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L’ex-deputato Ugo Boghetta abbandona Rifondazione Comunista: “è la sinistra benpensante!”

Dopo una lunga militanza, la mia permanenza nel PRC finisce qui”. Inizia così la lettera che gira sulla rete con cui Ugo Boghetta annuncia le sue dimissioni dal Partito della Rifondazione Comunista, definita un’organizzazione politica “ormai irriformabile”. E’ un nome che pesa, il suo: proveniente dalle fila di Democrazia Proletaria, fu consigliere comunale a Bologna, e dal 1992 al 2001 fu deputato a Roma proprio per Rifondazione. L’ex-ferroviere aveva ricoperto pure incarichi nella Direzione nazionale del Partito.

Ugo Boghetta abbandona Rifondazione Comunista
L’ex-deputato Ugo Boghetta abbandona Rifondazione Comunista

Il PRC ha rappresentato in Italia un importante partito di ispirazione comunista, con numerosi deputati e persino qualche ministro. Ma dopo la sconfitta disastrosa del 2008 quando non riuscì a eleggere nemmeno un parlamentare, è stato un calando continuo e un tentativo dietro l’altro di recuperare terreno costruendo liste varie, ogni volta con alleati diversi, dimostrando che in politica, non sempre, l’unità fa la forza.

E nei giorni scorsi il PRC è ritornato a Congresso, ma Ugo Boghetta getta la spugna. Altri prima di lui hanno fatto altrettanto: c’è chi è confluito nel neonato Partito Comunista Italiano, c’è chi ha preferito Fronte Popolare e molti altri che purtroppo sono tornati a vita privata, indebolendo ogni ipotesi di trasformazione.

Rifondazione sembra voler ufficializzare il passaggio a un partito non più comunista ma genericamente di sinistra radicale. “In effetti – spiega Boghetta – la cultura largamente maggioritaria nel PRC è il sinistrismo: un impasto di banalità, luoghi comuni, afflati umanitari. Unico impedimento è il simulacro del nome comunista da mantenere per motivi di tenuta interna”.

Il segretario del PRC Paolo Ferrero
Il segretario del PRC Paolo Ferrero

In pochi anni oltre 20mila militanti non si sono più ri-tesserati, ma il documento del segretario uscente Paolo Ferrero omette di parlarne, così come si continua a perorare l’idea della alleanze senza tirare un bilancio “della mezza dozzina di fallimenti dell’unica proposta politica: la sinistra plurale”. Documento approvato, però, dal 70% dal corpo militante del Partito e ciò delude Boghetta: “lo si vota per un atto di fede, di ignoranza o di stanchezza. Le principali motivazioni infatti sono: siamo insufficienti quindi dobbiamo allearci con il resto della sinistra. Prima si indebolisce il partito, poi si afferma che per la sua debolezza bisogna unirsi con il resto della sinistra. L’altra motivazione è che l’Italia è troppo piccola per uscire dall’Unione Europea. Tutto è un problema di quantità. L’incapacità a costruire una linea politica è palese”.

Eppure esiste una corrente critica in Rifondazione, guidata da Eleonora Forenza, che al Congresso presenta un documento alternativo. Tuttavia – spiega l’ormai ex-dirigente del PRC – esso “condivide con Ferrero l’unionismo europeo, la globalizzazione. È espressione del mainstream anarco-negriano. Condivide con Ferrero anche l’unità della sinistra che, però, va fatta dal basso, dai movimenti. In questa melassa scompare il paese in cui viviamo, la nuova fase geopolitica”.

Il 10° Congresso di Rifondazione Comunista
Il 10° Congresso di Rifondazione Comunista

L’irrilevanza è il problema che il PRC cerca di affrontare, ma Boghetta ritiene che i nodi politici non siano adeguatamente posti, anche perché piuttosto che un’analisi marxista della fase storica e delle contraddizioni, lo si fa per auspici, desideri, preferenze. “È la sinistra benpensante!” taglia corto l’ex-militante. Non si vorrebbero affrontare temi difficili ma cruciali: la questione sicurezza, la sovranità nazionale, l’immigrazione. Un problema che non è certo confinato al PRC, ma che riguarda molta parte della sinistra europea. “Eppure è attraverso questi problemi che gran parte dei lavoratori si sono allontanati dalla sinistra; anzi è la sinistra che si è allontanata da loro. Anche qui non mancano i cortocircuiti. La sicurezza è un tema di destra. Se poi affermi che i giovani emigranti italiani (ora più numerosi degli immigrati) devono poter vivere in Italia è tutto ok. Se affermi che gli immigrati devono poter rimane nel loro paese: questo è razzismo” insomma conclude l’ex-deputato: la questione migrazioni è diventata solo un problema di accoglienza e di coscienza, del tutto privo di una connotazione di classe.