare il servizio pubblico a delle agenzie e dunque a delle fasce di lavoro mal retribuite.»

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Franco Edera nell’ufficio del SAP a Mendrisio

Anche il Sindacato Autonomo dei Postini (SAP), spostato su posizioni più combattive e rappresentato nella Svizzera Italiana da Franco Edera, è sul piede di guerra contro il gigante giallo. Il SAP dalla sua sede di Mendrisio non solo cerca di convincere i lavoratori a “liberarsi dalla paura” di alzare la voce, ma ritiene che occorra contrastare la crescente precarizzazione sul posto di lavoro, che Edera collega al nuova contratto collettivo di lavoro che il SAP non ha nemmeno potuto negoziare poiché l’azienda rifiuta di riconoscere il pluralismo sindacale.

Sul fronte politico è stato il deputato Massimiliano Ay del Partito Comunista a muoversi con due interrogazioni rivolte al Consiglio di Stato, che però sembra avere le mani legate, limitandosi a riconoscere che il problema sussiste ma che le pressioni sulla Posta non stanno sortendo effetti positivi.